Nell’Occidente dove, non di rado a sproposito, si parla di minoranze perseguitate, ci si dimentica di chi a livello mondiale, vittima di persecuzione, lo è davvero: i cristiani. A riaccendere i fari sulla realtà, però, ci pensano documenti di grande interesse, come il rapporto Libertà religiosa nel mondo 2025, presentato ieri e pubblicato dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), dal 1947 in prima linea in aiuto, appunto, ai cristiani perseguitati.
Pensato come studio biennale e giunto ormai alla diciassettesima edizione, il testo - il cui rilievo appare chiaramente già sfogliandone le 75 dense pagine di sintesi -, si basa su una premessa di fondo, così esplicitata da Regina Lynch, presidente esecutivo di Acs internazionale, e cioè che «la libertà religiosa non è un privilegio: è un diritto fondamentale». Eppure, le violazioni di tale «diritto fondamentale», attraverso il monitoraggio globale effettuato da Acs, risultano gravissime e assai diffuse. Basti dire che, su 196 Paesi analizzati, ben 62 presentano «gravi violazioni»: di questi, 24 sono classificati come Paesi di persecuzione, 38 come Paesi di discriminazione. A livello quantitativo, significa che qualcosa come 5,4 miliardi di persone, due terzi dell’umanità, vivono in Paesi dove la libertà religiosa, nella migliore delle ipotesi, non è pienamente garantita.
Tra i poc’anzi citati 24 Paesi dove la situazione è più grave e dove le violenze risultano «sistemiche e gravi», con «arresti e repressioni» troviamo Stati geograficamente vastissimi quali Cina, India, Nigeria e Corea del Nord; con il risultato che, a pagare il prezzo delle più gravi violazioni della libertà religiosa, sono 4,1 miliardi di persone. Non solo: Libertà religiosa nel mondo 2025 documenta anche come, nel biennio preso in esame, nel 75% di questi Paesi (18 su 24) la situazione sia peggiorata.
A determinare tale peggioramento della condizione della libertà religiosa, peggioramento in larga parte a danno dei cristiani, sono stati e sono, secondo il rapporto di Acs, anzitutto due fattori. Il primo è l’autoritarismo che vede regimi e Paesi come Cina, Eritrea, Iran e Nicaragua impiegare strumenti legali e burocratici per sopprimere la vita religiosa, anche mediante una sorveglianza capillare, che forse solo lo scrittore George Orwell aveva immaginato nei modi pervasivi con cui si presenta. La seconda causa del peggioramento della libertà religiosa, anche se risulta forse politicamente scorretto ricordarlo, è l’islamismo, che vede «la violenza jihadista» protagonista, come fenomeno che «si intensifica, si adatta e destabilizza su una scala senza precedenti». Mensione speciale anche per Intelligenza artificiale e digitale, vere e proprie nuove armi contro i gruppi religiosi.
A livello quantitativo, l’estremismo religioso rappresenta uno dei principali fattori di persecuzione in 15 Paesi, mentre in altri 10 contribuisce a forme di discriminazione. La «violenza jihadista» è oggi particolarmente feroce in Africa e in Asia. Essendo un rapporto intellettualmente onesto, Libertà religiosa nel mondo 2025 non manca di denunciare anche l’aumento «crimini d’odio antisemiti e anti-islamici», anche se la gran parte delle limitazioni e delle minacce alla libertà religiosa colpisce, come già si diceva, i cristiani; e questo perfino in Occidente. Solo nel 2023 e solo in Francia, segnala infatti il rapporto, si sono verificati circa 1.000 episodi anti-cristiani; mentre nella sola Grecia ammontano a 600 i casi di vandalismo nelle chiese. Grave, a questo proposito, anche la situazione canadese, dove tra il 2021 e l’inizio del 2024, 24 chiese sono state incendiate. Incrementi simili, puntualizza Acs, «sono stati segnalati anche in Spagna, Italia, Stati Uniti e Croazia, con profanazioni di luoghi di culto, aggressioni al clero e interruzioni di celebrazioni religiose, spesso motivate da ostilità ideologica, attivismo militante o estremismo anti-religioso».



