L’incontro fra Donald Trump ed il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa era molto atteso ed entrambi lo avevano accuratamente preparato. I due Paesi si sono ripetutamente scontrati negli ultimi mesi e Washington due mesi fa è arrivata ad espellere l’ambasciatore di Pretoria Ebrahim Rasool come persona non grata, accusandolo di odiare gli Stati Uniti. Il diplomatico aveva pubblicamente attaccato il presidente americano definendolo un suprematista bianco che inventava accuse contro il suo Paese. Da quel momento l’arrivo di Cyril Ramaphosa alla Casa Bianca aveva assunto un’importanza sempre maggiore per comprendere quali potranno essere in futuro i rapporti fra i due Stati.
Il colloquio si è tenuto alla classica maniera di Trump e dopo un po’ di convenevoli il presidente statunitense è arrivato dritto al punto. The Donald ha accusato il governo sudafricano di uccidere la minoranza bianca e di essere vicino ad un genocidio degli afrikaner, che nonostante tutto continuano ad essere la colonna portante dell’economia sudafricana. Tutto è nato da una controversa, come minimo, legge approvata a fine gennaio che consente allo Stato di confiscare terre senza compensazione nell’interesse pubblico. L’obiettivo di questa legge, voluta dal partito African National Congress (Anc) di Ramaphosa, è colpire la minoranza bianca, che ancora oggi possiede vaste estensioni di terra e rappresenta una fetta importante del Pil nazionale. Il presidente sudafricano alla sua approvazione ha definito questa legge come un «traguardo significativo» nella trasformazione del Paese, ma non ha capito quanto possa essere pericolosa e dannosa per l’economia. Nonostante le tante assicurazioni del presidente Ramaphosa, che ha dichiarato che la violenza in Sudafrica è molto diffusa e che colpisce più la popolazione nera che quella bianca, il Sudafrica potrebbe davvero diventare un luogo difficile per gli eredi di inglesi e boeri. Il partito di estrema sinistra degli Economic Freedom Fighters, formato da ex esponenti dell’African National Congress, ha fatto dell’espropriazione delle terre dei bianchi il caposaldo del suo programma politico.
Julius Malema è il leader di questa formazione politica di opposizione e fa un vanto di essere stato al centro della discussione alla Casa Bianca. «Un gruppo di uomini anziani è andato a Washington per spettegolare su di me, hanno soltanto parlato senza produrre nessuna prova significativa di questo presunto genocidio dei bianchi. Non accetteremo mai di mettere in discussione i nostri principi politici per l’opportunismo di Ramaphosa. Il presidente sudafricano si è anche rimangiato le sue parole quando aveva definito codardi il primo gruppo di sudafricani che è scappato negli Stati Uniti, questo opportunismo non appartiene agli Eff. Quello che dice Trump ed il suo padrino politico Elon Musk sono cose totalmente false e provocatorie. Al nostro partito non è piaciuto per nulla quello che abbiamo visto in America, ma la colpa è di Cyril Ramaphosa che si è presentato alla Casa Bianca insieme al miliardario razzista di Stellenbosch Johann Rupert, l’amico di golf di Donald Trump Erie Els e il ministro dell’Agricoltura e leader della razzista Alleanza Democratica (Da) John Steenhuisen. Con una compagnia del genere non potevamo certamente aspettarci buone notizie: un incontro dominato da uomini bianchi privilegiati che si arricchiscono a spese dei popoli africani».
Julius Malema può contare su circa 40 deputati al Parlamento sudafricano e gli Economic Freedom Fighters raccolgono voti soprattutto nelle periferie delle grandi città. Il loro programma è intriso di marxismo e panafricanismo, ma è soprattutto molto avverso alla minoranza bianca. Nel 2024 si sono rifiutati di partecipare al governo di unità nazionale per la presenza dei partiti liberali e di destra che raccolgono i voti dei cittadini di origine inglese e boera. «Noi dell’Eff non ci facciamo usare né strumentalizzare da nessuno. Siamo la vera voce del popolo sudafricano e diffidiamo dell’African National Congress che si allea con i razzisti. Ci hanno criticato per il coro “Uccidi il boero, uccidi il contadino (Kill The Boer, Kill The Farmer)”, ma è una strumentalizzazione. Questo inno esprime soltanto il desiderio di distruggere il sistema di controllo delle risorse del Sudafrica da parte della minoranza bianca ed è nato durante il terribile periodo dell’apartheid, ma forse i deputati dell’Anc se lo sono dimenticato Hanno già provato a processarmi per aver intonato questo grido di battaglia, ma l’Alta Corte di Johannesburg ha stabilito che la canzone non è un incitamento all’odio, né incita alla violenza. Ammetto però di essere molto soddisfatto che la nostra agenda politica scuota i corridoi dell’imperialismo degli Stati Uniti. Siamo pronti a fare ostruzionismo politico a qualunque legge che permetta a Starlink, l’azienda del razzista Musk, di operare in Sudafrica, questo è il momento della rinascita dell’orgoglio africano».


