I documenti riportanti le intercettazioni telefoniche tra il leader del partito socialista Zoran Zaev e i suoi collaboratori depositati presso la procura di Skopje lasciano intravvedere l'ombra degli ex guerriglieri dell'Uck dietro la presunta compravendita di voti per la quale i giudici macedoni avevano avviato le indagini nel 2014.
In alcuni stralci del fascicolo è riportato un presunto colloquio telefonico tra Zahir Bequiri, detto anche Chaush, il quale suggerisce a Zaev di mettersi in contatto con l'ex comandante dell'esercito albanese Uck, Izair Samiu Baci, residente a Tetovo. Secondo Bequiri il comandante guerrigliero avrebbe la capacità di portare ai socialisti 5.000 voti. Bequiri ha accesso diretto al capo del partito socialista in quanto all'epoca dei fatti si considerava uno dei suoi più stretti consiglieri in tema di sicurezza. La sua influenza incomincerà a scemare dopo che nel 2016, durante una retata, la polizia troverà nella sua casa una vera e propria officina di contraffazione con circa 30.000 documenti falsi, tra passaporti e carte d'identità. Stante quanto riportato nel fascicolo, Bequiri avrebbe informato Zaev che Izmair Samiu è una persona disponibile ad aiutarlo, ma soprattutto avrebbe sottolineato che la sua presenza era in grado di reimpostare gli equilibri politici di Zaev nei confronti dei partiti albanesi in quanto i due leader storici del partito Dui e del Partito democratico degli albanesi, Ali Ahmeti e Menduh Thaci, sarebbero intimoriti dal comandante Samiu.
Il comandante dell'Uck ha partecipato nel 2001 alla rivolta albanese in Macedonia ed è considerato dall'amministrazione degli Stati Uniti d'America una delle persone più pericolose della regione balcanica. Egli infatti per lungo tempo si è ritrovato confermato dai presidenti Usa nella lista delle persone sotto embargo, contenuta nel National emergency act, in quanto pericolose per la stabilità dei Balcani occidentali a causa del loro sostegno finanziario o materiale ai movimenti estremisti.
Un'eventuale ricerca di aiuto politico da parte dell'ex premier presso persone accusate di terrorismo potrebbe ora richiedere approfondimenti d'ufficio da parte delle istituzioni. Nel frattempo, Zoran Zaev ha reagito a quanto pubblicato da La Verità sottolineando che il precedente governo di Nikola Gruevski, se i fatti avessero avuto carattere di illecito, avrebbe già proceduto a utilizzarli. Tralasciando il fatto che la dichiarazione di Zaev tradisce essa stessa come egli non faccia nemmeno finta di prendere in considerazione la possibilità che in Macedonia esista la divisione costituzionale, la reciproca indipendenza, tra il potere giudiziario e quello politico, è proprio sull'eventuale accordo parallelo tra Gruveski e Zaev che si gioca la comprensione dello scacchiere politico macedone e della sua costante instabilità.
Nikola Gruevski nel 2014 aveva già ricevuto numerosi segnali dalla comunità internazionale in merito alla sua inaccettabilità futura quale premier macedone, mentre Zaev iniziava a vantarsi del sostegno garantitogli dall'Unione europea e dagli Stati Uniti di Barack Obama. Mentre Zaev sapeva che per la sua scalata al potere avrebbe ricevuto il necessario dagli alleati esteri, in cambio della promessa di rivedere la costituzione del Paese e di cambiarne il nome, Gruevski, per garantirsi la sua sopravvivenza, iniziava a raccogliere informazioni potenzialmente dannose per l'avversario. Il video del 2015 disponibile su Internet, dell'incontro in cui Zaev informa Gruevski d'avere materiale compromettente nei suoi confronti fa intendere come anche Gruevski si fosse ben preparato ad un'eventuale ricatto. La sua fuga all'estero, assolutamente non ostacolata da alcuna istituzione, che ha lasciato il popolo macedone abbandonato alle estorsioni e ai ricatti da noi documentati la scorsa estate, sarebbero solo la conclusione di un tipico scambio di favori per evitare i quali il Paese necessita al più presto di un sistema giudiziario funzionante e seriamente indipendente. Premessa prima e fondamentale di un suo futuro ruolo in Europa.
