2021-01-08
America: quattro morti e coprifuoco Biden è ufficialmente il nuovo leader
Dopo una notte di sangue in Campidoglio, la proclamazione del democratico. Misure per riportare l'ordine, dubbi sulle falle nella sicurezza. Perde quota l'idea di destituire The Donald: verso una transizione regolare.Il Congresso ha formalmente certificato la vittoria elettorale di Joe Biden. Ad annunciarlo solennemente davanti alle Camere riunite è stato, ieri mattina, il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, specificando che Biden ha ottenuto 306 voti elettorali contro i 232 di Donald Trump. Adesso, l'ultimo passaggio si celebrerà il 20 gennaio, quando il presidente in pectore si insedierà ufficialmente.È stata una certificazione piagata dalla storica irruzione nel Campidoglio: atto che ha reso necessaria l'evacuazione dei parlamentari e il ricorso alla guardia nazionale, mentre il sindaco di Washington, Muriel Bowser, ha decretato un coprifuoco serale per i prossimi quindici giorni. Nei tafferugli, quattro persone hanno perso la vita (tra cui una dimostrante disarmata colpita da un poliziotto). Sono 52 i manifestanti finiti agli arresti. Un autentico caos, fermamente condannato dai parlamentari di entrambi i partiti e che proietta un'ombra cupa sulla parabola del trumpismo. Un caos che ha determinato polemiche anche sui servizi di sicurezza, vista l'estrema facilità con cui i dimostranti sono entrati nel Campidoglio. Ieri Reuters ha non a caso evidenziato la totale inadeguatezza della protezione riservata al processo di certificazione della vittoria di Biden. E le domande restano per ora in sospeso. Perché non è affatto chiara, al momento, la ragione di queste (strane) falle. Sul piano politico, nel mirino delle critiche è finito come detto il presidente uscente che, poco prima dell'irruzione, aveva tenuto un comizio, aizzando i manifestanti ed esortandoli a non accettare la vittoria di Biden. A seguito dello scoppio dei disordini e delle polemiche, lo stesso Trump è intervenuto per cercare di calmare gli animi. Tutto questo, mentre ieri mattina - appena pochi minuti prima della certificazione formale del Congresso - l'inquilino della Casa Bianca ha in un certo senso ammesso la fine della propria presidenza. «Anche se sono totalmente in disaccordo con l'esito delle elezioni, e i fatti mi danno ragione, ci sarà una transizione ordinata il 20 gennaio», ha dichiarato. «Anche se questo rappresenta la fine del più grande primo mandato nella storia presidenziale, è solo l'inizio della nostra lotta per rendere l'America di nuovo grande!», ha aggiunto. È chiaro che, aizzando quella folla mercoledì, Trump abbia commesso un errore fatale: un errore che mette a repentaglio il suo lascito presidenziale, i suoi rapporti con il Partito repubblicano e il suo stesso futuro politico. E proprio il suo futuro politico resta adesso avvolto nell'incertezza. Da alcune ore sta circolando l'ipotesi di una destituzione del presidente attraverso il ricorso al XXV emendamento: secondo The Hill, né Pence né la maggior parte dei ministri sembrerebbero propensi a imboccare questa strada. Una strada che tuttavia ieri è stata invocata dal deputato repubblicano Adam Kinzinger: segno di come, nell'Elefantino, i mal di pancia si stiano facendo sempre più significativi. Nel frattempo, anche il leader dem al Senato, Charles Schumer, ha auspicato ieri un ricorso al XXV emendamento. Come che sia, il punto sarà innanzitutto capire se il presidente uscente abbia realmente intenzione di restare in politica: un'intenzione che per ora resta tutta da dimostrare. Sul capo di Trump pende infatti la spada di Damocle della Procura di Manhattan. Senza poi trascurare che i fatti di Washington sembrano obiettivamente rendere molto più complicata una eventuale ricandidatura nel 2024. Per ora, l'unica cosa certa è che il presidente uscente sembra finito all'angolo, essendosi di fatto consegnato - con il suo comportamento - a tutti quegli avversari che non aspettavano altro per denigrare senz'appello una presidenza che sul piano dei risultati è stata molto meno peggio di quanto spesso venga superficialmente detto. Il trumpismo (furbescamente ridotto adesso da qualcuno ad autocrazia) rischia quindi di essere bandito dal dibattito pubblico. Del resto sarà un caso, ma nelle scorse ore la Silicon Valley ha già iniziato a muoversi, con Facebook che ha sospeso l'account del presidente uscente.Le responsabilità di Trump per quanto accaduto al Campidoglio sono senza dubbio gravi. Ma sarebbe totalmente errato ritenere che il clima incattivito in cui versa oggi la politica americana sia soltanto colpa sua. Perché se è vero che il presidente uscente ha delegittimato la vittoria di Biden, è altrettanto vero che i dem abbiano a loro volta delegittimato la sua elezione del 2016, parlando ripetutamente di una collusione russa che non è mai stata provata. Quegli stessi dem che, pur di mettere i bastoni tra le ruote all'inquilino della Casa Bianca, hanno intentato un processo di impeachment senza solide basi e che hanno cavalcato manifestazioni di piazza pur di impedire la conferma del giudice Brett Kavanaugh alla Corte suprema (a ottobre 2018 furono arrestati quasi trecento dimostranti, entrati in un edificio del Senato per protestare contro il togato nominato da Trump). La polarizzazione politica americana nasce da responsabilità diffuse, oltre ad essere dettata da fenomeni strutturali come la guerra in Iraq, la Grande Recessione e la stessa pandemia del Covid-19. Il problema è sistemico quindi. Ma qualcuno finge di non accorgersene.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.