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2019-02-13
Il business delle prostitute è anticiclico. La Lega vuole tassarlo, ma non sa come
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Paese che vai, prostituzione che trovi. Nel Vecchio Continente e, più in generale, a livello globale, ci sono sostanzialmente tre approcci all'esercizio del più antico lavoro del mondo. In Italia, ad esempio c'è l'abolizionismo: la prostituzione è lecita, ma le attività organizzate come favoreggiamento e sfruttamento sono illegali. Ci sono poi Paesi in cui è completamente legale e regolamentata e quelli in cui è considerata un crimine e come tale punisce chi ne fa uso.
I primi Paesi a fare scuola sono stati quelli del Nord Europa. L'idea era quella di punire il cliente e non la prostituta. Nel 1999 la Svezia divenne la prima nazione a introdurre delle pene per chi usufruisce di prestazioni sessuali a pagamento, senza però prevedere sanzioni per chi si prostituisce. Leggermente diverso l'atteggiamento in Slovenia dove la prostituzione di strada è illegale ma l'esercizio di case chiuse è stata depenalizzato nel 2003.
Il cosiddetto modello nordico è stato poi adottato da Norvegia, Islanda, Irlanda, Croazia, Francia (dal primo febbraio 2019), Inghilterra, Spagna e Portogallo.
In Italia la fonte legislativa principale è la legge Merlin, che nel 1958 ha vietato le case di tolleranza. La prostituzione su strada non viene proibita, mentre viene punito lo sfruttamento o il favoreggiamento.
In Germania la prostituzione è invece perfettamente legale ed esistono anche apposite app per trovare le prostitute più vicine della zona, confrontare i prezzi e scegliere la migliore lavoratrice sessuale. Nel 2002 il governo ha modificato la legge sull'esercizio della prostituzione, nel tentativo di migliorare la situazione giuridica delle prostitute.
La situazione tedesca, forse però meno pubblicizzata, è simile a quella olandese. Ad Amsterdam e dintorni, la prostituzione non è mai stata perseguibile penalmente. Nel 2000 è stato fatto un ulteriore passo avanti e sono stati legalizzate anche le case chiuse, dichiarate fuori legge nel 1911 per evitare lo sfruttamento o la coercizione delle lavoratrici.
Un altro Paese dove l'industria del sesso è florida e regolamentata è l'Ungheria. La prostituzione in questa nazione è stata legalizzata e regolamentata a partire dal 1999. Secondo la legge ungherese, le prostitute sono fondamentalmente professioniste che s'impegnano in attività sessuali in cambio di denaro; il governo permette quest'attività fintanto che si pagano le tasse e vengono mantenuti aggiornati i documenti.
In pratica la maggior parte dei Paesi europei mira a punire i clienti e non chi esercita la prostituzione, una professione che di fatto è ritenuta illecita e non regolamentata. In due parole: si "chiude un occhio", ma non si fa nulla di concreto per dare regole certe.
Così mentre Paesi come Germania, Ungheria e Olanda (ma anche la Svizzera, ad esempio) sfruttano e allo stesso tempo proteggono le prostitute, altri, come l'Italia, fanno poco o nulla e lascia che l'illegalità (evasione fiscale in primis) la faccia da padrone.
Gianluca Baldini
Nel periodo della crisi economica (2007-2014) il fatturato della prostituzione è cresciuto del 25,8%
Secondo la commissione Affari sociali della Camera, le 70.000 prostitute italiane, con i loro nove milioni di clienti, muoverebbero affari per 5 miliardi di euro. Un fatturato che, secondo la sentenza 22413 emessa dalla Cassazione nel 2016, va dichiarato e su cui pertanto vanno pagate le tasse. Quanto? Difficile dirlo. Ma, se si stimasse una tassazione tra il 15 e il 20% il gettito stimato, potrebbe superare il miliardo di euro.
Del resto è un tema vecchio come il mondo. Si può essere d'accordo o meno con chi decide di vendere il proprio corpo per soldi, ma resta un fatto che in Italia (e all'estero) l'esercizio della prostituzione rappresenti ormai una vera e propria industria. Un mondo costituito da numeri importanti che non possono essere ignorati.
Secondo una ricerca del Codacons, nel periodo della crisi economica (2007-2014) il fatturato della prostituzione è cresciuto del 25,8% mentre il numero di soggetti dediti al meretricio è aumentato del 28,5%. Negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva riduzione del numero di prostitute che operano in strada, la cui percentuale rappresenta tuttavia ancora la fetta più consistente, pari al 60% del totale. Da contraltare si registra una forte crescita nel numero di lucciole che decidono di lavorare in casa o altre strutture non all'aperto (40%). Della totalità delle prostitute operanti nel nostro paese, il 10% è minorenne, mentre il 55% è costituito da ragazze straniere, provenienti principalmente dai paesi dell'Europa dell'Est (Romania, Bulgaria, Ucraina) e dall'Africa (Nigeria in testa).
Tutte persone che, una volta regolarizzate, garantirebbero un maggior gettito fiscale e avrebbero più vantaggi a livello sanitario, oltre a poter dedurre fiscalmente i costi della professione: preservativi, pubblicità online e il canone d'affitto di una stanza in cui operare. Senza considerare che, così facendo potrebbero accedere a contributi previdenziali e avrebbero la possibilità di depositare liberamente i loro introiti sul conto corrente per acquistare una casa dove vivere o per pagare gli studi ai figli senza rischiare pesanti controlli e conseguenti sanzioni.
