Fra pochi giorni arriverà nelle sale cinematografiche italiane un film intitolato Croce e delizia, regia di Simone Godano. I protagonisti sono Alessandro Gassmann (nei panni di Carlo) e Fabrizio Bentivoglio (che interpreta Tony). La trama non è originalissima: i due signori in questione, padri di famiglia, si sono innamorati e decidono di sposarsi, cosa che ovviamente manda un po' in confusione i rispettivi figli ormai grandicelli. Per farla breve: i nostri eroi hanno scoperto di essere gay e hanno fatto in modo di uscire allo scoperto. Ne abbiamo viste parecchie di storie del genere, negli ultimi anni. Sono presentate più o meno tutte nello stesso modo, ovvero come vicende edificanti, utili per invitare gli omosessuali a non nascondersi e a uscire dall'ombra. Tale componente «sociale» sembra essere presente anche in Croce e delizia, e infatti la pellicola è stata prodotta con il gentile contributo pubblico del ministero dei Beni culturali.
Insomma, il discorso è chiaro: se il film (o il libro o la serie tv) racconta di eterosessuali che si scoprono gay viene apprezzato, sostenuto, pubblicizzato e pure presentato come importante per il Paese. Ma che cosa succede quando avviene il contrario? Che cosa accade se si racconta di un omosessuale che decide di diventare o ridiventare etero? La risposta è facile: scoppia il putiferio.
A dimostrarlo è il caso di Nausica Della Valle, nota giornalista Mediaset. È stata per diverso tempo inviata della trasmissione Quinta Colonna, ora lavora a Mattino Cinque. Da qualche anno, però, la sua vita ha preso una direzione diversa. Dopo oltre 40 anni passati ad avere rapporti sentimentali e sessuali con donne, la cronista ha fatto sapere al pubblico di non essere più lesbica. Ha trovato Dio, si è convertita, e spiega di non essere più omosessuale. Non solo. Da mesi Nausica sta girando l'Italia, viene invitata - per lo più nelle chiese evangeliche, ma anche in qualche parrocchia cattolica - per raccontare la sua esperienza di incontro con il Signore. «Ho date fino al prossimo dicembre», dice la giornalista alla Verità.
Una delle sue conferenze era programmata per il 2 marzo, all'auditorium Città studi di Biella. La Della Valle è stata contattata da tre chiese locali: quella di Cristo Re, la chiesa di Sion e la parrocchia delle Grazie di Biella. I «Cristiani uniti per servire Biella» hanno - ovviamente - diffuso un manifesto per pubblicizzare l'evento. Ma hanno fatto un errore: sul cartellone, accanto alla foto della giornalista, hanno scritto: «Perché non sono più lesbica». Ed ecco che è esplosa la bomba. Siti d'informazione e attivisti arcobaleno hanno iniziato a strepitare, la conferenza si è trasformata immediatamente in un caso di omofobia da sanzionare.
Risultato: Pier Ettore Pellerey, direttore del campus universitario biellese, ha negato la sala. «È un evento», ha detto alla Stampa, «in contrasto con i principi educativi che Città studi tenta di diffondere e sostenere tra cui quelli di tolleranza e accettazione dell'altro». Beh, è curioso che in nome della tolleranza e dell'accettazione si impedisca a qualcuno di parlare, ma ormai siamo abituati a questo genere di controsensi.
Resta il fatto che lo spazio a Città studi non è più disponibile. Nel frattempo, Nausica continua a ricevere attacchi e insulti via social network. La accusano di ogni nefandezza, eppure, quando le abbiamo parlato al telefono, è stata chiara: «Io vado nelle chiese per invitarle ad accogliere gli omosessuali, ad amarli e a prendersi cura di loro senza giudicarli». Non sembra, a ben guardare, un messaggio di odio e intolleranza.
«Questo incontro è stato male interpretato, non volevamo offendere nessuno. Siamo abituati a organizzare dibattiti con personaggi conosciuti del mondo culturale e dello spettacolo. Ora valuteremo come difendere i nostri diritti», ha detto alla Stampa Daniele Cocco della chiesa di Cristo Re. «Intanto cercheremo un altro luogo che ci ospiti». A quanto pare, dunque, la conferenza in qualche modo si farà lo stesso.
Da questa storia, però, emerge evidente una contraddizione. È lecito non apprezzare le posizioni di Nausica Della Valle, ciascuno è libero di pensare di lei e della sua conversione ciò che desidera. Tuttavia, la giornalista ha fatto una scelta libera: nessuno l'ha forzata a diventare credente e ad abbandonare l'omosessualità. Non ha subito «terapie riparative», non è stata rinchiusa in qualche centro di rieducazione sul modello americano. Non sta invitando il pubblico a linciare i gay e le lesbiche, anzi. E allora perché devono zittirla e insultarla?
Se un marito e padre o una moglie e madre dichiarano di essere felici di aver abbandonato l'eterosessualità per dedicarsi alle gioie dello stesso sesso, tutti battono le mani. Se avviene il contrario, tuoni e fulmini precipitano dal cielo. «L'omosessualità non è una malattia da cui guarire», gridano gli attivisti arcobaleno. Bene, ma lo stesso vale per l'eterosessualità, o no? Sentiamo costantemente parlare di «fluidità sessuale», di generi che vengono «costruiti socialmente»... Si vede che la fluidità va bene solo quando scorre in un senso ben preciso.



