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2019-02-13
Il business delle prostitute è anticiclico. La Lega vuole tassarlo, ma non sa come
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Paese che vai, prostituzione che trovi. Nel Vecchio Continente e, più in generale, a livello globale, ci sono sostanzialmente tre approcci all'esercizio del più antico lavoro del mondo. In Italia, ad esempio c'è l'abolizionismo: la prostituzione è lecita, ma le attività organizzate come favoreggiamento e sfruttamento sono illegali. Ci sono poi Paesi in cui è completamente legale e regolamentata e quelli in cui è considerata un crimine e come tale punisce chi ne fa uso.
I primi Paesi a fare scuola sono stati quelli del Nord Europa. L'idea era quella di punire il cliente e non la prostituta. Nel 1999 la Svezia divenne la prima nazione a introdurre delle pene per chi usufruisce di prestazioni sessuali a pagamento, senza però prevedere sanzioni per chi si prostituisce. Leggermente diverso l'atteggiamento in Slovenia dove la prostituzione di strada è illegale ma l'esercizio di case chiuse è stata depenalizzato nel 2003.
Il cosiddetto modello nordico è stato poi adottato da Norvegia, Islanda, Irlanda, Croazia, Francia (dal primo febbraio 2019), Inghilterra, Spagna e Portogallo.
In Italia la fonte legislativa principale è la legge Merlin, che nel 1958 ha vietato le case di tolleranza. La prostituzione su strada non viene proibita, mentre viene punito lo sfruttamento o il favoreggiamento.
In Germania la prostituzione è invece perfettamente legale ed esistono anche apposite app per trovare le prostitute più vicine della zona, confrontare i prezzi e scegliere la migliore lavoratrice sessuale. Nel 2002 il governo ha modificato la legge sull'esercizio della prostituzione, nel tentativo di migliorare la situazione giuridica delle prostitute.
La situazione tedesca, forse però meno pubblicizzata, è simile a quella olandese. Ad Amsterdam e dintorni, la prostituzione non è mai stata perseguibile penalmente. Nel 2000 è stato fatto un ulteriore passo avanti e sono stati legalizzate anche le case chiuse, dichiarate fuori legge nel 1911 per evitare lo sfruttamento o la coercizione delle lavoratrici.
Un altro Paese dove l'industria del sesso è florida e regolamentata è l'Ungheria. La prostituzione in questa nazione è stata legalizzata e regolamentata a partire dal 1999. Secondo la legge ungherese, le prostitute sono fondamentalmente professioniste che s'impegnano in attività sessuali in cambio di denaro; il governo permette quest'attività fintanto che si pagano le tasse e vengono mantenuti aggiornati i documenti.
In pratica la maggior parte dei Paesi europei mira a punire i clienti e non chi esercita la prostituzione, una professione che di fatto è ritenuta illecita e non regolamentata. In due parole: si "chiude un occhio", ma non si fa nulla di concreto per dare regole certe.
Così mentre Paesi come Germania, Ungheria e Olanda (ma anche la Svizzera, ad esempio) sfruttano e allo stesso tempo proteggono le prostitute, altri, come l'Italia, fanno poco o nulla e lascia che l'illegalità (evasione fiscale in primis) la faccia da padrone.
Gianluca Baldini
Nel periodo della crisi economica (2007-2014) il fatturato della prostituzione è cresciuto del 25,8%
Secondo la commissione Affari sociali della Camera, le 70.000 prostitute italiane, con i loro nove milioni di clienti, muoverebbero affari per 5 miliardi di euro. Un fatturato che, secondo la sentenza 22413 emessa dalla Cassazione nel 2016, va dichiarato e su cui pertanto vanno pagate le tasse. Quanto? Difficile dirlo. Ma, se si stimasse una tassazione tra il 15 e il 20% il gettito stimato, potrebbe superare il miliardo di euro.
Del resto è un tema vecchio come il mondo. Si può essere d'accordo o meno con chi decide di vendere il proprio corpo per soldi, ma resta un fatto che in Italia (e all'estero) l'esercizio della prostituzione rappresenti ormai una vera e propria industria. Un mondo costituito da numeri importanti che non possono essere ignorati.
