I rappresentanti delle principali fazioni palestinesi si sono riuniti ancora una volta al Cairo, dove sotto la regia del governo egiziano hanno trovato un accordo per un nuovo governo palestinese. Il primo incontro si era tenuto, sempre al Cairo, prima del meeting di Sharm el-Sheikh, ed era stato determinante per raggiungere il cessate il fuoco a Gaza e soprattutto a progettare il futuro del popolo palestinese. Sotto lo sguardo attento dei servizi segreti egiziani si sono confrontati i componenti di Hamas, Jihad islamica, Fronte popolare per la liberazione della Palestina, Fronte democratico per la liberazione della Palestina, Corrente democratica riformata palestinese e Iniziativa nazionale Palestinese.
Ahmed Fattouh è il portavoce dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), fondata da Yasser Arafat dopo gli accordi di Oslo del 1994 e guidata da oltre 30 anni da Abu Mazen. «Questo incontro è stato fondamentale per costruire un futuro al nostro popolo. Per anni è mancato un tavolo di confronto tra le fazioni che ci rappresentano e voglio pubblicamente ringraziare l’Egitto per essersi messo a disposizione come mediatore. Dagli incontri del Cairo riparte il nostro comune futuro». Hamas, che ha partecipato a questo meeting, non potrà prendere parte a nessun governo così come i suoi stretti alleati della Jihad islamica, mentre il Fronte popolare di liberazione della Palestina, anch’esso presente, dall’arresto e condanna del suo leader è ridotto a percentuali infinitesimali. «Abbiamo deciso tutti insieme di stabilire una strategia unitaria per rilanciare l’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina), unico e legittimo rappresentante del popolo palestinese, che rappresenta tutte le componenti in causa, dobbiamo ripartire da ciò che ci univa e non ci divideva. Entro un anno dovremmo tornare ad elezioni sia parlamentari che presidenziali. I palestinesi hanno bisogno di unità: è necessario creare un unico governo, un unico esercito e soprattutto deve essere chiaro chi ha il monopolio della forza; basta con le fazioni armate che combattono strada per strada. Il presidente Abu Mazen ha emesso un decreto che permette la candidatura a chiunque abbia un chiaro programma politico che eviti ogni forma di violenza o di divisione».
Questo summit in terra egiziana ha partorito una dichiarazione in cinque punti, firmata da tutte le fazioni. «Il primo punto prevede di continuare a sostenere il cessate il fuoco e l’apertura di tutti i valichi di Gaza, il secondo la creazione di un governo tecnocratico nella Striscia, il terzo l’istituzione di un comitato internazionale per il finanziamento e la ricostruzione, il quarto e il quinto impegnano tutti a mantenere la stabilità e a dare un governo duraturo alla Palestina. Si tratta di un impegno davvero importante che può cambiare la storia». Un rinnovamento atteso per anni che la vecchia politica palestinese non voleva e che l’ultima volta che ha portato il popolo a votare nel 2006 ha visto il trionfo di Hamas nella Striscia di Gaza. Hussein al Sheikh è vice-presidente della Palestina ed è un uomo ricchissimo con interessi nel commercio e nell’energia; il suo ruolo sembra in continua crescita. «Gli errori del passato serviranno a non ripeterli nel presente», dice, «e soprattutto nel futuro. Il voto della Knesset israeliana che permette l’ampliamento delle colonie in Cisgiordania è inaccettabile, non concederemo altra terra palestinese, non un metro della nostra terra. L’Autorità nazionale palestinese è viva e in tanti hanno ancora fiducia in noi e nelle nostre idee e sono certo che lo potranno dimostrare appena ci sarà la possibilità di votare. Fino ad oggi era impossibile per gli attacchi di Israele, ma questa occasione elettorale darà nuova linfa a una Anp rinnovata. Io sono pronto a mettere a disposizione la mia esperienza e ho già parlato più volte con il presidente Abu Mazen dei cambiamenti che sono necessari. Tutte le fazioni palestinesi vogliono contribuire al nuovo corso politico, ma per candidarsi serviranno caratteristiche molto specifiche e ogni nome sarà attentamente vagliato».
Il vecchio Abu Mazen, che a giorni compirà 90 anni, vorrebbe nominare suo successore proprio Hussein al Sheikh, che da settimane si sta già muovendo come erede della Mukata. Il problema è che tecnicamente il successore del compagno di lotta di Yasser Arafat dovrebbe essere il presidente del Consiglio legislativo palestinese, l’organo parlamentare, Aziz Duwaik, un militante di Hamas. Duwaik, che si trova in un carcere israeliano, è stato nominato presidente nel gennaio del 2006, dopo le elezioni che hanno visto l’affermazione di Hamas, ma da allora il Parlamento non si è più riunito. In più, Hussein al Sheikh è malvisto da tutti gli altri gruppi e anche dalla popolazione che critica il lussuoso tenore di vita soprattutto dei suoi figli.
Ancora non c’è nemmeno una data presunta per queste annunciate elezioni e le lotte interne delle fazioni palestinesi sono già iniziate.



