I legionari del green pass non hanno e non danno tregua. Ancora innervositi dal mancato en plein della scorsa settimana (quando hanno vinto sul principio, ma hanno perso sul resto, vista la mancata estensione dell'obbligo di carta - per ora - a trasporti, scuole e luoghi di lavoro), i miliziani del controllo mordono il freno, e fanno pressing sul governo in tutti i modi.
Sulla scuola, i pasdaran sono stati momentaneamente stoppati dall'evidenza dei dati (85,5% di personale già vaccinato) e anche dalla scelta del governo e del generale Francesco Paolo Figliuolo di attendere l'ulteriore monitoraggio del 20 agosto. Sui trasporti, appare probabile che ci sarà una distinzione tra mezzi a lunga percorrenza (treni, aerei) e mezzi pubblici urbani (bus, metro): per questi ultimi, anche lasciando per un istante da parte le questioni di principio, le difficoltà pratiche legate al controllo appaiono insormontabili. Anche se ora si aggiunge un elemento surreale: secondo il Corriere, «il green pass servirà anche al tracciamento qualora dovesse essere accertata la positività di uno dei passeggeri». Sul lavoro, appare fortunatamente insuperabile un ostacolo di livello costituzionale: per introdurre un obbligo, serve una legge, e dunque, se il governo vuol compiere quel passo, deve assumersene la responsabilità in Parlamento.
Non solo. A poco a poco, settore per settore, è la realtà concreta a imporsi nella sua durezza. Un'applicazione ottusa e generalizzata del green pass sta già avendo effetti devastanti sulla stagione turistica. Si pensi al caso degli alberghi: per prenotare e accedervi, non è richiesto green pass. Che però rischia di diventare obbligatorio per fare colazione, pranzo e cena nel ristorante dell'albergo stesso. La domanda sorge spontanea: che deve fare una famiglia che abbia anche un solo figlio non vaccinato? Molti rispondono semplicemente cancellando la prenotazione alberghiera.
Davanti a questa evidenza (prevedibile e prevista) anche un membro del governo favorevole al green pass, il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, si è detto disponibile a «comprendere in questi giorni che tipo di azioni correttive possiamo apportare». In dettaglio, secondo Costa, si può «valutare l'ipotesi “no green pass" nei ristoranti dentro gli alberghi quando i ristoranti fanno un servizio esclusivo alla clientela dell'albergo».
Su tutto, saggiamente, Matteo Salvini invita a valutare gli sviluppi nelle prossime settimane prima di prendere decisioni estreme. Da questo punto di vista, se già si è deciso di attendere il 20 agosto per il monitoraggio sulla scuola, non si vede perché si debba accelerare sul resto. Se tra 3-4 settimane infatti le tendenze si confermassero sotto controllo, perché assumere misure draconiane?
A incoraggiare, c'è la conferenza dell'altro ieri sul monitoraggio settimanale, nella quale figure non certo sospettabili di lassismo come Silvio Brusaferro e Gianni Rezza hanno presentato dati due volte rassicuranti. Per un verso, le ospedalizzazioni restano saldamente sotto controllo e a numeri bassi. Per altro verso, la stessa salita dei casi di positività (che tutti davano per scontata) mostra un tasso di crescita decrescente: sale, certo, ma questa settimana è salita molto meno di quelle precedenti. Tre settimane fa i casi erano saliti del 48%, due settimane fa del 98%, l'altra settimana del 94%, mentre questa settimana solo del 30%. Dunque, si può sperare che il famoso «plateau» non sia lontano anche sul piano delle positività. Se così fosse, e se non ci fosse una drammatizzazione rispetto ai ricoveri, perché esacerbare il clima e spacciare paura come fanno incessantemente alcuni politici e numerosi media?
Gli stessi dati delle ultime 24 ore dovrebbero indurre a un approccio equilibrato e non ansiogeno: i casi sono stati 6.514 (nonostante il maggior numero di tamponi, le positività sono dunque risultate inferiori al giorno prima, quando erano state 6.619), i morti 16 (meno del giorno prima, quando erano stati 18), i ricoverati ordinari in più 39 (meno del giorno prima, quando erano stati 82), mentre le persone in più in terapia intensiva nel saldo tra entrate e uscite sono state 13 (poco sopra il giorno prima, quando erano state 7, sempre in tutta Italia).
Dunque, si potrebbe procedere con la campagna vaccinale senza nevrastenia. E magari, in termini di screening, valorizzare uno strumento inspiegabilmente trascurato qui in Italia, per quanto riconosciuto dall'Iss: il tampone salivare. È rapido, non è invasivo, è di facilissima utilizzazione, e in alcuni contesti (si pensi alla positività a scuola di un ragazzo o di un professore) potrebbe essere un mezzo fondamentale per monitorare tutti gli altri senza far saltare la continuità del lavoro in presenza. E se lo strumento fosse gratuito, crescerebbe per ciascuno la curiosità (e perfino l'abitudine) di fare una piccola verifica, senza veder mortificata la propria libertà di movimento.