Secondo una ricerca del Codacons, nel periodo della crisi economica (2007-2014) il fatturato della prostituzione è cresciuto del 25,8% mentre il numero di soggetti dediti al meretricio è aumentato del 28,5%. Negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva riduzione del numero di prostitute che operano in strada, la cui percentuale rappresenta tuttavia ancora la fetta più consistente, pari al 60% del totale. Da contraltare si registra una forte crescita nel numero di lucciole che decidono di lavorare in casa o altre strutture non all'aperto (40%). Della totalità delle prostitute operanti nel nostro paese, il 10% è minorenne, mentre il 55% è costituito da ragazze straniere, provenienti principalmente dai paesi dell'Europa dell'Est (Romania, Bulgaria, Ucraina) e dall'Africa (Nigeria in testa).
Tutte persone che, una volta regolarizzate, garantirebbero un maggior gettito fiscale e avrebbero più vantaggi a livello sanitario, oltre a poter dedurre fiscalmente i costi della professione: preservativi, pubblicità online e il canone d'affitto di una stanza in cui operare. Senza considerare che, così facendo potrebbero accedere a contributi previdenziali e avrebbero la possibilità di depositare liberamente i loro introiti sul conto corrente per acquistare una casa dove vivere o per pagare gli studi ai figli senza rischiare pesanti controlli e conseguenti sanzioni.
Secondo il Codacons, il giro d'affari è importante: mediamente la spesa dei clienti abituali è pari a 110 euro al mese. Va tuttavia sottolineato che i costi delle prestazioni sono assai diversificati a seconda del servizio: per una accompagnatrice (escort, in inglese), ad esempio, si arriva a pagare anche 500 euro per poche ore di prestazione, poiché il servizio è più ampio e include anche la possibilità di dover far presenza a feste, eventi o cene al ristorante. Costi che scendono a 30 euro in caso di prestazioni rapide consumate in strada.
Ma il vero e proprio boom riguarda la prostituzione via web: l'offerta si è spostata cioè sempre più dalle strade agli schermi dei pc, attraverso siti privati, pagine web, portali con annunci specializzati, ecc., dove escort e prostitute pubblicizzano i propri servizi raggiungendo un bacino di utenza sempre più esteso.
C'è poi il fenomeno delle cam girl, ragazze, generalmente di età inferiore ai 40 anni, che pur non praticando la prostituzione attraverso il contatto fisico con i clienti, mostrano il proprio corpo nudo attraverso una web cam. In questo caso non si tratta di prostituzione, ma di qualcosa più simile a spogliarelliste via web: il Codacons ha contato circa 18.000 operatrici. Alcune di queste, non tutte, sbarcano il lunario ricorrendo anche al più antico lavoro del mondo. Insomma, un altro gruppo di persone che non paga le tasse come dovrebbe.
Ad ogni modo non è così semplice regolarizzare la prostituzione. Sono in molti a ritenere che, anche con una legge ad hoc come quella che da tempo vorrebbe la Lega, il livello di evasione rimarrebbe comunque elevato perché molti continuerebbero a evadere, esattamente come avviene per lavori già oggi considerati leciti. Basti vedere l'esempio di tutti i liberi professionisti, spesso coloro che dichiarano meno del dovuto. Se non altro, però, il degrado di certe strade della prostituzione verrebbe meno e questo sarebbe di certo un miglioramento.
Gianluca Baldini
«La prostituzione non è come il lavoro autonomo»
Negli anni Novanta una richiesta di riforma della legge Merlin arrivò persino dalla Democrazia cristiana, ma non è mai cambiato nulla. Così la politica italiana continua da anni a dibattere sull'opportunità o meno di riaprire le case chiuse o in ogni caso regolamentare la prostituzione. Nelle ultime settimane è tornata a farne un suo cavallo di battaglia la Lega del vicepremier Matteo Salvini. Sono stati presentati due disegni di legge a Montecitorio e a palazzo Madama. Al Senato tra i firmatati c'è anche il fondatore Umberto Bossi che già nel 2001 tentò di far approvare una riforma della legge Merlin con l'ex leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini. Altri tempi. Eppure il tema della depenalizzazione della prostituzione ritorna sempre, senza però trovare uno spiraglio. Anche perché l'Italia è divisa, tra chi vorrebbe adottare il modello del nord europa, dove viene colpita la domanda, mentre c'è chi vorrebbe legalizzare l'offerta. Soprattutto c'è chi vorrebbe tassare il lavoro più antico del mondo, ma il disegno di legge leghista presenta ancora lacune sull'argomento.
