
Il quotidiano dei vescovi detta la linea a Pd e M5s sull'invasione: ius culturae (se non ius soli), naturalizzazioni molto più veloci e smantellamento dei decreti Sicurezza. La stressa linea di Repubblica, che sulle navi delle Ong pretende un ritorno al passato.L'inciucione badogliano deve ancora cominciare, ma già dalla melma color giallorosso stanno già rispunto i mostri marini di cui credevamo (e speravamo) di esserci liberati. Stiamo parlando dei Profeti dell'invasione, i grandi sostenitori dell'immigrazione di massa che - Matteo Salvini regnante - erano ormai ridotti a manifestazioni folkloristiche. Adesso, invece, hanno rialzato la testa, sbraitano, battono i pugni e pretendono soddisfazione. Ovviamente i primi ululati sono giunti da sinistra. Ieri Repubblica ha dedicato ben due pagine e un robusto titolo di prima alla questione migratoria. Il commento era affidato a Luigi Manconi, fervente attivista pro Ong nonché ex senatore Pd nonché ex coordinatore dell'Unar con una fissazione per il razzismo. L'articolo di Manconi aveva un pregio: faceva capire subito che aria tira sul versante progressista. In pratica, l'ex senatore dettava le condizioni per una piacevole convivenza tra dem e pentastellati. La discontinuità «esige già da subito segnali inequivocabili. E i tempi dei grandi processi economico-sociali, come l'immigrazione, sono assai più rapidi e incalzanti di quelli richiesti dalle mosse (felpate fino a essere flosce) necessarie per la costituzione del nuovo esecutivo. Anche perché la sofferenza umana arriva a bussare alla nostra porta con tutta l'urgenza dei corpi stremati e torturati». Insomma, ha chiarito Manconi, «serve una svolta vera. A partire da una intelligente politica per l'immigrazione che consenta di aprire subito e in misura adeguata alle nostre possibilità vie di ingresso legali in Italia e quindi in Europa. Dunque, una rottura col passato, e non solo con quello rappresentato dagli ultimi 14 mesi di governo giallo-verde. Su questo - come sull'ambiente, sull'economia e sulla giustizia - verrà valutata la scelta di governo del Pd». Cristallino: porti aperti e subito, e se i 5 stelle non gradiscono se ne facciano velocemente una ragione, perché la nuova alleanza prevede una ripresa in grande stile dell'accoglienza. Ce lo aspettavamo, ovviamente. Ma ora a metterlo nero su bianco sono gli stessi esponenti del pensiero progressista. E non soltanto tramite l'house organ Repubblica, ma pure nei dibattiti televisivi, sui social network eccetera. Del resto è stato lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a parlare di «nuovo umanesimo». Formula che, al netto dei riferimenti esoterici, si può tradurre così: «Sereni che adesso riprendono gli sbarchi».Questo, del resto, pretendono gli sponsor dell'esecutivo contronatura e controsenso. A partire dai vescovi. Ieri, sulla prima pagina di Avvenire, campeggiava un fiammeggiante editoriale di Maurizio Ambrosini intitolato «Umanesimo alla prova». Il senso del pezzo era più o meno lo stesso dell'articolo di Manconi. Il giornale dei vescovi ha invocato «scelte nuove per governare le migrazioni». Ha scritto Ambrosini che «emerge l'attesa di politiche nuove, con la domanda di esplicita “discontinuità" con il precedente esecutivo. Se c'è un tema in cui la novità dovrebbe subito tradursi in fatti concreti, è quello delle politiche migratorie. Proprio perché sull'invasione immaginaria di migranti provenienti dall'Africa il populismo sovranista ha impostato e imposto per mesi la sua agenda, occorre ora una svolta netta. Ancora più a fondo, avendo questa narrazione pervasiva e persino ossessiva intossicato l'anima del nostro Paese con discorsi di odio e discriminazione, serve un messaggio radicalmente diverso».Di nuovo, è tutto chiaro: bisogna al più presto ricominciare come prima, con l'accoglienza diffusa e gli ingressi in massa. Ovviamente i portavoce dei prelati mica la mettono giù così dura, però il senso dei loro discorsi è proprio questo. Anche