intervista malinen

«Italia e Finlandia devono uscire subito dall’euro»
Tuomas Malinen

L'economista scandinavo Tuomas Malinen: «La moneta unica ha fallito, lasciamola morire». Per il terzo anno di seguito si è confermato il Paese più felice del mondo, ma quando si parla di politica economica europea la Finlandia rappresenta una terra assai inquieta. Il dibattito sull'appartenenza all'euro non rappresenta più un tabù, e in parallelo cresce il disagio nei confronti dell'Ue. Nelle ultime settimane, in Parlamento e da parte di alcuni membri dell'esecutivo si sono levate aspre critiche nei confronti del Recovery fund, sia nella formulazione proposta da Emmanuel Macron e Angela Merkel, che in quella della Commissione europea. Tanto che Jussi Halla-aho, leader dei Veri finlandesi (secondo partito a livello nazionale), ne ha approfittato per tornare alla carica rilanciando la proposta di abbandonare l'unione monetaria. La Verità ne ha voluto discutere con Tuomas Malinen, capo economista di Gns economics e professore a contratto all'università di Helsinki.

Può spiegarci perché uscire dall'Eurozona sarebbe un bene per la Finlandia?

«L'euro è sempre stato un fardello. Le esportazioni sono basate su beni di investimento come macchinari e legname. Quando si verifica uno shock, per esempio una recessione, la domanda globale cala e il nostro export tende a sprofondare. Nel passato, la nostra moneta ha sempre fornito l'aiuto necessario, dal momento che eravamo in grado di svalutare. L'euro, però, non si flette in base ai nostri bisogni».

È opinione comune, però, che il piano di salvataggio dell'economia di Ursula von der Leyen rafforzi l'Eurozona.

«La proposta della Commissione europea ci chiede di rinunciare a una parte del nostro potere di bilancio e dell'indipendenza nell'Ue, e allo stesso tempo di garantire l'emissione di debito all'interno dell'Unione stessa. Senza contare che il fondo è totalmente insufficiente. Per salvare la moneta unica, con tutta probabilità, ci vorrebbero almeno 3.000 miliardi. Semplicemente, non possiamo più permetterci l'euro, e questo rappresenta un danno. Ecco perché dobbiamo uscirne».

Crede che il Recovery fund vedrà mai la luce?

«La Commissione sta violando le sue stesse regole. Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede infatti che l'Ue non possa fare deficit e cioè non può emettere debito, mentre l'articolo 125 vieta qualsiasi tipo di trasferimento fiscali tra gli Stati membri, come le sovvenzioni. Ma una volta ceduto nuovo potere finanziario all'Ue, questa non lo restituirà mai. Ecco perché il “coronafund" rappresenta un passo verso l'Europa federale».

Come giudica la proposta di Austria, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia, che spingono per concedere prestiti e non sovvenzioni?

«Senza dubbio la ritengo migliore di quella della Commissione».

Che fare, dunque?

«La soluzione migliore sarebbe smantellare la moneta unica di comune accordo. Tuttavia, credo che dopo questa proposta ormai la nave sia salpata. La Finlandia dovrebbe semplicemente scendere».

Pensa che si tratti di un'opzione praticabile sotto l'attuale governo?

«Credo di no. Il nostro premier Sanna Marin sembra voler governare con il pugno di ferro, ma allo stesso tempo non possiede le competenze economiche e politiche necessarie a gestire una crisi di questa portata. Il nostro ministro dell'Economia Katri Kulmuni (che ieri ha rassegnato le dimissioni per uno scandalo sull'uso di fondi pubblici, ndr), invece, si dimostra troppo debole, e così rimaniamo bloccati».

Secondo lei come siamo arrivati a questo punto?

«L'euro è un progetto mal concepito fin dall'inizio. La storia ci insegna che le unioni monetarie creata fuori da un'unione federale, e senza un meccanismo di uscita, sono tutte naufragate. L'euro ha fallito perché i suoi fondatori non hanno imparato le lezioni offerte dal passato».

In Finlandia è partito un dibattito vivace. Qua da noi, invece, l'Italexit viene vista come un sacrilegio. Pensa che nell'eventualità il nostro Paese verrebbe spazzato via?

«Non sono un esperto di economia italiana, ma direi di no. Stando agli studi, l'uscita da una unione monetaria difficilmente può avere effetti catastrofici sull'economia. Ovviamente ci sarebbero delle difficoltà, come ad esempio il default del debito sovrano, ma da un momento all'altro assisteremmo a un incremento straordinario della vostra competitività. Il Pil pro capite in Italia non è più alto di quando avete adottato l'euro, e per causa sua il Paese ha perso almeno due decenni di crescita. Perché mai restarci?».

Cosa ne pensa del ruolo svolto dalla Bce negli ultimi anni?

«Ha creato un danno enorme mettendo in atto il quantitive easing, perché ha spinto i rendimenti dei titoli di Stato verso minimi letteralmente ridicoli. E ciò vale ancora di più per l'Italia. Se non avessi potuto finanziarti a tassi tanto bassi, oggi non saresti tanto indebitato. Quando a un certo punto il rendimento verrà prezzato correttamente dai mercati, il risultato sarà una crisi del debito. E tutti si chiederanno: di chi è stata la colpa?».

È possibile salvare l'euro?

«Certo che sì, ma il prezzo da pagare è la perdita della nostra sovranità e accettare che l'economia dell'Eurozona si trasformi in un enorme zombie. A conti fatti, meglio lasciare che istituzioni fallimentari come l'euro muoiano».

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