Non solo. Il tema non è tra i punti del programma di governo, per questo motivo la Lega farebbe fatica a trovare i voti tra i 5 Stelle. Il disegno di legge della Lega, punta soprattutto a colpire lo sfruttamento, perché «l'espansione del fenomeno della prostituzione ha di fronte, accanto a donne che si prostituiscono per libera scelta, una grande maggioranza di giovani donne e addirittura in certi casi di bambine, per lo più provenienti da Paesi africani o comunque da Paesi meno sviluppati economicamente, quali la vicina Albania, Paesi dell'Est Europa e la Russia, legate a organizzazioni criminali che le sfruttano». Scrivono i senatori leghisti, «Si tratta di ragazze, introdotte molto spesso clandestinamente nel nostro Paese con l'illusione di un lavoro, per ritrovarsi, poi, a essere sottoposte a uno status di vera e propria schiavitù e costrette all'esercizio della prostituzione con gravi violazioni dei loro diritti e forti limitazioni della loro libertà personale. Sono quindi le condizioni di indigenza che spesso consentono il perpetrarsi di situazioni di evidente illegalità, prive di qualsiasi forma di regolamentazione».
Per questo motivo il Carroccio salviniano ritiene opportuno regolamentare l'esercizio della prostituzione per avere un controllo da parte dello Stato. In pratica la Lega vuole togliere dalle strade le prostitute e trovare un modo per organizzare case chiuse controllate dalla prefettura e che non possano danneggiare altri appartamenti privati intorno. «È inoltre necessario approssimare interventi di carattere sanitario e preventivo in funzione di tutela della salute pubblica». Si legge ancora. «Al contempo è necessario combattere alcuni aspetti preoccupanti del fenomeno, che sono legati all'ostentazione oscena lungo le nostre strade e che portano alle proteste della società civile, sempre più esasperata dal degrado ambientale ed esposta ai pericoli derivanti dallo sfruttamento della prostituzione da parte della criminalità organizzata. Conseguentemente gli interventi della legge dovrebbero essere «finalizzati soprattutto alla tutela della sicurezza pubblica, della salute pubblica e alla salvaguardia della moralità pubblica».
In pratica il progetto della Lega è vietare l'esercizio della prostituzione in luoghi pubblici e introdurre in l'esercizio in nuove case chiuse in comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti. Altre disposizioni? Multe per reati commessi da cittadini extra Unione Europea, con revoca del permesso di soggiorno. Infine la parte fiscale. «Per quanto concerne la disposizione fiscale di cui all'articolo 11, la formulazione proposta, nonostante si comprenda la difficoltà di sottoporre a tassazione l'esercizio della prostituzione che, per quanto regolamentato, non è così facilmente assimilabile a una qualunque attività di lavoro autonomo, pare essere la più rispondente tanto alla salvaguardia della privacy quanto al rispetto di criteri di equità sociale che non possono essere ignorati». Insomma una soluzione sul rientro del nero ancora non esiste.
