Calcolare con precisione quanto le sanzioni verso la Russia abbiano danneggiato il settore italiano del legno non è facile. A fine 2021, però, il peso della Russia sull’export del mondo del legno (di cui fanno parte anche arredamento e illuminazione) valeva in totale 750 milioni di euro. Calcolando la media mensile, insomma, si tratta di 62,5 milioni di euro. Potrebbe essere questa la cifra a cui il mondo italiano del legno dovrà dire addio con le recenti limitazioni imposte a Mosca dall’Ue.
D’altronde, è ormai noto che le sanzioni verso l’ex Unione Sovietica stiano di riflesso sgretolando tanti settori italiani e quello del legno non è certo da meno. In questo caso, il problema principale è che manca la materia prima. Dalla Russia e dalle aree limitrofe, infatti, arrivavano betulla, latifoglie e conifere che servono ad alimentare il settore in Italia. Ora tutto questo scarseggia e il problema principale è che i prezzi stanno andando alle stelle, senza considerare che i tempi di attesa si stanno allungando a dismisura.
«Il conflitto sta accrescendo le difficoltà di approvvigionamento delle imprese e spingendo ulteriormente al rialzo i prezzi di materie prime ed energia, arrivando fino al prodotto finale e rendendo meno competitivi i nostri prodotti e quindi le nostre aziende», spiega alla Verità Federlegnoarredo, la federazione italiana delle industrie del legno, del sughero, del mobile, dell’illuminazione e dell’arredamento. «Da Ucraina, Russia e Bielorussia importiamo circa il 5,3% di tronchi, pannelli e segati che valgono 468.948 metri cubi (dati da gennaio a novembre 2021) sui circa nove milioni di metri cubi totali che arrivano in Italia da tutto il mondo. La Russia vale il 2,5%, l’Ucraina il 2,3% e la Bielorussia lo 0,5%. Il peso della Russia sull’export della filiera legno-arredo è pari a 410 milioni di euro (dati aggiornati a novembre 2021) che nel 2019 era di 435, registrando quindi una diminuzione di circa sei punti percentuali. Il macrosistema arredamento e illuminazione, invece, vale circa 340 milioni di euro che erano 361 nel 2019 con una diminuzione registrata anche in questo caso di circa 6 punti percentuali. Nella classifica dell’export del macrosistema arredamento la Russia è il nono Paese, dietro a Cina, Spagna e Belgio». Per quanto riguarda le importazioni, continuano dall’associazione, «la filiera del legno-arredo pesa 136 milioni di euro, registrando un incremento rispetto al 2019 addirittura del 41,2%, a dimostrazione soprattutto di quanta materia prima importiamo da questo Paese». Il problema, come per molte materie prime, è legato all’arrivo del legname da Mosca e dintorni.
«La Russia è un fornitore importante per la nostra filiera, che compra all’estero circa l’80% del legno che poi lavora», aggiunge Claudio Feltrin, presidente di Federlegnoarredo. «Il ruolo della Russia è fondamentale per calmierare i prezzi: se blocca le vendite di legname, come aveva già iniziato a fare da gennaio, questo farà schizzare, ancor di più, i prezzi verso l’alto. Paesi come la Cina, per esempio, sono disposti a pagare qualsiasi prezzo per importare legno e tutto questo arriverà a cascata sul consumatore finale e minerà la competitività delle nostre aziende, che potrebbero trovarsi a gestire un corto circuito in cui non riescono a evadere gli ordini per la mancanza di materie prime e al tempo stesso sono soffocate dal caro energia che si sta già riversando sui listini dei prodotti finiti».
Il problema, insomma, è molto serio. A margine della presentazione del Salone del mobile di Milano, Feltrin aveva ribadito che «la Russia è il primo fornitore di legno di betulla per l’Italia e l’ha bloccata. Le aziende italiane hanno scorte ancora per uno o due mesi», aveva detto. In particolare, «per la betulla la Russia è il principale produttore mondiale, copre l’80% del fabbisogno e ora non si può più acquistare. Nell’arco di qualche mese, se non si risolverà il conflitto, questo potrà avere dei risvolti trasversali, non solo sul nostro comparto, ma su tutti gli altri».
L’altro problema urgente che colpisce tutte le imprese della filiera (ma anche tanti settori al di fuori del mondo del legno) è quello dei magazzini che vedono accumularsi la merce che, già ordinata e già prodotta, non può partire a causa del blocco dei porti e ora anche dei pagamenti, viste le sanzioni relative al sistema bancario russo.
C’è dunque chi sostiene che si potrebbe ricorrere a una maggiore quantità di legno prodotta all’interno dei nostri confini. Al momento, infatti, per salvaguardare le foreste possiamo utilizzare ben poco legno rispetto a quanto ne sarebbe disponibile sul territorio.
Il problema è che, utilizzandolo, servirebbero poi anni per ripopolare le aree boschive. Per fare un esempio, la pioppicoltura nella pianura padana è la punta di diamante della produzione legnosa a uso industriale in Italia. Ma ci vogliono dieci anni per avere un pioppo maturo e per premere l’acceleratore sulla produzione interna servirebbero più accordi di filiera e politiche economiche orientate allo sviluppo del settore.