Secondo il Codacons, il giro d'affari è importante: mediamente la spesa dei clienti abituali è pari a 110 euro al mese. Va tuttavia sottolineato che i costi delle prestazioni sono assai diversificati a seconda del servizio: per una accompagnatrice (escort, in inglese), ad esempio, si arriva a pagare anche 500 euro per poche ore di prestazione, poiché il servizio è più ampio e include anche la possibilità di dover far presenza a feste, eventi o cene al ristorante. Costi che scendono a 30 euro in caso di prestazioni rapide consumate in strada.
Ma il vero e proprio boom riguarda la prostituzione via web: l'offerta si è spostata cioè sempre più dalle strade agli schermi dei pc, attraverso siti privati, pagine web, portali con annunci specializzati, ecc., dove escort e prostitute pubblicizzano i propri servizi raggiungendo un bacino di utenza sempre più esteso.
C'è poi il fenomeno delle cam girl, ragazze, generalmente di età inferiore ai 40 anni, che pur non praticando la prostituzione attraverso il contatto fisico con i clienti, mostrano il proprio corpo nudo attraverso una web cam. In questo caso non si tratta di prostituzione, ma di qualcosa più simile a spogliarelliste via web: il Codacons ha contato circa 18.000 operatrici. Alcune di queste, non tutte, sbarcano il lunario ricorrendo anche al più antico lavoro del mondo. Insomma, un altro gruppo di persone che non paga le tasse come dovrebbe.
Ad ogni modo non è così semplice regolarizzare la prostituzione. Sono in molti a ritenere che, anche con una legge ad hoc come quella che da tempo vorrebbe la Lega, il livello di evasione rimarrebbe comunque elevato perché molti continuerebbero a evadere, esattamente come avviene per lavori già oggi considerati leciti. Basti vedere l'esempio di tutti i liberi professionisti, spesso coloro che dichiarano meno del dovuto. Se non altro, però, il degrado di certe strade della prostituzione verrebbe meno e questo sarebbe di certo un miglioramento.
Gianluca Baldini
«La prostituzione non è come il lavoro autonomo»
Negli anni Novanta una richiesta di riforma della legge Merlin arrivò persino dalla Democrazia cristiana, ma non è mai cambiato nulla. Così la politica italiana continua da anni a dibattere sull'opportunità o meno di riaprire le case chiuse o in ogni caso regolamentare la prostituzione. Nelle ultime settimane è tornata a farne un suo cavallo di battaglia la Lega del vicepremier Matteo Salvini. Sono stati presentati due disegni di legge a Montecitorio e a palazzo Madama. Al Senato tra i firmatati c'è anche il fondatore Umberto Bossi che già nel 2001 tentò di far approvare una riforma della legge Merlin con l'ex leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini. Altri tempi. Eppure il tema della depenalizzazione della prostituzione ritorna sempre, senza però trovare uno spiraglio. Anche perché l'Italia è divisa, tra chi vorrebbe adottare il modello del nord europa, dove viene colpita la domanda, mentre c'è chi vorrebbe legalizzare l'offerta. Soprattutto c'è chi vorrebbe tassare il lavoro più antico del mondo, ma il disegno di legge leghista presenta ancora lacune sull'argomento.
Non solo. Il tema non è tra i punti del programma di governo, per questo motivo la Lega farebbe fatica a trovare i voti tra i 5 Stelle. Il disegno di legge della Lega, punta soprattutto a colpire lo sfruttamento, perché «l'espansione del fenomeno della prostituzione ha di fronte, accanto a donne che si prostituiscono per libera scelta, una grande maggioranza di giovani donne e addirittura in certi casi di bambine, per lo più provenienti da Paesi africani o comunque da Paesi meno sviluppati economicamente, quali la vicina Albania, Paesi dell'Est Europa e la Russia, legate a organizzazioni criminali che le sfruttano». Scrivono i senatori leghisti, «Si tratta di ragazze, introdotte molto spesso clandestinamente nel nostro Paese con l'illusione di un lavoro, per ritrovarsi, poi, a essere sottoposte a uno status di vera e propria schiavitù e costrette all'esercizio della prostituzione con gravi violazioni dei loro diritti e forti limitazioni della loro libertà personale. Sono quindi le condizioni di indigenza che spesso consentono il perpetrarsi di situazioni di evidente illegalità, prive di qualsiasi forma di regolamentazione».
Per questo motivo il Carroccio salviniano ritiene opportuno regolamentare l'esercizio della prostituzione per avere un controllo da parte dello Stato. In pratica la Lega vuole togliere dalle strade le prostitute e trovare un modo per organizzare case chiuse controllate dalla prefettura e che non possano danneggiare altri appartamenti privati intorno. «È inoltre necessario approssimare interventi di carattere sanitario e preventivo in funzione di tutela della salute pubblica». Si legge ancora. «Al contempo è necessario combattere alcuni aspetti preoccupanti del fenomeno, che sono legati all'ostentazione oscena lungo le nostre strade e che portano alle proteste della società civile, sempre più esasperata dal degrado ambientale ed esposta ai pericoli derivanti dallo sfruttamento della prostituzione da parte della criminalità organizzata. Conseguentemente gli interventi della legge dovrebbero essere «finalizzati soprattutto alla tutela della sicurezza pubblica, della salute pubblica e alla salvaguardia della moralità pubblica».