Alessandro Da Rold
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Riduci
In Italia la fonte legislativa principale è la legge Merlin, che nel 1958 ha vietato le case di tolleranza. I primi Paesi a fare scuola sono stati quelli del Nord Europa. L'idea era quella di punire solo il cliente.Il boom riguarda il Web attraverso siti privati, portali con annunci specializzati, dove le escort pubblicizzano i propri servizi raggiungendo un bacino di utenza sempre più esteso. Dal 2008 al 2018, in piena crisi economica, il fatturato è cresciuto del 25%.Il Carroccio vuole togliere l'attività dalle strade e trovare un modo per organizzare case chiuse controllate dalla prefettura con controlli sanitari e pene severe. Ma le lavoratrici non sarebbero considerate autonome...Lo speciale contiene tre articoliPaese che vai, prostituzione che trovi. Nel Vecchio Continente e, più in generale, a livello globale, ci sono sostanzialmente tre approcci all'esercizio del più antico lavoro del mondo. In Italia, ad esempio c'è l'abolizionismo: la prostituzione è lecita, ma le attività organizzate come favoreggiamento e sfruttamento sono illegali. Ci sono poi Paesi in cui è completamente legale e regolamentata e quelli in cui è considerata un crimine e come tale punisce chi ne fa uso.I primi Paesi a fare scuola sono stati quelli del Nord Europa. L'idea era quella di punire il cliente e non la prostituta. Nel 1999 la Svezia divenne la prima nazione a introdurre delle pene per chi usufruisce di prestazioni sessuali a pagamento, senza però prevedere sanzioni per chi si prostituisce. Leggermente diverso l'atteggiamento in Slovenia dove la prostituzione di strada è illegale ma l'esercizio di case chiuse è stata depenalizzato nel 2003.Il cosiddetto modello nordico è stato poi adottato da Norvegia, Islanda, Irlanda, Croazia, Francia (dal primo febbraio 2019), Inghilterra, Spagna e Portogallo. In Italia la fonte legislativa principale è la legge Merlin, che nel 1958 ha vietato le case di tolleranza. La prostituzione su strada non viene proibita, mentre viene punito lo sfruttamento o il favoreggiamento.In Germania la prostituzione è invece perfettamente legale ed esistono anche apposite app per trovare le prostitute più vicine della zona, confrontare i prezzi e scegliere la migliore lavoratrice sessuale. Nel 2002 il governo ha modificato la legge sull'esercizio della prostituzione, nel tentativo di migliorare la situazione giuridica delle prostitute.La situazione tedesca, forse però meno pubblicizzata, è simile a quella olandese. Ad Amsterdam e dintorni, la prostituzione non è mai stata perseguibile penalmente. Nel 2000 è stato fatto un ulteriore passo avanti e sono stati legalizzate anche le case chiuse, dichiarate fuori legge nel 1911 per evitare lo sfruttamento o la coercizione delle lavoratrici. Un altro Paese dove l'industria del sesso è florida e regolamentata è l'Ungheria. La prostituzione in questa nazione è stata legalizzata e regolamentata a partire dal 1999. Secondo la legge ungherese, le prostitute sono fondamentalmente professioniste che s'impegnano in attività sessuali in cambio di denaro; il governo permette quest'attività fintanto che si pagano le tasse e vengono mantenuti aggiornati i documenti. In pratica la maggior parte dei Paesi europei mira a punire i clienti e non chi esercita la prostituzione, una professione che di fatto è ritenuta illecita e non regolamentata. In due parole: si "chiude un occhio", ma non si fa nulla di concreto per dare regole certe. Così mentre Paesi come Germania, Ungheria e Olanda (ma anche la Svizzera, ad esempio) sfruttano e allo stesso tempo proteggono le prostitute, altri, come l'Italia, fanno poco o nulla e lascia che l'illegalità (evasione fiscale in primis) la faccia da padrone. Gianluca Baldini<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tassare-la-prostituzione-gettito-da-piu-di-un-miliardo-di-euro-ma-la-proposta-della-lega-resta-vaga-2628777191.