2023-07-18
Europa e Usa: le spine degli accordi di Tunisi
Mark Rutte, Ursula von der Leyen, Kais Saied e Giorga Meloni, in occasione della firma del Memorandum di intesa tra Ue e Tunisia (Ansa)
Per essere efficaci, Washington deve sbloccare il prestito Fmi da 1,9 miliardi di dollari per allontanare Kais Saied da Cina e Russia. E poi serve che tutti i 27 Paesi membri dell’Unione approvino il memorandum: qualcuno (Francia?) può fare uno sgambetto.Segnale all’esecutivo dalle Regioni del Nord: «L’accoglienza diffusa non funziona».Lo speciale contiene due articoli.Il memorandum d’intesa dell’altro ieri tra l’Ue e la Tunisia costituisce una svolta significativa. Va subito detto che, per il governo italiano, questo documento rappresenta un passo avanti, soprattutto se si tiene conto del fatto che, fino a pochi mesi fa, le alte sfere di Bruxelles non sembravano granché interessate all’urgente dossier tunisino. Il lavoro di pressing attuato dal nostro esecutivo ha, quindi, fatto sì che la Commissione europea si accorgesse pienamente del problema e iniziasse finalmente a muoversi per cercare di risolverlo. Non a caso, la politica estera del governo Meloni ha comprensibilmente posto la stabilizzazione del Nord Africa tra le sue priorità. Se la strada intrapresa sulla Tunisia è quella giusta, ciò non significa che sia del tutto in discesa.Innanzitutto, gran parte degli aiuti finanziari europei (900 milioni di euro) continua a essere subordinata all’erogazione del prestito del Fmi da 1,9 miliardi di dollari: un prestito che è stato congelato in attesa che il governo di Tunisi attui delle riforme che il presidente tunisino, Kais Saied, non sembra minimamente intenzionato a varare. Si tratta di uno scoglio significativo, visto che la stabilizzazione del Paese nordafricano è particolarmente urgente. Il rischio è, infatti, che una bomba migratoria possa abbattersi sulle nostre coste nel breve termine. Sotto questo aspetto, sarebbe utile che l’Ue esercitasse delle pressioni diplomatiche sull’amministrazione Biden, per convincerla ad abbandonare le sue rigidità nei confronti di Saied. È vero che l’attuale presidente americano deve affrontare grattacapi di politica interna, visto che alcuni settori del Partito democratico nutrono ostilità verso il capo di Stato tunisino. Tuttavia l’Ue avrebbe degli ottimi argomenti per persuadere Joe Biden a favorire il prestito del Fmi.L’eccessiva rigidità del Fondo rischia, infatti, di spingere progressivamente la Tunisia tra le braccia di Russia e Cina: a febbraio Tunisi ha incrementato l’import di prodotti petroliferi russi, mentre Pechino si è recentemente detta favorevole a includere la Tunisia nei Brics. È, dunque, chiaro che, qualora l’influenza sino-russa si rafforzasse sul Paese nordafricano, ciò rischierebbe di mettere sotto pressione il fianco meridionale dell’Alleanza atlantica. Biden dovrebbe, quindi, capire che si pone un nodo geopolitico di dimensioni rilevanti: un nodo di cui il presidente americano dovrebbe rendersi conto a maggior ragione dopo il recente vertice Nato di Vilnius.Non solo. Oltre a stabilizzare economicamente la Tunisia, Bruxelles e Washington dovrebbero anche coordinarsi per esercitare delle pressioni politico-diplomatiche sullo stesso Saied. Che quest’ultimo sia un leader controverso, è fuori discussione. Si nutrono, inoltre, dubbi su di lui soprattutto in materia di contrasto all’immigrazione clandestina. Un tema, questo, rispetto a cui l’Ue, sulla base del memorandum, mobiliterà 105 milioni di euro, mentre la guardia costiera tunisina verrà rafforzata. Tuttavia, secondo fonti comunitarie, Saied si sarebbe impegnato soltanto nel rimpatrio dei migranti tunisini e non di quelli subsahariani. Inoltre, nel recente passato, il presidente della Tunisia ha espresso delle posizioni ambigue sulla questione migratoria: posizioni che hanno indotto a pensare che il diretto interessato voglia usare questo dossier come strumento di pressione sull’Ue (secondo dinamiche già viste in passato con Recep Tayyip Erdogan). È, dunque, per questo che, di pari passo alla stabilizzazione economica del Paese, Bruxelles e Washington dovrebbero portare avanti un’azione politica combinata che impedisca a Saied eventuali comportamenti ricattatori nei confronti dell’Occidente. Il punto alla fine risiede nel fatto che, per quanto assai controverso, il presidente tunisino è un interlocutore ineludibile. Ricordiamo sempre che l’alternativa al suo potere è Ennahda: movimento islamista, gravitante attorno alla galassia dei Fratelli musulmani, che intrattiene rapporti con Hamas. Non parliamo, insomma, di una garanzia di stabilità e di affidabilità né di un partito liberaldemocratico. «Non possiamo abbandonare la Tunisia, altrimenti rischiamo di avere i Fratelli musulmani che rischiano di creare instabilità», aveva non a caso detto a marzo il titolare della Farnesina, Antonio Tajani.Bruxelles dovrebbe, insomma, muoversi con un approccio geopolitico. Al di là dell’enfasi posta domenica da Ursula von der Leyen sugli accordi tra Ue e Tunisi in materia di ambientalismo ed Erasmus, con Saied bisogna trattare pragmaticamente, mettendo in campo tutti gli strumenti politico-diplomatici necessari per evitare di farsi mettere sotto pressione da lui. Con questi interlocutori, controversi ma ineludibili, bisogna negoziare in modo serrato e finanche spregiudicato: le verniciate green e politicamente corrette servono a poco, se non a indebolire la nostra posizione negoziale.O l’Ue comincia