Il vero avversario sull’autonomia differenziata del presidente della Puglia, Michele Emiliano? È emiliano, ma con la minuscola, e risponde al nome di Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, candidato alla segreteria del Pd ed equilibrista politico. Cammina sul filo, Bonaccini: insieme al Veneto e alla Lombardia, la Regione da lui governata ha già portato avanti la richiesta di maggiore autonomia su alcune materie e sottoscritto pre intese con il governo il 28 febbraio 2018. Il suo partito, però, quello che Bonaccini sogna di scalare nelle prossime settimane, si sta muovendo con forza contro l’autonomia, e gli alfieri della battaglia contro il progetto del ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, sono lo stesso Emiliano e il suo collega e amico Vincenzo De Luca, presidente della Campania.
Va letta (anche) in questa chiave, tutta politica e interna ai dem, la tigna con la quale De Luca ed Emiliano stanno trainando la «rivolta» delle regioni del Sud contro il progetto targato Calderoli: sia il presidente della Campania che quello della Puglia, infatti, quando hanno voluto si sono sganciati in maniera anche clamorosa dalle decisioni del governo nazionale, basta ricordare i provvedimenti super restrittivi dello «sceriffo» di Salerno durante la fase acuta della pandemia. L’autonomia differenziata, per De Luca ed Emiliano, dovrebbe essere manna dal cielo, in quanto consentirebbe loro di esercitare in maniera ancora più spinta quel «nazionalismo regionale» che soprattutto il presidente della Campania ha molto spesso praticato, quando gli è convenuto politicamente e mediaticamente. Invece no: ostruzionismo a tutto spiano, contro Calderoli e Bonaccini. Del resto, una settimana fa avevamo scritto che contro la candidatura di Bonaccini a segretario del Pd si è formata nel partito una componente che fa riferimento a Nicola Zingaretti, Vincenzo De Luca, Michele Emiliano, Francesco Boccia e ai dirigenti locali della Calabria.
Ieri Calderoli ha incontrato diversi presidenti di Regione per sottoporre loro la bozza di disegno di legge sull’autonomia differenziata. C’erano il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia); Luca Zaia (Veneto), Eugenio Giani (Toscana), Giovanni Toti (Liguria), Donatella Tesei (Umbria), Marco Marsilio (Abruzzo), Emiliano e Bonaccini. De Luca, che ha inviato il suo vice, Fulvio Bonavitacola, l’altro ieri ha chiesto il ritiro del ddl Calderoli: «È un provvedimento che genera solo caos», ha attaccato il presidente della Campania, «e che spacca in due il Paese. Faremo un fronte con altre Regioni del Sud come Calabria, Basilicata, Puglia, Molise e Lazio, ma ci sono segnali per un sostegno anche da parte delle Regioni del Nord. Siamo in battaglia per difendere l’unità nazionale». E il Pd? «Dormivano prima», ha risposto De Luca commentando l’atteggiamento del suo partito sul tema, «e dormono adesso. Non c’è nessuna novità, siamo in piena narcotizzazione. La cosa che impressiona è che dormono tutti quanti». Un chiarissimo segnale di come la battaglia sull’autonomia sia anche una partita interna ai dem.
Al di là delle polemiche, la riunione di ieri si è svolta in un clima collaborativo: «Non c’è un spaccatura tra Nord e Sud», ha detto Calderoli al termine del summit, «ma una paura del Sud che qualcuno se ne avvantaggi a svantaggio loro. Io mi auguro che tutti possano trarre un vantaggio da questa riforma. L’incontro si è svolto in maniera assolutamente positiva. Non è una cosa che si fa dall’oggi al domani ma è un percorso che va fatto insieme alle Regioni. Nessuno si è dichiarato contrario all’autonomia differenziata. Le materie che possono essere oggetto di trasferimento sono previste in Costituzione», ha aggiunto Calderoli, «e non le posso toccare. Dei residui fiscali non c’è traccia, né nel testo né nella mia testa».
La trattativa si svolge tutta sul fronte economico: le Regioni contrarie all’autonomia differenziata chiedono in sostanza che prima di varare la legge vengano approvati i Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, previsti dalla Costituzione. Si tratta di quei servizi e di quelle prestazioni che lo Stato deve garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, in quanto consentono il pieno rispetto dei diritti sociali e civili dei cittadini. Un principio mai applicato e sostituito, nell’attribuzione delle risorse dallo Stato alle Regioni, dal metodo di calcolo della «spesa storica», cioè l’attribuzione delle risorse sulla base di quanto già speso dallo stesso ente in passato per lo stesso servizio. «I Lep», commenta Zaia, «sono previsti dalla Costituzione, e se non si sono fatti non è per colpa di chi vuole l’autonomia. Noi siamo i primi a tifare perchè i Lep si facciano subito». «La norma», ha chiosato Fedriga a Rai Radio 1, potrebbe essere approvata entro il 2023. Dopo l’incontro sono ottimista, c’è stato un clima di grande collaborazione».