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nel-periodo-della-crisi-economica-2007-2014-il-fatturato-della-prostituzione-e-cresciuto-del-258" data-post-id="2628777191" data-published-at="1765425844" data-use-pagination="False"> Nel periodo della crisi economica (2007-2014) il fatturato della prostituzione è cresciuto del 25,8% Secondo la commissione Affari sociali della Camera, le 70.000 prostitute italiane, con i loro nove milioni di clienti, muoverebbero affari per 5 miliardi di euro. Un fatturato che, secondo la sentenza 22413 emessa dalla Cassazione nel 2016, va dichiarato e su cui pertanto vanno pagate le tasse. Quanto? Difficile dirlo. Ma, se si stimasse una tassazione tra il 15 e il 20% il gettito stimato, potrebbe superare il miliardo di euro.Del resto è un tema vecchio come il mondo. Si può essere d'accordo o meno con chi decide di vendere il proprio corpo per soldi, ma resta un fatto che in Italia (e all'estero) l'esercizio della prostituzione rappresenti ormai una vera e propria industria. Un mondo costituito da numeri importanti che non possono essere ignorati. Secondo una ricerca del Codacons, nel periodo della crisi economica (2007-2014) il fatturato della prostituzione è cresciuto del 25,8% mentre il numero di soggetti dediti al meretricio è aumentato del 28,5%. Negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva riduzione del numero di prostitute che operano in strada, la cui percentuale rappresenta tuttavia ancora la fetta più consistente, pari al 60% del totale. Da contraltare si registra una forte crescita nel numero di lucciole che decidono di lavorare in casa o altre strutture non all'aperto (40%). Della totalità delle prostitute operanti nel nostro paese, il 10% è minorenne, mentre il 55% è costituito da ragazze straniere, provenienti principalmente dai paesi dell'Europa dell'Est (Romania, Bulgaria, Ucraina) e dall'Africa (Nigeria in testa).Tutte persone che, una volta regolarizzate, garantirebbero un maggior gettito fiscale e avrebbero più vantaggi a livello sanitario, oltre a poter dedurre fiscalmente i costi della professione: preservativi, pubblicità online e il canone d'affitto di una stanza in cui operare. Senza considerare che, così facendo potrebbero accedere a contributi previdenziali e avrebbero la possibilità di depositare liberamente i loro introiti sul conto corrente per acquistare una casa dove vivere o per pagare gli studi ai figli senza rischiare pesanti controlli e conseguenti sanzioni.Secondo il Codacons, il giro d'affari è importante: mediamente la spesa dei clienti abituali è pari a 110 euro al mese. Va tuttavia sottolineato che i costi delle prestazioni sono assai diversificati a seconda del servizio: per una accompagnatrice (escort, in inglese), ad esempio, si arriva a pagare anche 500 euro per poche ore di prestazione, poiché il servizio è più ampio e include anche la possibilità di dover far presenza a feste, eventi o cene al ristorante. Costi che scendono a 30 euro in caso di prestazioni rapide consumate in strada. Ma il vero e proprio boom riguarda la prostituzione via web: l'offerta si è spostata cioè sempre più dalle strade agli schermi dei pc, attraverso siti privati, pagine web, portali con annunci specializzati, ecc., dove escort e prostitute pubblicizzano i propri servizi raggiungendo un bacino di utenza sempre più esteso.C'è poi il fenomeno delle cam girl, ragazze, generalmente di età inferiore ai 40 anni, che pur non praticando la prostituzione attraverso il contatto fisico con i clienti, mostrano il proprio corpo nudo attraverso una web cam. In questo caso non si tratta di prostituzione, ma di qualcosa più simile a spogliarelliste via web: il Codacons ha contato circa 18.000 operatrici. Alcune di queste, non tutte, sbarcano il lunario ricorrendo anche al più antico lavoro del mondo. Insomma, un altro gruppo di persone che non paga le tasse come dovrebbe. Ad ogni modo non è così semplice regolarizzare la prostituzione. Sono in molti a ritenere che, anche con una legge ad hoc come quella che da tempo vorrebbe la Lega, il livello di evasione rimarrebbe comunque elevato perché molti continuerebbero a evadere, esattamente come avviene per lavori già oggi considerati leciti. Basti vedere l'esempio di tutti i liberi professionisti, spesso coloro che dichiarano meno del dovuto. Se non altro, però, il degrado di certe strade della prostituzione verrebbe meno e questo sarebbe di certo un miglioramento. Gianluca Baldini <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tassare-la-prostituzione-gettito-da-piu-di-un-miliardo-di-euro-ma-la-proposta-della-lega-resta-vaga-2628777191.