De Magistris molla lo Sceriffo per i no global

«La Madonna l'accompagni». Poche parole a effetto, come nello stile di Vincenzo «lo sceriffo» De Luca, per commentare la decisione del sindaco di Napoli Luigi De Magistris di partecipare, venerdì 23 settembre, a una manifestazione organizzata a Roma per protestare contro il commissariamento di Bagnoli da parte del governo. Da quando Matteo Renzi ha spedito Salvo Nastasi a occuparsi della bonifica di questo splendido scorcio partenopeo, avvelenato da anni e anni di incuria dopo lo smantellamento dell'Italsider, il braccio di ferro tra Comune di Napoli e Palazzo Chigi è continuo.

E la manifestazione, non autorizzata dalla Questura capitolina, alla quale il sindaco ha intenzione di partecipare, è ad altissimo rischio: tra i partecipanti annunciati ci sono - oltre ai Comitati per Bagnoli - quei personaggi dei centri sociali che ormai costituiscono la Guardia Pretoriana di De Magistris.

Quelli, per intenderci, che si sono scontrati con la polizia anche in occasione dell'ultima visita a Napoli di Renzi, la scorsa settimana. Giggino, si sa, è fatto così: da quando si è messo in testa di (ri)diventare un protagonista della politica nazionale, di trasformare il suo «movimento arancione» in una nuova «lista Ingroia» da presentare alle prossime elezioni politiche, affidando al fratello Claudio organizzazione e strategia, la sua innata propensione alla più sfrenata demagogia si è addirittura accentuata.

Urlare una cosa e fare il contrario resta il suo dogma politico. L'ultimo esempio: parla in continuazione di acqua pubblica e di lotta ai commissariamenti? Il giorno dopo commissaria quella società «Acqua Bene Comune» che doveva essere il fiore all'occhiello della rivoluzione alla pummarola, mandando via il presidente espressione dei «comitati», colpevole - a quanto pare - di frenare su una infornata di assunzioni. Ma i napoletani lo hanno rivotato, pochi mesi fa, e dunque amen. Quello che però sta cambiando, inevitabilmente, è l'atteggiamento dell'altro «uomo forte» della politica campana: Vincenzo De Luca.

Il governatore è stato per mesi e mesi – ufficiosamente, ci mancherebbe – il miglior alleato politico di De Magistris. Mai uno screzio, mai una polemica. Del resto, al volpone De Luca andava benissimo la riconferma a Napoli di De Magistris: un sindaco tutto sommato abbastanza debole da non creare alcuna «concorrenza». Finché… Finché in mezzo ci si è messo il referendum costituzionale. In Campania il Pd è totalmente assente, afono. A Napoli non ha raggiunto nemmeno il ballottaggio. De Magistris è - manco a dirlo - un paladino del «no» e un fierissimo oppositore di Renzi (chi non ricorda il famoso «ti devi cacare sotto» urlato contro il premier in campagna elettorale). Dunque, nella terza città d'Italia, il «sì» può contare su sostenitori assai modesti e poco interessati all'argomento, tranne poche eccezioni.

Matteo Renzi, dunque, ha affidato a De Luca il compito di portare i «sì» a una percentuale almeno decente anche a Napoli. Perché questo accada, però, la love story tra Vincenzo e Luigi deve assolutamente essere almeno sospesa. De Luca, in estrema sintesi, volente o nolente, dovrà rassegnarsi almeno per qualche mese ad essere un esponente del Partito democratico. Poi, dopo il referendum, potrà tornare - se proprio ci tiene - a tubare con il suo grande amico Luigi. E che la Madonna li accompagni…

A Milano già 44 giornate di smog: i dati del 2025 in peggioramento
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.

Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.

Tutti rottamano l’allarme clima ma continuiamo a strapagarlo
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.

A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.

Il Pd chiede di punire chi sostiene l'economia del Paese
Elly Schlein (Ansa)

Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.

Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.

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Donald ce l’ha fatta: shutdown sbloccato. Volano tutte le Borse, su anche oro e cripto
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.

Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.

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