In pratica il progetto della Lega è vietare l'esercizio della prostituzione in luoghi pubblici e introdurre in l'esercizio in nuove case chiuse in comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti. Altre disposizioni? Multe per reati commessi da cittadini extra Unione Europea, con revoca del permesso di soggiorno. Infine la parte fiscale. «Per quanto concerne la disposizione fiscale di cui all'articolo 11, la formulazione proposta, nonostante si comprenda la difficoltà di sottoporre a tassazione l'esercizio della prostituzione che, per quanto regolamentato, non è così facilmente assimilabile a una qualunque attività di lavoro autonomo, pare essere la più rispondente tanto alla salvaguardia della privacy quanto al rispetto di criteri di equità sociale che non possono essere ignorati». Insomma una soluzione sul rientro del nero ancora non esiste.
Alessandro Da Rold
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In Italia la fonte legislativa principale è la legge Merlin, che nel 1958 ha vietato le case di tolleranza. I primi Paesi a fare scuola sono stati quelli del Nord Europa. L'idea era quella di punire solo il cliente.Il boom riguarda il Web attraverso siti privati, portali con annunci specializzati, dove le escort pubblicizzano i propri servizi raggiungendo un bacino di utenza sempre più esteso. Dal 2008 al 2018, in piena crisi economica, il fatturato è cresciuto del 25%.Il Carroccio vuole togliere l'attività dalle strade e trovare un modo per organizzare case chiuse controllate dalla prefettura con controlli sanitari e pene severe. Ma le lavoratrici non sarebbero considerate autonome...Lo speciale contiene tre articoliPaese che vai, prostituzione che trovi. Nel Vecchio Continente e, più in generale, a livello globale, ci sono sostanzialmente tre approcci all'esercizio del più antico lavoro del mondo. In Italia, ad esempio c'è l'abolizionismo: la prostituzione è lecita, ma le attività organizzate come favoreggiamento e sfruttamento sono illegali. Ci sono poi Paesi in cui è completamente legale e regolamentata e quelli in cui è considerata un crimine e come tale punisce chi ne fa uso.I primi Paesi a fare scuola sono stati quelli del Nord Europa. L'idea era quella di punire il cliente e non la prostituta. Nel 1999 la Svezia divenne la prima nazione a introdurre delle pene per chi usufruisce di prestazioni sessuali a pagamento, senza però prevedere sanzioni per chi si prostituisce. Leggermente diverso l'atteggiamento in Slovenia dove la prostituzione di strada è illegale ma l'esercizio di case chiuse è stata depenalizzato nel 2003.Il cosiddetto modello nordico è stato poi adottato da Norvegia, Islanda, Irlanda, Croazia, Francia (dal primo febbraio 2019), Inghilterra, Spagna e Portogallo. In Italia la fonte legislativa principale è la legge Merlin, che nel 1958 ha vietato le case di tolleranza. La prostituzione su strada non viene proibita, mentre viene punito lo sfruttamento o il favoreggiamento.In Germania la prostituzione è invece perfettamente legale ed esistono anche apposite app per trovare le prostitute più vicine della zona, confrontare i prezzi e scegliere la migliore lavoratrice sessuale. Nel 2002 il governo ha modificato la legge sull'esercizio della prostituzione, nel tentativo di migliorare la situazione giuridica delle prostitute.La situazione tedesca, forse però meno pubblicizzata, è simile a quella olandese. Ad Amsterdam e dintorni, la prostituzione non è mai stata perseguibile penalmente. Nel 2000 è stato fatto un ulteriore passo avanti e sono stati legalizzate anche le case chiuse, dichiarate fuori legge nel 1911 per evitare lo sfruttamento o la coercizione delle lavoratrici. Un altro Paese dove l'industria del sesso è florida e regolamentata è l'Ungheria. La prostituzione in questa nazione è stata legalizzata e regolamentata a partire dal 1999. Secondo la legge ungherese, le prostitute sono fondamentalmente professioniste che s'impegnano in attività sessuali in cambio di denaro; il governo permette quest'attività fintanto che si pagano le tasse e vengono mantenuti aggiornati i documenti. In pratica la maggior parte dei Paesi europei mira a punire i clienti e non chi esercita la prostituzione, una professione che di fatto è ritenuta illecita e non regolamentata. In due parole: si "chiude un occhio", ma non si fa nulla di concreto per dare regole certe. Così mentre Paesi come Germania, Ungheria e Olanda (ma anche la Svizzera, ad esempio) sfruttano e allo stesso tempo proteggono le prostitute, altri, come l'Italia, fanno poco o nulla e lascia che l'illegalità (evasione fiscale in primis) la faccia da padrone. Gianluca Baldini<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tassare-la-prostituzione-gettito-da-piu-di-un-miliardo-di-euro-ma-la-proposta-della-lega-resta-vaga-2628777191.