Una «onda pacifista», «colorata e infinita». Un sentimento «profondo e diffuso» di «indignazione per quel che il governo israeliano sta facendo a Gaza». Una «grande mobilitazione» con cui le opposizioni hanno «abbandonato le timidezze dopo venti mesi di genocidio». Così la stampa progressista ha celebrato la manifestazione congiunta di Pd, Avs e Cinque stelle andata in scena sabato a Roma. Una sfilata sicuramente baciata da un certo successo, che però è ipocrita definire «pro Palestina». A ben vedere, infatti, la pace, i morti e il dolore per i massacri c’entravano poco, e anzi sono stati sfruttati un po' pelosamente per uno scopo evidente: fare propaganda al referendum.
Antonio Polito, sul Corriere della Sera, ha onestamente notato alcune contraddizioni della piazza. Tra queste, ha scritto, c’è il fatto «che niente di analogo a sinistra è mai stato pensato per difendere un altro popolo dall’aggressione armata di un vicino, altrettanto più forte dell’aggredito ma ben più colonialista di Israele, mettete voi il nome del popolo». Il riferimento, sembra di capire, è alla guerra russo-ucraina, e sul punto c’è in effetti qualcosa da dire.
In realtà, la sinistra italiana ha molto parlato di quel conflitto, ed è persino scesa in piazza tempo fa su convocazione di Michele Serra. Ma non lo ha fatto per chiedere la pace. Anzi, in ogni occasione - almeno il Pd - ha ribadito la necessità di combattere Putin come un nuovo Hitler, ha sostenuto l’invio di armi e in alcuni casi addirittura l’invio di truppe sul campo.
È vero, non tutti hanno sposato la linea bellicista. Alcune componenti dell’universo sinistrorso italico - i 5 stelle, l’Anpi e simili - hanno effettivamente optato per una postura diversa. E infatti, immediatamente, su di loro è piovuta l’accusa di putinisimo, non ancora ritirata.
Se ne deduce una chiara evidenza: non esiste un movimento pacifista, non esiste un fronte contrario alle guerre che si batta per la cessazione delle ostilità e delle lotte fratricide. E non esiste nemmeno l’unità progressista ostentata sabato. Se ci fosse un movimento per la pace, si sarebbe battuto anche per il cessate il fuoco tra Russia e Ucraina, non avrebbe sponsorizzato il riarmo europeo a beneficio dei «volenterosi», non griderebbe allo scandalo per il presunto disimpegno statunitense sulla difesa.
A dirla tutta, pure su Gaza le fratture sono notevoli e probabilmente insanabili. Con ammirevole dignità e coraggio, ieri Gad Lerner ha ribadito sul palco il diritto di Israele a esistere, si è perfino definito sionista. E queste dichiarazioni, per una larga fetta del movimento pro Pal, sono semplicemente insostenibili. Se, come sostiene Rula Jebreal, è in corso un genocidio, come si fa difendere la posizione sionista? Se Israele, al pari di Putin, è pervaso da pulsioni hitleriane, come si fa a chiedere che si fermi il conflitto per garantire l’esistenza di due popoli e due Stati?
Tutti questi cortocircuiti restano palesi, ma sabato sono stati serenamente occultati. E perché mai? Per alcune semplici ragioni. Manifestare per Gaza, entro certi limiti, è considerato accettabile dal mainstream progressista globale, anche perché sulla partita gli Stati europei sono fuori gioco, e le loro posizioni più o meno radicali non hanno alcuna influenza su Netanyahu. In sostanza, scendere in piazza contro la carneficina è - in una ottica di realismo politico - a costo zero: non si indispongono più potenti alleati (o padroni). Con l’Ucraina è diverso: in quel caso i centri di potere europei non accettano posizioni che non siano di totale ostilità verso la Russia. Motivo per cui non ci sono mobilitazioni, se non marginali.
Per un pomeriggio, dunque, la sinistra ha potuto recitare la parte. Ha ripreso antichi slogan pacifisti, ha accantonato la retorica bellicista che sarà ripresa domani contro Putin e ha voluto mostrare una compattezza di cui è priva. Per un unico e palese scopo, per altro dichiarato alla fine della sfilata: spingere i simpatizzanti a votare al referendum, come se c’entrasse qualcosa con la Palestina e con la pace. Perché l’unica guerra a cui davvero l’opposizione vuole porre fine è quella al suo interno. E anche in questo caso il fallimento è annunciato.