La pubblicazione effettuata nei scorsi giorni dalla Verità del materiale audio e video comprovante le attività di estorsione svoltesi negli anni passati in Macedonia all'ombra dell'ufficio del procuratore speciale diretto dal giudice Katica Janeva si è trasformata in un vero e proprio terremoto politico e sociale. La nostra redazione, esattamente come il sottoscritto, è stata sommersa, giornalmente, da migliaia di messaggi di sostegno e ringraziamento. Quasi nulle sono state le critiche o minacce che in casi simili difficilmente mancano. Sul sito, su un tema di politica estera, abbiamo superato abbondantemente il milione di contatti. Possiamo dire che la Verità abbia svolto per la popolazione macedone un servizio di pubblica utilità smuovendo alcune situazioni stagnanti e ridando fiducia ad un popolo spossato dal continuo isolamento a cui l'Unione europea sembra averlo condannato per poter portare a termine il piano di limitazione della sua sovranità. I macedoni sono un popolo fiero completamente sfiduciato dalla corruzione e soffre ancora di più quando tale situazione viene, anche solo indirettamente, sostenuta da un Unione europea. Va infatti ricordato che a volere fortememente il procuratore speciale sono stati Jean-Claude Juncker e Federica Mogherini. Ebbene, proprio per tale motivo le sensazionali rivelazioni del nostro giornale hanno provocato sia tensioni interne, che esterne. Internamente l'opposizione, guidata dal presidente del partito Vmro-Dpmne Hristian Micikoski ha sostenuto che la Verità abbia mostarto pubblicamente all'opinione pubblica le prove di una gigantesca piovra politica e giudiziaria di cui il premier Zoran Zaev dovrebbe prendere atto dimettendosi. Quest'ultimo per ora si è affidato a commentare il tutto solamente attraverso un messaggio postato su Facebook nel quale afferma che i protagonisti delle estorsioni hanno abusato del suo nome. Dal carcere nel quale si trova proprio per il caso da «Rackerteering» da noi analizzato, Boki 13 gli ha risposto, attraverso un giornale serbo, che qualora dovessero attentare alla sua vita tutte le prove del coinvolgimento di Zoran Zaev si trovano presso la madre. Dal punto di vista internazionale invece - oltre al fatto che le nostre notizie sono state riprese da numerosi sistemi mediatici tra cui quelli della Germania, dell'Albania, della Serbia e della Slovenia - la prima a reagire è stata la Francia. Il suo ambasciatore a Skopje ha dichiarato che le autorità macedoni devono dare risposte chiare allo scandalo da noi provocato prima che a Bruxelles si proceda nuovamente ad analizzare l'avvicinamento della Macedonia all'Ue. E proprio dall'Unione, da noi tirata in causa fin dagli anni passati per essere stata attraverso Federica Mogherini il grande sponsor della procura speciale e male di tante sofferenze internazionali inferte alla Macedonia, è arrivata la più assordante delle risposte: totale silenzio. Nonostante il periodo vacanziero, migliaia di impiegati del servizio esterno dell'Ue, di cui ben 220 di stanza a Skopje, non hanno potuto rilasciare nemmeno un comunicato istituzionale con l'auspicio che venga presto fatta chiarezza sui fatti. L'ordine da Bruxelles di mantenere il silenzio ed evitare altri danni d'immagine deve essere stato impartito in maniera chiarissima. Tanto chiara da far comprendere che qualcosa davvero non funziona a Doris Pack, per decenni membro del parlamento europeo incaricata dell'allargamento ai Balcani e senza alcun dubbio uno dei più navigati e potenti politici tedeschi in quota Cdu e attuale rappresentante del Ppe . La Pack ha pubblicato ieri sui social un appello fortissimo, una richiesta di immediata reazione, nei confronti del servizio esterno dell'Unione chiedendosi come la struttura della Mogherini possa rimanere in silenzio di fronte alla realtà criminale palesata dal terzo video pubblicato sul sito della Verità.
Nel 2015 è stata l'Unione europea a volere l'ufficio del Procuratore speciale che tanti danni ha fatto ai Macedoni. Oggi una loro risposta sarebbe doverosa anche nei confronti di coloro che, interni all'amministrazione dello Stato macedone, hanno nei mesi passati rischiato la vita aiutandoci nella pubblicazione del materiale in quanto convinti che una vera democrazia, basata su un opinione pubblica informata e il controllo dei politici, sia ancora possibile. Per quanto ci riguarda, noi stiamo continuando a valutare la concretezza e la fattibilità legale di altro materiale audio ai fini della possibile pubblicazione. Fino ad allora ci auguriamo che il popolo macedone possa ricevere finalmente un sostegno vero dalle capitali estere che fino a oggi hanno fatto politica nell'ombra.