perché, come noto, dalla gestione dei migranti dipendono parecchi profitti. Ecco la linea dettata da Avvenire: «Il primo punto di questa ipotetica agenda dovrebbe essere l'immediata cancellazione di parti importanti dei due cosiddetti decreti Sicurezza congegnati da Matteo Salvini, con le loro nefaste conseguenze in termini di violazione di Trattati internazionali e diritti garantiti dalla Costituzione (articolo 10), di criminalizzazione del soccorso umanitario, di illegalizzazione (ma senza capacità di espulsione) della gran parte dei richiedenti asilo». Seguono varie altre indicazioni. La più ridicola riguarda la valorizzazione della già citata Unar, l'organismo governativo che dovrebbe contrastare il razzismo. Forse ad Avvenire non si sono accorti che il nuovo gestore della baracca è un fedelissimo del grillino Vincenzo Spadafora nonché un ultra tifoso delle istanze Lgbt, che in teoria ai vescovi non dovrebbero essere troppo gradite. Ma andiamo oltre. Il giornale vescovile chiede il rilancio dell'«immigrazione per lavoro», poi tempi più brevi per la naturalizzazione degli stranieri. Infine, ecco la perla: il prossimo governo dovrà «porre maggiormente l'accento sullo ius culturae, ossia sul ruolo della scuola come “fabbrica" dei futuri cittadini. L'insistenza un po' ingenua - anche nella comunicazione - sullo ius soli (seppure attenuato), ha fornito munizioni ai nemici “a prescindere" della riforma». Fingendo di criticare lo ius soli, Avvenire lo ripropone sotto altra forma. In buona sostanza, il giornale dei prelati vuole una legge sulla cittadinanza facile molto simile a quella che abbiamo evitato non molto tempo fa (che infatti fu molto caldeggiata da parte della Chiesa). Ecco che cos'è la «discontinuità»: il ritorno dell'invasione.
Lunghe code per il rifornimento di carburante a Bamako (Ansa)
I miliziani circondano la capitale. Per gli 007 francesi, puntano a istituire il primo califfato africano. Gruppo Wagner pronto alla fuga. Giustiziata in piazza una tiktoker.
Il Mali potrebbe essere la prima nazione africana a finire nelle mani dei jihadisti. Il gruppo affiliato ad al Qaeda Jama’at Nusrat al-Islam al-Muslimin (Jnim) da settimane ha intrappolato la capitale Bamako in una morsa, bloccando l’arrivo di carburante e generi di prima necessità. Le colonne di camion che riforniscono la capitale maliana vengono continuamente attaccate e date alle fiamme, nonostante che le FaMa ( Forze armate maliane) scortino i convogli nel tentativo di forzare il blocco, assistiti dagli uomini dell’ex Wagner Group, oggi Afrika Corps, che non sono riusciti ad arginare l’avanzata dei jihadisti.
Angelo Morbelli, la Stazione Centrale di Milano (1887)
Dalle prime strade ferrate alle sfide future: al Vittoriano e a Palazzo Venezia Gruppo Fs e VIVE hanno presentato la mostra «Le ferrovie d’Italia (1861-2025). dall’Unità nazionale alle sfide del futuro». Dal 7 novembre 2025 all'11 gennaio 2026.
L'articolo contiene un video e una gallery fotografica.
Un viaggio lungo oltre un secolo, tra binari e trasformazioni sociali, innovazioni tecnologiche e grandi sfide del Paese: è questo il racconto al centro della mostra Le ferrovie d’Italia (1861-2025). Dall’unità nazionale alle sfide del futuro, promossa e organizzata da VIVE – Vittoriano e Palazzo Venezia e dal Gruppo FS Italiane, nella Sala Zanardelli del Vittoriano e nel Giardino grande di Palazzo Venezia.
La mostra, aperta da domani, venerdì 7 novembre, al prossimo 11 gennaio, è stata presentata oggi dalla sua curatrice Edith Gabrielli, Direttrice Generale del VIVE, e da Tommaso Tanzilli, Presidente del Gruppo FS.
“Ma più di ogni altra riforma amministrativa, la realizzazione delle ferrovie contribuirà a consolidare la conquista dell’indipendenza nazionale”: con queste parole Camillo Benso, conte di Cavour, già negli anni Quaranta dell’Ottocento individuò il ruolo delle ferrovie nel percorso del Risorgimento e nella costruzione dell’Italia moderna, una nazione giovane, unita e libera.