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nel-periodo-della-crisi-economica-2007-2014-il-fatturato-della-prostituzione-e-cresciuto-del-258" data-post-id="2628777191" data-published-at="1765643788" data-use-pagination="False"> Nel periodo della crisi economica (2007-2014) il fatturato della prostituzione è cresciuto del 25,8% Secondo la commissione Affari sociali della Camera, le 70.000 prostitute italiane, con i loro nove milioni di clienti, muoverebbero affari per 5 miliardi di euro. Un fatturato che, secondo la sentenza 22413 emessa dalla Cassazione nel 2016, va dichiarato e su cui pertanto vanno pagate le tasse. Quanto? Difficile dirlo. Ma, se si stimasse una tassazione tra il 15 e il 20% il gettito stimato, potrebbe superare il miliardo di euro.Del resto è un tema vecchio come il mondo. Si può essere d'accordo o meno con chi decide di vendere il proprio corpo per soldi, ma resta un fatto che in Italia (e all'estero) l'esercizio della prostituzione rappresenti ormai una vera e propria industria. Un mondo costituito da numeri importanti che non possono essere ignorati. Secondo una ricerca del Codacons, nel periodo della crisi economica (2007-2014) il fatturato della prostituzione è cresciuto del 25,8% mentre il numero di soggetti dediti al meretricio è aumentato del 28,5%. Negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva riduzione del numero di prostitute che operano in strada, la cui percentuale rappresenta tuttavia ancora la fetta più consistente, pari al 60% del totale. Da contraltare si registra una forte crescita nel numero di lucciole che decidono di lavorare in casa o altre strutture non all'aperto (40%). Della totalità delle prostitute operanti nel nostro paese, il 10% è minorenne, mentre il 55% è costituito da ragazze straniere, provenienti principalmente dai paesi dell'Europa dell'Est (Romania, Bulgaria, Ucraina) e dall'Africa (Nigeria in testa).Tutte persone che, una volta regolarizzate, garantirebbero un maggior gettito fiscale e avrebbero più vantaggi a livello sanitario, oltre a poter dedurre fiscalmente i costi della professione: preservativi, pubblicità online e il canone d'affitto di una stanza in cui operare. Senza considerare che, così facendo potrebbero accedere a contributi previdenziali e avrebbero la possibilità di depositare liberamente i loro introiti sul conto corrente per acquistare una casa dove vivere o per pagare gli studi ai figli senza rischiare pesanti controlli e conseguenti sanzioni.Secondo il Codacons, il giro d'affari è importante: mediamente la spesa dei clienti abituali è pari a 110 euro al mese. Va tuttavia sottolineato che i costi delle prestazioni sono assai diversificati a seconda del servizio: per una accompagnatrice (escort, in inglese), ad esempio, si arriva a pagare anche 500 euro per poche ore di prestazione, poiché il servizio è più ampio e include anche la possibilità di dover far presenza a feste, eventi o cene al ristorante. Costi che scendono a 30 euro in caso di prestazioni rapide consumate in strada. Ma il vero e proprio boom riguarda la prostituzione via web: l'offerta si è spostata cioè sempre più dalle strade agli schermi dei pc, attraverso siti privati, pagine web, portali con annunci specializzati, ecc., dove escort e prostitute pubblicizzano i propri servizi raggiungendo un bacino di utenza sempre più esteso.C'è poi il fenomeno delle cam girl, ragazze, generalmente di età inferiore ai 40 anni, che pur non praticando la prostituzione attraverso il contatto fisico con i clienti, mostrano il proprio corpo nudo attraverso una web cam. In questo caso non si tratta di prostituzione, ma di qualcosa più simile a spogliarelliste via web: il Codacons ha contato circa 18.000 operatrici. Alcune di queste, non tutte, sbarcano il lunario ricorrendo anche al più antico lavoro del mondo. Insomma, un altro gruppo di persone che non paga le tasse come dovrebbe. Ad ogni modo non è così semplice regolarizzare la prostituzione. Sono in molti a ritenere che, anche con una legge ad hoc come quella che da tempo vorrebbe la Lega, il livello di evasione rimarrebbe comunque elevato perché molti continuerebbero a evadere, esattamente come avviene per lavori già oggi considerati leciti. Basti vedere l'esempio di tutti i liberi professionisti, spesso coloro che dichiarano meno del dovuto. Se non altro, però, il degrado di certe strade della prostituzione verrebbe meno e questo sarebbe di certo un miglioramento. Gianluca Baldini <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tassare-la-prostituzione-gettito-da-piu-di-un-miliardo-di-euro-ma-la-proposta-della-lega-resta-vaga-2628777191.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="la-prostituzione-non-e-come-il-lavoro-autonomo" data-post-id="2628777191" data-published-at="1765643788" data-use-pagination="False"> «La prostituzione non è come il lavoro autonomo» Negli anni Novanta una richiesta di riforma della legge Merlin arrivò persino dalla Democrazia cristiana, ma non è mai cambiato nulla. Così la politica italiana continua da anni a dibattere sull'opportunità o meno di riaprire le case chiuse o in ogni caso regolamentare la prostituzione. Nelle ultime settimane è tornata a farne un suo cavallo di battaglia la Lega del vicepremier Matteo Salvini. Sono stati presentati due disegni di legge a Montecitorio e a palazzo Madama. Al Senato tra i firmatati c'è anche il fondatore Umberto Bossi che già nel 2001 tentò di far approvare una riforma della legge Merlin con l'ex leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini. Altri tempi. Eppure il tema della depenalizzazione della prostituzione ritorna sempre, senza però trovare uno spiraglio. Anche perché l'Italia è divisa, tra chi vorrebbe adottare il modello del nord europa, dove viene colpita la domanda, mentre c'è chi vorrebbe legalizzare l'offerta. Soprattutto c'è