In Molise ha votato poco più della metà dei molisani, ossia 172.000 elettori, mentre gli altri hanno preferito restare a casa. Dal punto di vista numerico dunque è come se fosse andata alle urne una città delle dimensioni di Reggio Emilia o poco più. Tuttavia, pur essendo un test elettorale ridottissimo a causa dei partecipanti, il voto di domenica rischia di pesare sugli equilibri nazionali più di quanto ci si immagini, favorendo, incredibilmente, proprio coloro che hanno perso.
Mi spiego: in termini di consenso, la scelta dei cittadini di Campobasso, Isernia e Termoli non può certo cambiare i risultati nazionale, variandoli a favore degli sconfitti. E però può influire sull'umore di chi siede in Parlamento, in particolare di chi fino a ieri dichiarava di non temere nuove elezioni e si diceva pronto a tornare alle urne nel caso non si riuscisse a formare un governo. Il voto di domenica infatti conferma una tendenza già tratteggiata nei giorni scorsi da diversi sondaggisti. E cioè che dopo aver raccolto a sorpresa il favore di moltissimi italiani, divenendo il primo partito del Paese, il Movimento 5 stelle stia deludendo una parte di chi li ha scelti come forza politica di rottura. Le rilevazioni della scorsa settimana sulle intenzioni di voto segnalano proprio una battuta d'arresto dei grillini, i quali però fino a prima erano dati in forte ascesa, come se l'onda lunga del 4 di marzo non si fosse ancora dispersa. Invece ora la popolarità di Luigi Di Maio, ovvero di colui che fino a ieri era considerato il leader perché benedetto dalla coppia Grillo-Casaleggio, sembra essersi appannata e insieme a con essa anche la volontà di cambiamento.
Il Corriere della Sera, con un articolo di Nando Pagnoncelli, qualche giorno fa ad esempio registrava il sorpasso di Matteo Salvini, il quale, sebbene sia stato a lungo in svantaggio rispetto a Di Maio, negli ultimi tempi ha visto salire le proprie quotazioni fra gli italiani, proprio a scapito del concorrente pentastellato, che ora sarebbe costretto a inseguire. Che ci dice tutto questo? Una cosa semplice. Ovvero che al momento la Lega sembra essere l'unico partito che potrebbe veder crescere ancora i propri consensi, mentre gli altri, nel caso andasse bene, dovrebbero accontentarsi di non perderli. Tutto questo mentre ci sono gruppi che scivolano verso la zona bassa della classifica, avvicinandosi pericolosamente alla soglia psicologica del dieci per cento. A quasi due mesi dalle elezioni, e dopo le dimissioni del suo segretario, il Pd pare non essersi ancora ripreso dalla batosta e nonostante la decisione di restare fuori dai giochi, ritagliandosi un ruolo all'opposizione, veleggia sempre lontano dai risultati di appena qualche anno fa, quando Matteo Renzi distribuì a milioni di italiani 80 euro.
Il voto delle Europee sembra appartenere a un'altra epoca, a una stagione storica non più recuperabile, e oggi al Pd tocca accontentarsi di meno della metà di quei voti, se non addirittura di un terzo. Proprio per questo il voto di domenica potrebbe far passare qualsiasi velleità di rivincita, archiviando in fretta la stagione dell'Aventino. Restare fuori dai giochi, lasciando che a sbrigarsela siano i grillini, potrebbe costare molto caro ai parlamentari del Pd. I quali dall'altro ieri potrebbero avere un motivo in più per digerire il boccone amaro dei 5 stelle. Se prima nel partito ex renziano qualcuno poteva pensare che l'onda del 4 marzo fosse momentanea, destinata cioè a passare con la fine dell'alta marea, adesso sa che le cose non stanno così. Se si tornasse a votare dunque non andrebbe meglio, ma peggio.
Un dettaglio non da poco per gente che non ha altro lavoro che stare in Parlamento. Già decimata dal voto, la pattuglia Pd potrebbe trovarsi ancor più ristretta. Diciamo dunque che da domenica c'è un motivo in più per fare il governo. Un motivo che potrebbe riguardare anche i 5 stelle. Un conto infatti è ottenere il 32 per cento, un altro è fermarsi un po' prima: per alcuni onorevoli potrebbe voler dire addio alla carriera politica.Risultato: dopo il voto in Molise ci sono molte spinte che concorrono alla nascita del governo. La paura di perdere la poltrona è un propellente fortissimo, che può accelerare qualsiasi esecutivo, perfino uno guidato da Roberto Fico, un signore che fino a ieri sembrava rappresentare l'ala grillina sconfitta. Mica male, insomma come risultato. I perdenti stanno al governo e i vincitori fuori. E poi dicono che la legge elettorale non funziona. Il Rosatellum al contrario è perfetto se si vuole prendere in giro gli italiani.