La storia dell’unità nazionale e la storia delle ferrovie risultano pressoché inseparabili: i binari hanno reso concreta la geografia politica italiana, collegando territori divisi da secoli, favorito scambi economici e culturali, ridotto distanze, creato opportunità di lavoro e di mobilità sociale. I treni e le stazioni hanno anche contribuito a plasmare una nuova identità collettiva, fatta di viaggi, incontri, pendolarismi, emigrazioni, ritorni. In questo processo ormai ultrasecolare, le ferrovie sono state fonte d’ispirazione per letterati e artisti, diventando metafora potente della modernità, della velocità e del progresso, talvolta anche delle loro innegabili contraddizioni.
Il Vittoriano, concepito nel 1878, all’indomani della scomparsa di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, e cuore simbolico della Nazione, costituisce il luogo ideale per accogliere la visione di Cavour e tradurla in un racconto espositivo. Gestito dal VIVE - Vittoriano e Palazzo Venezia, istituto autonomo del Ministero della Cultura, il Vittoriano è luogo di arte, di memoria e insieme uno spazio vivo, dove riflettere sul processo risorgimentale e sui valori fondativi della nazione: libertà della patria e unità dei cittadini, ora in un contesto democratico ed europeo.
L’iniziativa si inserisce nelle celebrazioni per i 120 anni dalla fondazione delle Ferrovie dello Stato, avvenuta nel 1905. Da allora, le FS hanno accompagnato ogni fase cruciale della storia italiana, dalla ricostruzione postbellica al boom economico, fino all’Alta Velocità e alla transizione digitale di oggi.
Il Gruppo FS è una realtà industriale che oggi conta oltre 96.000 dipendenti, opera nei settori del trasporto ferroviario, stradale, della logistica, delle infrastrutture, della rigenerazione urbana e dei servizi tecnologici. Porta avanti una fase di profonda trasformazione con un investimento previsto superiore a 100 miliardi di euro in cinque anni, finalizzato a rafforzare la resilienza delle infrastrutture ferroviarie e stradali, migliorare la qualità del servizio, completare opere strategiche e promuovere una mobilità sempre più sostenibile e intermodale.
La storia delle ferrovie italiane si articola in quattro sezioni cronologiche, una sezione immersiva e infine una sezione didattico-dimostrativa. La prima sezione, dal 1861 al 1904, racconta la difficile trasformazione delle prime reti regionali in un sistema effettivamente nazionale. La seconda sezione, dal 1905 al 1944, affronta l’età della gestione statale, con la fondazione di FS, delle innovazioni tecniche, dell’uso politico e militare della ferrovia, fino al regime fascista e alla Seconda guerra mondiale. La terza sezione, dal 1945 al 1984, vede al centro la ricostruzione postbellica, il boom economico e il ruolo dei treni nelle grandi migrazioni interne e nel pendolarismo quotidiano. La quarta sezione, dal 1985 a oggi, verte sull’Alta Velocità, la digitalizzazione e le sfide della sostenibilità, aprendo uno sguardo al futuro. La sezione immersiva, posta sempre nella Sala Zanardelli, consente attraverso la più avanzata tecnologia digitale di fruire del racconto anche in termini emotivi e multisensoriali. La sezione didattico-dimostrativa si trova nel Giardino grande di Palazzo Venezia: due monumentali riproduzioni in scala permettono di apprezzare le qualità estetiche del Settebello e dell’Arlecchino, icone del design italiano del dopoguerra.
La mostra, che parte da un impianto storico rigoroso, affronta il tema con un accentuato carattere interdisciplinare. Quattro in ogni sezione gli assi principali di lettura, che si concretizzano in altrettanti pannelli informativi. Questi assi mettono in luce l’impatto delle ferrovie e, insieme, la loro capacità di trasformazione. Oltre che mezzo di trasporto, il treno era ed è un dispositivo capace di mutare la percezione del tempo, ridefinire il concetto di distanza e ispirare nuove visioni del lavoro, dell’identità e della comunità.