chi vorrebbe tassare il lavoro più antico del mondo, ma il disegno di legge leghista presenta ancora lacune sull'argomento. Non solo. Il tema non è tra i punti del programma di governo, per questo motivo la Lega farebbe fatica a trovare i voti tra i 5 Stelle. Il disegno di legge della Lega, punta soprattutto a colpire lo sfruttamento, perché «l'espansione del fenomeno della prostituzione ha di fronte, accanto a donne che si prostituiscono per libera scelta, una grande maggioranza di giovani donne e addirittura in certi casi di bambine, per lo più provenienti da Paesi africani o comunque da Paesi meno sviluppati economicamente, quali la vicina Albania, Paesi dell'Est Europa e la Russia, legate a organizzazioni criminali che le sfruttano». Scrivono i senatori leghisti, «Si tratta di ragazze, introdotte molto spesso clandestinamente nel nostro Paese con l'illusione di un lavoro, per ritrovarsi, poi, a essere sottoposte a uno status di vera e propria schiavitù e costrette all'esercizio della prostituzione con gravi violazioni dei loro diritti e forti limitazioni della loro libertà personale. Sono quindi le condizioni di indigenza che spesso consentono il perpetrarsi di situazioni di evidente illegalità, prive di qualsiasi forma di regolamentazione». Per questo motivo il Carroccio salviniano ritiene opportuno regolamentare l'esercizio della prostituzione per avere un controllo da parte dello Stato. In pratica la Lega vuole togliere dalle strade le prostitute e trovare un modo per organizzare case chiuse controllate dalla prefettura e che non possano danneggiare altri appartamenti privati intorno. «È inoltre necessario approssimare interventi di carattere sanitario e preventivo in funzione di tutela della salute pubblica». Si legge ancora. «Al contempo è necessario combattere alcuni aspetti preoccupanti del fenomeno, che sono legati all'ostentazione oscena lungo le nostre strade e che portano alle proteste della società civile, sempre più esasperata dal degrado ambientale ed esposta ai pericoli derivanti dallo sfruttamento della prostituzione da parte della criminalità organizzata. Conseguentemente gli interventi della legge dovrebbero essere «finalizzati soprattutto alla tutela della sicurezza pubblica, della salute pubblica e alla salvaguardia della moralità pubblica». In pratica il progetto della Lega è vietare l'esercizio della prostituzione in luoghi pubblici e introdurre in l'esercizio in nuove case chiuse in comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti. Altre disposizioni? Multe per reati commessi da cittadini extra Unione Europea, con revoca del permesso di soggiorno. Infine la parte fiscale. «Per quanto concerne la disposizione fiscale di cui all'articolo 11, la formulazione proposta, nonostante si comprenda la difficoltà di sottoporre a tassazione l'esercizio della prostituzione che, per quanto regolamentato, non è così facilmente assimilabile a una qualunque attività di lavoro autonomo, pare essere la più rispondente tanto alla salvaguardia della privacy quanto al rispetto di criteri di equità sociale che non possono essere ignorati». Insomma una soluzione sul rientro del nero ancora non esiste. Alessandro Da Rold
Nel riquadro, l'attivista Blm Tashella Sheri Amore Dickerson (Ansa)
Tashella Sheri Amore Dickerson, 52 anni, storica leader di Black lives matter a Oklaoma City è stata accusata da un Gran giurì federale di frode telematica e riciclaggio di denaro. Secondo i risultati di un’indagine condotta dall’Fbi di Oklahoma City e dall’Irs-Criminal Investigation e affidata procuratori aggiunti degli Stati Uniti Matt Dillon e Jessica L. Perry, Dickerson si sarebbe appropriata di oltre 3 milioni di dollari di fondi raccolti e destinati al pagamento delle cauzioni degli attivisti arrestati e li avrebbe investiti in immobili e spesi per vacanze e spese personali. Il 3 dicembre 2025, un Gran giurì federale ha emesso nei confronti dell’attivista un atto d’accusa di 25 capi, di cui 20 di frode telematica e cinque di riciclaggio di denaro. Per ogni accusa di frode telematica, Dickerson rischia fino a 20 anni di carcere federale e una multa fino a 250.000 dollari. Per ogni accusa di riciclaggio di denaro, l’attivista rischia fino a dieci anni di carcere e una multa fino a 250.000 dollari o il doppio dell’importo della proprietà di derivazione penale coinvolta nella transazione. Secondo gli inquirenti, a partire almeno dal 2016, Dickerson è stata direttore esecutivo di Black lives matter Okc (Blmokc). Grazie a quel ruolo Dickerson aveva accesso ai conti bancari, PayPal e Cash App di Blmokc.
L’atto d’accusa, la cui sintesi è stata resa nota dalle autorità federali, sostiene che, sebbene Blmokc non fosse un’organizzazione esente da imposte registrata ai sensi della sezione 501(c)(3) dell’Internal revenue code (la legge tributaria federale americana), accettava donazioni di beneficenza attraverso la sua affiliazione con l’Alliance for global justice (Afgj), con sede in Arizona. L’Afgj fungeva da sponsor fiscale per Blmokc, alla quale imponeva di utilizzare i suoi fondi solo nei limiti consentiti dalla sezione 501(c)(3). L’Afgj richiedeva inoltre a Blmokc di rendere conto, su richiesta, dell’erogazione di tutti i fondi ricevuti e vietava a Blmokc di utilizzare i suoi fondi per acquistare immobili senza il consenso dell’Afgj.