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="la-prostituzione-non-e-come-il-lavoro-autonomo" data-post-id="2628777191" data-published-at="1765425844" data-use-pagination="False"> «La prostituzione non è come il lavoro autonomo» Negli anni Novanta una richiesta di riforma della legge Merlin arrivò persino dalla Democrazia cristiana, ma non è mai cambiato nulla. Così la politica italiana continua da anni a dibattere sull'opportunità o meno di riaprire le case chiuse o in ogni caso regolamentare la prostituzione. Nelle ultime settimane è tornata a farne un suo cavallo di battaglia la Lega del vicepremier Matteo Salvini. Sono stati presentati due disegni di legge a Montecitorio e a palazzo Madama. Al Senato tra i firmatati c'è anche il fondatore Umberto Bossi che già nel 2001 tentò di far approvare una riforma della legge Merlin con l'ex leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini. Altri tempi. Eppure il tema della depenalizzazione della prostituzione ritorna sempre, senza però trovare uno spiraglio. Anche perché l'Italia è divisa, tra chi vorrebbe adottare il modello del nord europa, dove viene colpita la domanda, mentre c'è chi vorrebbe legalizzare l'offerta. Soprattutto c'è chi vorrebbe tassare il lavoro più antico del mondo, ma il disegno di legge leghista presenta ancora lacune sull'argomento. Non solo. Il tema non è tra i punti del programma di governo, per questo motivo la Lega farebbe fatica a trovare i voti tra i 5 Stelle. Il disegno di legge della Lega, punta soprattutto a colpire lo sfruttamento, perché «l'espansione del fenomeno della prostituzione ha di fronte, accanto a donne che si prostituiscono per libera scelta, una grande maggioranza di giovani donne e addirittura in certi casi di bambine, per lo più provenienti da Paesi africani o comunque da Paesi meno sviluppati economicamente, quali la vicina Albania, Paesi dell'Est Europa e la Russia, legate a organizzazioni criminali che le sfruttano». Scrivono i senatori leghisti, «Si tratta di ragazze, introdotte molto spesso clandestinamente nel nostro Paese con l'illusione di un lavoro, per ritrovarsi, poi, a essere sottoposte a uno status di vera e propria schiavitù e costrette all'esercizio della prostituzione con gravi violazioni dei loro diritti e forti limitazioni della loro libertà personale. Sono quindi le condizioni di indigenza che spesso consentono il perpetrarsi di situazioni di evidente illegalità, prive di qualsiasi forma di regolamentazione». Per questo motivo il Carroccio salviniano ritiene opportuno regolamentare l'esercizio della prostituzione per avere un controllo da parte dello Stato. In pratica la Lega vuole togliere dalle strade le prostitute e trovare un modo per organizzare case chiuse controllate dalla prefettura e che non possano danneggiare altri appartamenti privati intorno. «È inoltre necessario approssimare interventi di carattere sanitario e preventivo in funzione di tutela della salute pubblica». Si legge ancora. «Al contempo è necessario combattere alcuni aspetti preoccupanti del fenomeno, che sono legati all'ostentazione oscena lungo le nostre strade e che portano alle proteste della società civile, sempre più esasperata dal degrado ambientale ed esposta ai pericoli derivanti dallo sfruttamento della prostituzione da parte della criminalità organizzata. Conseguentemente gli interventi della legge dovrebbero essere «finalizzati soprattutto alla tutela della sicurezza pubblica, della salute pubblica e alla salvaguardia della moralità pubblica». In pratica il progetto della Lega è vietare l'esercizio della prostituzione in luoghi pubblici e introdurre in l'esercizio in nuove case chiuse in comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti. Altre disposizioni? Multe per reati commessi da cittadini extra Unione Europea, con revoca del permesso di soggiorno. Infine la parte fiscale. «Per quanto concerne la disposizione fiscale di cui all'articolo 11, la formulazione proposta, nonostante si comprenda la difficoltà di sottoporre a tassazione l'esercizio della prostituzione che, per quanto regolamentato, non è così facilmente assimilabile a una qualunque attività di lavoro autonomo, pare essere la più rispondente tanto alla salvaguardia della privacy quanto al rispetto di criteri di equità sociale che non possono essere ignorati». Insomma una soluzione sul rientro del nero ancora non esiste. Alessandro Da Rold
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Riduci
Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Riduci
Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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