L’eurodeputato olandese Rob Roos, vicepresidente del Gruppo dei conservatori e riformisti europei, è noto per aver fatto ammettere alla dirigente di Pfizer, Janine Small, che l’azienda non aveva testato se il proprio vaccino anti-Covid fermava la trasmissione del virus prima di immetterlo sul mercato. Era il 2022 e in uno scambio rimasto memorabile, al parlamentare che - durante una audizione a Strasburgo cui il Ceo Bourla si era rifiutato di partecipare - chiedeva conto della procedura adottata prima della commercializzazione del siero, la manager rispondeva con una risatina beffarda che non sapevano se il vaccino immunizzava perché «dovevamo muoverci alla velocità della scienza». Una frase da scolpire e ricordare poiché riassume la prassi emergenziale adottata da allora non solo in campo sanitario, ma per le varie crisi scoppiate dopo la pandemia: nel dubbio, procedere spediti anche se si tratta di calpestare i diritti umani, bypassare l’etica e sacrificare la sicurezza stessa delle persone. Perché quella ammissione non abbia prodotto alcuna conseguenza, al punto che a distanza di due anni non solo nulla è cambiato, ma Big Pharma è più forte che mai, è un mistero che Roos si spiega in un solo modo: «Siamo in presenza di governi che mentono, di corporation che vogliono vendere i loro prodotti anche se non funzionano e di media che, anziché indagare e raccontare fedelmente i fatti, fanno le Pr dei governi stessi».
A proposito di cose immutabili: come è possibile riconfermare Ursula von der Leyen nonostante il Pfizergate, lo scandalo della trattativa - tuttora segreta - da lei condotta via sms con l’amministratore delegato di Pfizer per l’acquisto dei vaccini a nome dell’Ue?
«Von der Leyen non può guidare la Commissione europea. Nei contratti d’acquisto dei vaccini erano in ballo qualcosa come 35-40 miliardi di euro, soldi dei contribuenti. È una cifra enorme sulla quale ancora non sappiamo come sono andate le cose. Non è il primo caso che vede coinvolta la von der Layen, la quale è sotto inchiesta anche in Germania per irregolarità nell’assegnazione di appalti, disposti sempre via sms, quando era ministro della Difesa. Per il Pfizergate è indagata per interferenza nelle funzioni pubbliche, distruzione di sms, corruzione e conflitto di interessi dalla Corte del Belgio, cui la Procura europea (Eppo, ndr) ha sottratto la competenza col pretesto che si tratta di budget europeo. Ma non è così perché sono gli Stati membri ad aver pagato. Se pensiamo che l’Eppo è sotto il controllo della Commissione, ecco che spunta un problema di correttezza. Sono fatti gravi, tanto che il Difensore civico europeo ha definito il comportamento di von der Leyen un caso di «mala amministrazione».
Eppure è stata ricandidata come nulla fosse da diversi capi di Stato.
«È uno sfoggio di potere da parte dell’establishment: come ha osservato il primo ministro ungherese Orbán, si spartiscono gli incarichi dentro un gruppetto e in barba alla volontà popolare, che pure è stata chiaramente espressa dal recente voto. Anche la vostra premier Giorgia Meloni risulta essere seccata».
Il modus operandi a Bruxelles pare sempre il medesimo: il leader che non si piega viene tagliato fuori. Quanto può continuare questo sistema?
«Alle ultime consultazioni c’è stato un ottimo risultato della destra conservatrice, nonostante molti scontenti dell’Ue non siano andati a votare. Il problema è la sfiducia crescente nella politica e in questa Europa: un malessere che prima o poi esploderà».
Lei sta per lasciare: nei cinque anni trascorsi al Parlamento europeo cosa l’ha colpita di più?
«La cosa più choccante è stato constatare che a Bruxelles dati e fatti soccombono all’ideologia. È la strada che porta alla distruzione dell’Occidente e che le élite europee hanno deciso di percorrere».
Ma chi governa veramente l’Ue?
«Le grandi aziende multinazionali, a braccetto con la sinistra liberal e gli stessi popolari: le prime hanno i soldi, i secondi il potere. Insieme tirano dritto contro l’interesse dei popoli».