A partire dalla tarda primavera del 2020, Blmokc ha raccolto fondi per sostenere la sua presunta missione di giustizia sociale da donatori online e da fondi nazionali per le cauzioni. In totale, Blmokc ha raccolto oltre 5,6 milioni di dollari, inclusi finanziamenti da fondi nazionali per le cauzioni, tra cui il Community Justice Exchange, il Massachusetts Bail Fund e il Minnesota Freedom Fund. La maggior parte di questi fondi è stata indirizzata a Blmokc tramite Afgj, in qualità di sponsor fiscale.
Secondo l’atto d’accusa, il Blmokc avrebbe dovuto utilizzare queste sovvenzioni del fondo nazionale per le cauzioni per pagare la cauzione preventiva per le persone arrestate in relazione alle proteste per la giustizia razziale dopo la morte di George Floyd. Quando i fondi per le cauzioni venivano restituiti al Blmokc, i fondi nazionali per le cauzioni talvolta consentivano al Blmokc di trattenere tutto o parte del finanziamento della sovvenzione per istituire un fondo rotativo per le cauzioni, o per la missione di giustizia sociale del Blmokc, come consentito dalla Sezione 501(c)(3).
Nonostante lo scopo dichiarato del denaro raccolto e i termini e le condizioni delle sovvenzioni, l’atto d’accusa sostiene che a partire da giugno 2020 e almeno fino a ottobre 2025, Dickerson si è appropriata di fondi dai conti di Blmokc a proprio vantaggio personale. L’atto d’accusa sostiene che Dickerson abbia depositato almeno 3,15 milioni di dollari in assegni di cauzione restituiti sui suoi conti personali, anziché sui conti di Blmokc. Tra le altre cose, Dickerson avrebbe poi utilizzato questi fondi per pagare: viaggi ricreativi in Giamaica e nella Repubblica Dominicana per sé e i suoi soci; decine di migliaia di dollari in acquisti al dettaglio; almeno 50.000 dollari in consegne di cibo e generi alimentari per sé e i suoi figli; un veicolo personale registrato a suo nome; sei proprietà immobiliari a Oklahoma City intestate a suo nome o a nome di Equity International, Llc, un’entità da lei controllata in esclusiva. L’atto d’accusa sostiene inoltre che Dickerson abbia utilizzato comunicazioni interstatali via cavo per presentare due false relazioni annuali all’Afgj per conto del Blmokc. Dickerson ha dichiarato di aver utilizzato i fondi del Blmokc solo per scopi esenti da imposte. Non ha rivelato di aver utilizzato i fondi per il proprio tornaconto personale.
Tre anni fa una vicenda simile aveva travolto la cofondatrice di Black lives matter Patrisse Cullors, anche lei accusata di aver utilizzato i fondi donati per beneficenza al movimento per pagare incredibili somme di denaro a suo fratello e al padre di suo figlio per vari «servizi». Secondo le ricostruzioni del 2022, Paul Cullors, fratello di Patrisse, ha ricevuto 840.000 dollari sul suo conto corrente per aver presumibilmente fornito servizi di sicurezza al movimento, secondo i documenti fiscali visionati dal New York Post. Nel frattempo, l’organizzazione ha pagato una società di proprietà di Damon Turner, padre del figlio di Patrisse Cullors, quasi 970.000 dollari per aiutare a «produrre eventi dal vivo» e altri «servizi creativi». Notizie che, all’epoca, avevano provocato non pochi malumori, alimentate anche dal fatto che la Cullors si professava marxista e sosteneva di combattere per gli oppressi e le ingiustizie sociali.
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Riduci
Francesca Albanese (Ansa)
Rispetto a due mesi fa, la percentuale degli sfiduciati è cresciuta di 16 punti mentre quella di coloro che si fidano è scesa di 9. Il 42% degli intervistati, maggiorenni e residenti in Italia, dichiara di non conoscere la relatrice pasionaria o di non avere giudizi da esprimere, il che forse è quasi peggio: avvolta dalla sfiducia e dall’indifferenza.
Il 53% degli elettori di centrodestra non si fida dell’Albanese, e questo era un dato diciamo scontato, ma fa riflettere che la giurista irpina abbia perso credibilità per il 47% di coloro che votano Pd. Appena il 34% degli elettori dem oggi si fida della relatrice Onu, sotto sanzioni da parte di Washington e accusata da Israele di ostilità strutturale. La sinistra, dunque, non si limita ad essere in disaccordo al suo interno se rilasciare o meno la cittadinanza onoraria alla pro Pal. Sta dicendo che non la sostiene più.
«I cattivi maestri di sinistra non piacciono agli italiani», ha subito postato su X il partito della premier Giorgia Meloni, che sempre secondo il sondaggio Youtrend sarebbe la più convincente per il 48% degli italiani in un ipotetico dibattito assieme a Giuseppe Conte ed Elly Schlein.
Tramonta dunque l’astro effimero di Albanese, spacciata per l’eroina progressista che condanna la violenza sui palestinesi mentre la giustifica a casa nostra. L’assalto alla redazione della Stampa doveva e deve servire «da monito alla stampa», ha dichiarato la relatrice Onu, confermando la pericolosità del suo attivismo politico.
Eppure ha continuato a essere invitata per esporre le sue idee anti Israele, e non solo. In alcune scuole della Toscana avrebbe «ripetuto i suoi soliti mantra, sostenendo che il governo Meloni sia composto da fascisti e complice di un genocidio, accusando Leonardo di essere una azienda criminale e arrivando persino a incitare gli studenti ad occupare le scuole, di fatto, incitando dei minorenni a commettere reati sanzionati dal codice penale», hanno scritto Matteo Bagnoli capogruppo di Fratelli d’Italia al Comune di Pontedera e Christian Nannipieri responsabile di Gioventù nazionale Pontedera.
