2021-01-13
I balbettii sui migranti di Toninelli ministro che firmava a sua insaputa
Danilo Toninelli (M.Ozbot/Getty Images)
Danilo dove hai parcheggiato il monopattino? «Non ricordo». È il destino di Danilo Toninelli, forse gli capitava anche da bambino a Soresina, nel Cremonese. Rimuovere ciò che dice, ciò che fa, qualche volta anche ciò che firma è la cifra politica dell'ex ministro grillino. Un parlamentare a sua insaputa che davanti all'accusa di avere sparato una raffica di «non ricordo» (chi dice 42, chi 46) nell'interrogatorio chiave del processo contro Matteo Salvini per il caso della nave Gregoretti (e acquisito per Open Arms), ha deciso di mettere un punto fermo. E di smascherare i giornalisti in malafede inchiodandoli alla legge dello scripta manent, alla carta canta, unica garanzia di democrazia.Toninelli al contrattacco. Lui che non ricordava di avere firmato la lettera uscita dal suo ministero per rinnovare ai Benetton la convenzione dopo la ricostruzione del ponte Morandi («Saranno stati i funzionari, queste interlocuzioni non passano dalla mia scrivania»), ha deciso di zittire i critici con un video su Facebook nel quale sbandiera come uno straccio il frontespizio della sua deposizione al processo di Catania, mostrando un paio di risposte: «Vedete che qui dico sì?». Si tratta della conferma di atti istituzionali e di post difficili da smentire davanti agli screenshot. Un'operazione decisiva per provare a rabbonire i fans pronti a dimenticarsi di lui alle prossime elezioni, meno per contraddire i giornali. Perché la sua testimonianza è un atto pubblico ed è automatico andare a rileggerla.Per comodità del lettore le domande sono del giudice, del pm o di Giulia Bongiorno (qui in veste di difensore di Salvini). E le risposte sono del nostro eroe smemorato, così marginale nelle vicende da essere casualmente responsabile della Guardia costiera. Qual era la posizione nel contratto di governo rispetto all'immigrazione dall'Africa? «Non ricordo perché non fu una parte che mi competeva». Ricorda se si parlò della redistribuzione dei migranti? «Non ricordo». Ricorda come doveva avvenire il superamento del trattato di Dublino? «No, assolutamente no». Ha avuto modo di leggere il codice di condotta Minniti, predecessore di Salvini? «In questo momento non ricordo». Ricorda se la redistribuzione dei migranti deve essere fatta prima o dopo lo sbarco? «Non ricordo». C'è stato un Consiglio dei ministri sul tema? «Non ricordo, abbia pazienza. Sono passati quasi due anni».Si va avanti così (pubblichiamo un ampio stralcio della deposizione), con risposte scritte sulla sabbia, con balbettii che farebbero sembrare Tex Willer persino don Abbondio. L'esercizio più divertente sarebbe leggere la deposizione guardando il video su Facebook in cui Toninelli in primo piano spiega ai suoi elettori perché gli altri mentono. Gli altri ingannano. Gli altri pervicacemente speculano. Ricorda quanto tempo la nave Diciotti stette ferma? «Non ricordo, mi dispiace». La decisione di Salvini di non far sbarcare i migranti era concordata? «Penso che lo dobbiate chiedere al diretto interessato». Risposta da talk show, un giudice americano gli avrebbe tirato il martelletto. Ricorda come ha votato nell'autorizzazione a procedere contro Salvini? «Non ricordo di avere votato, non ricordo cosa ho votato». Però ricorda dove ha parcheggiato il monopattino da bambino: nel tunnel del Brennero.
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Il responsabile delle Infrastrutture del Conte 1, chiamato a testimoniare al processo per il caso della nave Gregoretti, fa lo smemorato. Poi insulta e irride chi lo critica. Ma basta andare a leggere la sua deposizione.Danilo dove hai parcheggiato il monopattino? «Non ricordo». È il destino di Danilo Toninelli, forse gli capitava anche da bambino a Soresina, nel Cremonese. Rimuovere ciò che dice, ciò che fa, qualche volta anche ciò che firma è la cifra politica dell'ex ministro grillino. Un parlamentare a sua insaputa che davanti all'accusa di avere sparato una raffica di «non ricordo» (chi dice 42, chi 46) nell'interrogatorio chiave del processo contro Matteo Salvini per il caso della nave Gregoretti (e acquisito per Open Arms), ha deciso di mettere un punto fermo. E di smascherare i giornalisti in malafede inchiodandoli alla legge dello scripta manent, alla carta canta, unica garanzia di democrazia.Toninelli al contrattacco. Lui che non ricordava di avere firmato la lettera uscita dal suo ministero per rinnovare ai Benetton la convenzione dopo la ricostruzione del ponte Morandi («Saranno stati i funzionari, queste interlocuzioni non passano dalla mia scrivania»), ha deciso di zittire i critici con un video su Facebook nel quale sbandiera come uno straccio il frontespizio della sua deposizione al processo di Catania, mostrando un paio di risposte: «Vedete che qui dico sì?». Si tratta della conferma di atti istituzionali e di post difficili da smentire davanti agli screenshot. Un'operazione decisiva per provare a rabbonire i fans pronti a dimenticarsi di lui alle prossime elezioni, meno per contraddire i giornali. Perché la sua testimonianza è un atto pubblico ed è automatico andare a rileggerla.Per comodità del lettore le domande sono del giudice, del pm o di Giulia Bongiorno (qui in veste di difensore di Salvini). E le risposte sono del nostro eroe smemorato, così marginale nelle vicende da essere casualmente responsabile della Guardia costiera. Qual era la posizione nel contratto di governo rispetto all'immigrazione dall'Africa? «Non ricordo perché non fu una parte che mi competeva». Ricorda se si parlò della redistribuzione dei migranti? «Non ricordo». Ricorda come doveva avvenire il superamento del trattato di Dublino? «No, assolutamente no». Ha avuto modo di leggere il codice di condotta Minniti, predecessore di Salvini? «In questo momento non ricordo». Ricorda se la redistribuzione dei migranti deve essere fatta prima o dopo lo sbarco? «Non ricordo». C'è stato un Consiglio dei ministri sul tema? «Non ricordo, abbia pazienza. Sono passati quasi due anni».Si va avanti così (pubblichiamo un ampio stralcio della deposizione), con risposte scritte sulla sabbia, con balbettii che farebbero sembrare Tex Willer persino don Abbondio. L'esercizio più divertente sarebbe leggere la deposizione guardando il video su Facebook in cui Toninelli in primo piano spiega ai suoi elettori perché gli altri mentono. Gli altri ingannano. Gli altri pervicacemente speculano. Ricorda quanto tempo la nave Diciotti stette ferma? «Non ricordo, mi dispiace». La decisione di Salvini di non far sbarcare i migranti era concordata? «Penso che lo dobbiate chiedere al diretto interessato». Risposta da talk show, un giudice americano gli avrebbe tirato il martelletto. Ricorda come ha votato nell'autorizzazione a procedere contro Salvini? «Non ricordo di avere votato, non ricordo cosa ho votato». Però ricorda dove ha parcheggiato il monopattino da bambino: nel tunnel del Brennero.
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
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