Il primo asse di lettura verte sulla storia delle ferrovie in Italia, dello sviluppo della rete e dei mezzi, delle competenze tecniche e ingegneristiche, delle scelte organizzative e gestionali. Lo sguardo si muove dalla prima rete nazionale all’introduzione dell’Alta Velocità fino ai cantieri attuali finanziati con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Il secondo asse di lettura ha a che fare con l’identità, le istituzioni, la politica e l’economia, indagando le motivazioni, le strategie e gli effetti delle scelte attuate in relazione alle ferrovie in questi ambiti. L’infrastruttura ne emerge come strumento di unificazione, di modernizzazione e di governo del territorio, oltre che come fattore decisivo nello sviluppo produttivo ma anche misura delle contraddizioni del Paese, a cominciare dalla divaricazione tra campagna e città e tra Nord e Sud.
Il terzo asse di lettura affronta il tema in rapporto alla sfera sociale e antropologica, restituendo l’impatto delle ferrovie sulla vita quotidiana, sul lavoro e sul costume, la nascita di nuove professioni e la trasformazione dei ritmi e delle percezioni collettive: dall’apparizione di una nuova figura come quella del ferroviere fino al recente mutamento del concetto di distanza e all’avvento del pendolarismo di lungo raggio con l’introduzione dell’Alta Velocità.
Il quarto e ultimo asse della mostra indaga l’interpretazione delle ferrovie nelle arti, nella pittura, nella fotografia, nel cinema, nella poesia e nella letteratura. Gli artisti, prima e meglio di altri, hanno saputo cogliere la complessità del fenomeno, restituendone tanto la forza innovatrice quanto le ombre, le alienazioni e le contraddizioni: nelle loro opere il treno diventa simbolo della modernità e specchio delle sue ambivalenze, immagine di progresso e di perdita, di velocità e di lontananza, talvolta luogo di sperimentazione creativa o addirittura metafora esistenziale.
L’esposizione è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale, con approfondimento e un completo apparato illustrativo di tutte le opere in mostra, e con testi a cura di Edith Gabrielli (Direttrice VIVE e curatrice della Mostra) e del Comitato scientifico formato dal prof. Francesco Benigno (Scuola Normale Superiore, Pisa), dal prof. Lorenzo Canova (Università degli Studi del Molise), dal prof. Andrea Giuntini (già Università degli Studi di Modena e Reggio) e dal prof. Stefano Maggi (Università degli Studi di Siena).
Per tutta la durata dell’esposizione il team didattico del VIVE propone un ricco programma di attività rivolte a bambini, famiglie, utenti con esigenze specifiche, scuole di ogni ordine e grado.
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Valeriy Zaluzhny (Ansa)
Gli investigatori tedeschi: dietro il raid su Nord Stream c’è Zaluzhny, già capo dell’esercito, ora ambasciatore in Uk. Il presunto sabotatore detenuto in Italia proclama lo sciopero della fame: «Violati i miei dritti umani».
Era il segreto di Pulcinella. Adesso lo ha svelato il Wall Street Journal, citando fonti della polizia e della Procura tedesche: a guidare l’attacco ai gasdotti Nord Stream nel Baltico, il 26 settembre 2022, sarebbe stato l’allora capo delle forze armate ucraine, il generale Valeriy Zaluzhny, oggi ambasciatore nel Regno Unito. Gli investigatori hanno indagato sulle società di noleggio delle barche coinvolte nel blitz, su telefoni e targhe, arrivando a emettere mandati d’arresto per tre soldati di un’unità speciale di Kiev e per quattro sommozzatori veterani.
Cristiano d'Arena (foto da Facebook)
È Cristiano D’Arena l’ultimo nome finito nell’inchiesta di Brescia: avrebbe venduto a Venditti e Mazza vetture a prezzi bassi in cambio di accordi per favorire un’altra sua società monopolista nel settore delle intercettazioni.
Il supporto tecnico per le intercettazioni, le auto in leasing per la Procura e il ristorante che era diventato il punto di ritrovo della «Squadretta» di investigatori che lavoravano a stretto contatto con l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, e con il sostituto Paolo Pietro Mazza (ora in servizio a Milano). Nell’inchiesta bresciana sulla presunta corruzione dei due magistrati ricorrono i nomi delle società del gruppo imprenditoriale riconducibile a Cristiano D’Arena, titolare della Esitel, monopolista, per molti anni, delle intercettazioni per la Procura di Pavia (comprese quelle del fascicolo del 2017 su Andrea Sempio per il delitto di Garlasco), alla guida della Cr Service che aveva fornito le vetture per le indagini e ospitale gestore del ristorante.