La mossa successiva è stata un’interrogazione presentata da Alessandro Amorese, capogruppo di Fdi alla commissione Istruzione della Camera alla quale ha prontamente risposto il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, chiedendo agli organi competenti di avviare una immediata ispezione per verificare quanto accaduto in alcune scuole in Toscana.
Secondo l’interrogazione, anche una classe della seconda media dell’Istituto Comprensivo Massa 6 avrebbe partecipato ad un incontro proposto dalla rete di insegnanti Docenti per Gaza, con Francesca Albanese che esponeva le tematiche del suo libro Quando il mondo dorme. Storie, parole e ferite dalla Palestina.
Non solo, con una nuova circolare inviata alle scuole sul tema manifestazioni ed eventi pubblici all’interno delle istituzioni scolastiche, il ministro ribadisce l’esigenza che la scelta di ospiti e relatori sia «volta a garantire il confronto tra posizioni diverse e pluraliste al fine di consentire agli studenti di acquisire una conoscenza approfondita dei temi trattati e sviluppare il pensiero critico».
Una raccomandazione necessaria, alla luce anche di quanto stanno sostenendo i docenti del liceo Montale di Pontedera che in una nota hanno definito «attività formativa» la presentazione online del libro di Albanese ad alcune classi. «Un’iniziativa organizzata su scala nazionale nell’ambito delle attività di educazione alla cittadinanza globale, come previsto dal curriculum di Educazione civica d’istituto […] nel quadro delle iniziative promosse dalla scuola per favorire la partecipazione democratica, la conoscenza delle istituzioni internazionali e il dialogo tra studenti e professionisti impegnati in contesti globali», scrivono. Senza contraddittorio, le posizioni pro Pal e anti governo Meloni della relatrice Onu non sono «partecipazione democratica».
Incredibilmente, però, due giorni fa la relatrice è comparsa accanto a Tucker Carlson, il giornalista e scrittore tra i creatori dell’universo Maga, che gestisce la Tucker Carlson Network dopo aver lasciato Fox News. Intervistata, ha detto che gli Stati Uniti l’hanno sanzionata a causa del suo dettagliato resoconto sulle politiche genocide di Israele contro i palestinesi. «Una penna, questa è la mia sola arma», si è difesa Albanese raccontando che il suo rapporto con Washington sarebbe cambiato bruscamente dopo che ha iniziato a documentare come le aziende statunitensi non solo stavano consentendo le azioni di Israele a Gaza, ma traendo profitto da esse.
«Tucker sta promuovendo le opinioni di una donna sottoposta a sanzioni da parte degli Stati Uniti per aver preso di mira gli americani», ha protestato su X l’American Israel public affairs committee (Aipac), il più importante gruppo di pressione filo israeliano degli Stati Uniti. Ma c’è anche chi non si sorprende perché Carlson avrebbe cambiato opinione su Israele negli ultimi mesi, criticando l’amministrazione Trump per il supporto incondizionato dato allo Stato ebraico così come fa la sinistra antisionista.
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Kaja Kallas (Ansa)
Kallas è il falco della Commissione, quando si tratta di Russia, e tiene a rimarcarlo. A proposito dei fondi russi depositati presso Euroclear, l’estone dice nell’intervista che il Belgio non deve temere una eventuale azione di responsabilità da parte della Russia, perché «se davvero la Russia ricorresse in tribunale per ottenere il rilascio di questi asset o per affermare che la decisione non è conforme al diritto internazionale, allora dovrebbe rivolgersi all’Ue, quindi tutti condivideremmo l’onere».
In pratica, cioè, l’interpretazione piuttosto avventurosa di Kallas è che tutti gli Stati membri sarebbero responsabili in solido con il Belgio se Mosca dovesse ottenere ragione da qualche tribunale sul sequestro e l’utilizzo dei suoi fondi.
Tribunale sui cui l’intervistata è scettica: «A quale tribunale si rivolgerebbe (Putin, ndr)? E quale tribunale deciderebbe, dopo le distruzioni causate in Ucraina, che i soldi debbano essere restituiti alla Russia senza che abbia pagato le riparazioni?». Qui l’alto rappresentante prefigura uno scenario, quello del pagamento delle riparazioni di guerra, che non ha molte chance di vedere realizzato.
All’intervistatore che chiede perché per finanziare la guerra non si usino gli eurobond, cioè un debito comune europeo, Kallas risponde: «Io ho sostenuto gli eurobond, ma c’è stato un chiaro blocco da parte dei Paesi Frugali, che hanno detto che non possono farlo approvare dai loro Parlamenti». È ovvio. La Germania e i suoi satelliti del Nord Europa non vogliano cedere su una questione sulla quale non hanno mai ceduto e per la quale, peraltro, occorre una modifica dei trattati su cui serve l’unanimità e la ratifica poi di tutti i parlamenti. Con il vento politico di destra che soffia in tutta Europa, con Afd oltre il 25% in Germania, è una opzione politicamente impraticabile. Dire eurobond significa gettare la palla in tribuna.