finalmente a capirlo o continuerà a subire gli eventi anziché cercare di dirigerli. Ma, per essere incisiva, quella stessa Ue ha bisogno di una visione geopolitica chiara e, soprattutto, di una riforma della propria governance. Bisognerà, infatti, vedere se tutti i 27 Paesi membri accetteranno il memorandum di domenica. Il premier olandese, Mark Rutte, si è detto «fiducioso» che ciò avvenga, ma non è scontato. Qualcuno - vedi la Francia - potrebbe mettersi di mezzo solo per fare uno sgambetto politico a Giorgia Meloni.Ecco che, dunque, il complicato dossier tunisino sta facendo riemergere due problemi rilevanti per l’Occidente: la fiacca leadership internazionale di Biden e un sistema inadeguato di governance europea. Sul Mediterraneo, Washington e Bruxelles dovrebbero seguire la strada indicata oggi da Roma. Speriamo lo facciano. In fretta e fino in fondo. Senza miopie o tentennamenti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/europa-usa-spine-accordi-tunisi-2662292238.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="a-sindaci-e-governatori-di-sinistra-non-interessa-fermare-gli-sbarchi" data-post-id="2662292238" data-published-at="1689651297" data-use-pagination="False"> A sindaci e governatori di sinistra non interessa fermare gli sbarchi Che il sistema dell’accoglienza, in Italia, non stia funzionando a dovere lo certificano i governatori delle Regioni. La macro divisione che vuole quelli di centrosinistra favorevoli ad avere ancora più autonomia nel decidere le collocazioni e quelli di centrodestra che si lamentano del sistema di accoglienza diffusa in essere oggi è vera, ma fino a un certo punto. Perché ci sono distinguo, aperture o semi chiusure, attacchi fratricidi che contribuiscono a rendere ancor più caotica, se possibile, la situazione mentre anche ieri, sulle coste siciliane, sono arrivate 547 persone in 15 sbarchi differenti. A far deflagrare le polemiche è stata una nota, attribuita ad «ambienti dei governatori», diffusa dalle agenzie proprio mentre Giorgia Meloni si accingeva a firmare gli accordi con la Tunisia: «Sulla collocazione dei migranti nei territori bisogna evitare decisioni calate dall’alto». Il Viminale e il commissario straordinario sul tema, Valerio Valenti, hanno cercato subito di gettare benzina sul fuoco. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, temendo uno smottamento nella catena istituzionale, ha, però, voluto sentire direttamente il presidente della Conferenza delle Regioni, il friulano Massimiliano Fedriga. Che al titolare del Viminale e in diretta tv a La7, a L’aria che tira, ha smentito di essere autore dell’attacco al governo. Salvo poi sganciare la bomba: «L’accoglienza diffusa è un fallimento, impedisce qualsiasi tipo di controllo e sparpaglia sui territori migliaia di persone», ha detto Fedriga. Sembra quasi di sentire parlare Giorgio Gori, il sindaco Pd-chic di Bergamo, che nei giorni scorsi ha twittato: «L’attuale governo è incapace di gestire i flussi migratori, di organizzare un’accoglienza dignitosa, di attivare politiche di formazione e di integrazione. Qui siamo allo sbando: sbarchi fuori controllo e nessuna capacità di governare il fenomeno. Tutto si scarica sui territori, alimentando la “fabbrica di clandestini” che produce sfruttamento, degrado e insicurezza». Vuoi non mettere, alla fine, un attacco a Elly Schlein? No, infatti: «Ma perché il Pd non dice che gli sbarchi sono più che raddoppiati? Questo deve dire con forza il Pd». Ma non lo fa: il diritto a non essere invasi deve essere uno di quelli non ricompreso nel pantheon arcobaleno del s egretario dem. Che il fronte più caldo sulla questione sia quello dei governatori leghisti è plasticamente rappresentato dalle parole usate da Luca Zaia: «L’accordo con la Tunisia non basta ma aiuta, almeno questi accordi danno un minimo di visione». E poi lancia il modello Veneto dell’accoglienza: «Abbiamo proposto un protocollo che prevede una cabina di regia nella quale convergano Regione e Anci. È stato approvato dal ministero degli Interni. Se lasciamo fare alle prefetture in autonomia qualche tendopoli da qualche parte la faranno. Poi, se qualcuno mi spiega come possa tutta l’Africa starci in Italia, e questa parte di Africa starci in Veneto, allora gli diamo il premio Nobel». Posizione simile, anche se con toni più concilianti, è stata presa dal governatore del Piemonte, Alberto Cirio (Fi). Resta, nonostante tutto, un accanito fan dell’immigrazione, con una spruzzata cerchiobottista alla Gori che fa molto law&order, il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. Intervenendo a una Festa dell’Unità, lo sfidante sconfitto da Schlein ha detto: «Oggi arriva in Italia un numero di migranti cinque volte superiore rispetto a cinque anni fa. Noi facciamo pochi figli, non ci siamo occupati di natalità è anche questo è un tema. Sistema pensionistico, sanità e scuola pubblica si reggono sui contributi dei lavoratori attivi che, però, stanno diminuendo. L’immigrazione deve essere continua ma regolata, controllata, di modo da dare opportunità a tutti. Chi delinque deve essere punito, su questo non ci piove». Un sì convinto all’immigrazione arriva anche dal governatore della Toscana, Eugenio Giani: «Il sistema toscano avrà capacità di accoglienza e integrazione ma vogliamo criteri giusti. L’attribuzione del numero di migranti sulla base della superficie anziché della popolazione è assolutamente sbagliata».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.