In merito all’adesione dell’Ucraina all’Unione europea già nel 2027, come vorrebbe il piano di pace americano, Kallas se la cava con lunghe perifrasi evitando di prendere posizione. Secondo l’estone, l’adesione all’Ue è una questione di merito e devono decidere gli Stati membri. Ma nel piano questo punto è importante e sembra difficile che venga accantonato.
Kallas poi reclama a gran voce un posto per l’Unione al tavolo della pace: «Il piano deve essere tra Russia e Ucraina. E quando si tratta dell’architettura di sicurezza europea, noi dobbiamo avere voce in capitolo. I confini non possono essere cambiati con la forza. Non ci dovrebbero essere concessioni territoriali né riconoscimento dell’occupazione». Ma lo stesso Zelensky sembra ormai convinto che almeno un referendum sulla questione del Donbass sia possibile. Insomma, Kallas resta oltranzista ma i fatti l’hanno già superata.
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Carlo Messina all'inaugurazione dell'Anno Accademico della Luiss (Ansa)
La domanda è retorica, provocatoria e risuona in aula magna come un monito ad alzare lo sguardo, a non limitarsi a contare i droni e limare i mirini, perché la risposta è un’altra. «In Europa abbiamo più poveri e disuguaglianza di quelli che sono i rischi potenziali che derivano da una minaccia reale, e non percepita o teorica, di una guerra». Un discorso ecumenico, realistico, che evoca l’immagine dell’esercito più dolente e sfinito, quello di chi lotta per uscire dalla povertà. «Perché è vero che riguardo a welfare e democrazia non c’è al mondo luogo comparabile all’Europa, ma siamo deboli se investiamo sulla difesa e non contro la povertà e le disuguaglianze».
Le parole non scivolano via ma si fermano a suggerire riflessioni. Perché è importante che un finanziere - anzi colui che per il 2024 è stato premiato come banchiere europeo dell’anno - abbia un approccio sociale più solido e lungimirante delle istituzioni sovranazionali deputate. E lo dimostri proprio nelle settimane in cui sentiamo avvicinarsi i tamburi di Bruxelles con uscite guerrafondaie come «resisteremo più di Putin», «per la guerra non abbiamo fatto abbastanza» (Kaja Kallas, Alto rappresentante per la politica estera) o «se vogliamo evitare la guerra dobbiamo preparaci alla guerra», «dobbiamo produrre più armi, come abbiamo fatto con i vaccini» (Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea).
Una divergenza formidabile. La conferma plastica che l’Europa dei diritti, nella quale ogni minoranza possibile viene tutelata, si sta dimenticando di salvaguardare quelli dei cittadini comuni che alzandosi al mattino non hanno come priorità la misura dell’elmetto rispetto alla circonferenza cranica, ma il lavoro, la famiglia, il destino dei figli e la difesa dei valori primari. Il ceo di Banca Intesa ricorda che il suo gruppo ha destinato 1,5 miliardi per combattere la povertà, sottolinea che la grande forza del nostro Paese sta «nel formidabile mondo delle imprese e nel risparmio delle famiglie, senza eguali in Europa». E sprona le altre grandi aziende: «In Italia non possiamo aspettarci che faccia tutto il governo, se ci sono aziende che fanno utili potrebbero destinarne una parte per intervenire sulle disuguaglianze. Ogni azienda dovrebbe anche lavorare perché i salari vengano aumentati. Sono uno dei punti di debolezza del nostro Paese e aumentarli è una priorità strategica».
Con l’Europa Carlo Messina non ha finito. Parlando di imprenditoria e di catene di comando, coglie l’occasione per toccare in altro nervo scoperto, perfino più strutturale dell’innamoramento bellicista. «Se un’azienda fosse condotta con meccanismi di governance come quelli dell’Unione Europea fallirebbe». Un autentico missile Tomahawk diretto alla burocrazia continentale, a quei «nani di Zurigo» (copyright Woodrow Wilson) trasferitisi a Bruxelles. La spiegazione è evidente. «Per competere in un contesto globale serve un cambio di passo. Quella europea è una governance che non si vede in nessun Paese del mondo e in nessuna azienda. Perché è incapace di prendere decisioni rapide e quando le prende c’è lentezza nella realizzazione. Oppure non incidono realmente sulle cose che servono all’Europa».
Il banchiere è favorevole a un ministero dell’Economia unico e ritiene che il vincolo dell’unanimità debba essere tolto. «Abbiamo creato una banca centrale che gestisce la moneta di Paesi che devono decidere all’unanimità. Questo è uno degli aspetti drammatici». Ma per uno Stato sovrano che aderisce al club dei 27 è anche l’unica garanzia di non dover sottostare all’arroganza (già ampiamente sperimentata) di Francia e Germania, che trarrebbero vantaggi ancora più consistenti senza quel freno procedurale.
Il richiamo a efficienza e rapidità riguarda anche l’inadeguatezza del burosauro e riecheggia la famosa battuta di Franz Joseph Strauss: «I 10 comandamenti contengono 279 parole, la dichiarazione americana d’indipendenza 300, la disposizione Ue sull’importazione di caramelle esattamente 25.911». Un esempio di questa settimana. A causa della superfetazione di tavoli e di passaggi, l’accordo del Consiglio Affari interni Ue sui rimpatri dei migranti irregolari e sulla liceità degli hub in Paesi terzi (recepito anche dal Consiglio d’Europa) entrerà in vigore non fra 60 giorni o 6 mesi, ma se va bene fra un anno e mezzo. Campa cavallo.
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