«Berlusconi tornerà più forte di prima, e la rivoluzione nel partito è solo all’inizio». Alessandro Sorte, classe 1984, da Treviglio (Bergamo), è il nuovo coordinatore regionale di Forza Italia in Lombardia, subentrato a Licia Ronzulli nel grande «reset» del partito di qualche giorno fa. A questo ragazzo dall’aria tranquilla e dai toni gentilissimi, il fondatore ha consegnato le chiavi di Forza Italia nella regione più importante.
Come sta Silvio Berlusconi? Ha avuto modo di sentirlo?
«Siamo in attesa della comunicazione ufficiale del suo ritorno. Lo aspettiamo con ansia. Sappiamo che ci sono stati dei miglioramenti, e questo ci rende felici: a Berlusconi vogliamo bene come persona, prima ancora che come leader. Sono sicuro che resteremo impressionati dalla sua voglia di tornare al lavoro».
Pensa che tornerà a seguire il partito con la stessa determinazione?
«Lo spero, e confido sia presente alla nostra convention del 5 maggio. Riprenderà in mano tutti i dossier che riguardano la riorganizzazione di Forza Italia. Se ne sta accorgendo anche chi non l’ha votato: la capacità di essere moderatore del quadro politico resta intatta».
Cosa intende?
«Il Terzo polo si è disintegrato. Carlo Calenda voleva fare il leader, ma ha capito che con Renzi, più che il terzo polo, poteva fare al massimo il primo pollo. Morto questo progetto, oggi per i moderati c’è una prateria. Forza Italia, all’interno della coalizione del centrodestra, rappresenterà ancora di più il voto utile, a differenza dei voti dati a Renzi e Calenda, praticamente voti gettati via».
Perché i due hanno divorziato?
«Si erano messi insieme solo per sopravvivenza politica, in sostanza per un cartello elettorale. Una volta che hanno superato la soglia di sbarramento, sono esplosi. Hanno capito che correre ancora insieme significherebbe dimezzare i consensi, e dunque hanno pensato di finirla qui».
Tagliati i ponti con Calenda, Renzi ha le mani libere per lanciare un’opa su Forza Italia?
«Queste sono ricostruzioni di fantascienza che ho letto su qualche giornale. Ricordo a tutti che Renzi ha già appoggiato una volta un governo con a capo un grillino, Giuseppe Conte. E poi arriva di Firenze, una città rossa, è stato sindaco del Pd».
Dunque?
«Dunque attenzione: l’uomo è imprevedibile. Non è da escludere che voglia costruire il centro del centrosinistra, allargato ai cinque stelle».
È un avvertimento ai suoi compagni di partito che stanno subendo il fascino di Renzi?
«Io dico che Renzi, dopo le europee, per la sua storia politica e per la sua spregiudicatezza, potrebbe trovare una collocazione naturale in un centrosinistra sbilanciato sul radicalismo. Quella non è la nostra storia, non è la storia dei moderati. Se qualcuno pensa che Renzi possa essere un interlocutore di Forza Italia, sta prendendo un abbaglio».
Dunque Renzi non è l’erede di Berlusconi?
«Non scherziamo. Per dirla con Mourinho, Matteo Renzi è un politico “zero tituli”. Berlusconi ha vinto tutto ciò che c’era da vincere».
Carta di identità alla mano, risulta che quando scese in campo Berlusconi lei aveva dieci anni.
«È grazie a lui che mi sono appassionato alla politica. C’erano ancora partiti che si richiamavano al comunismo. Nel ’94 la sinistra poteva tirare un calcio di rigore a porta vuota. Ma è arrivato Berlusconi e ha cambiato una storia già scritta».
Ha cambiato anche la sua, di storia.
«Ho fatto di tutto, una lunga gavetta: ho cominciato come rappresentante di classe sui banchi di scuola, poi consigliere comunale, provinciale e regionale, infine parlamentare. Berlusconi ha sempre tirato la carretta per tutti, nel partito. E trovo profondamente ingiusto che oggi lui debba continuare a risolvere tutti i problemi, elettorali e organizzativi. È il caso di chiedersi cosa possiamo fare noi».
Lei sarà il nuovo coordinatore lombardo di Forza Italia: una carica chiave.
«Selezionerò i dirigenti in base al merito e alle capacità, a cominciare dalla mia vice, Simona Tironi, la più votata in Lombardia. Scriveremo un nuovo organigramma, rinnoveremo i coordinamenti provinciali. Tante persone uscite da Forza Italia stanno chiedendo di tornare indietro. Sul territorio dobbiamo aprire le finestre, senza escludere pezzi di partito».
Quindi il merito non era più il primo criterio nelle vostre scelte interne?
«Dobbiamo aiutare Berlusconi anziché creargli problemi. E questo possiamo farlo con scelte sobrie e meritocratiche, che non si basino su simpatie o antipatie, ma sull’impegno e sulla capacità di generare consenso. Il brutto vizio della politica è quello di lavorare per escludere, mentre l’insegnamento di Berlusconi è sempre stato quello di allargare i confini».
Il reset ai vertici è stato improvviso. Lei ha preso il posto di Licia Ronzulli in Lombardia, Barelli ha sostituito Cattaneo come capogruppo alla Camera. Ha vinto l’ala filo-Meloni?
«Siamo “distanti” dal Pd e “distinti” nel centrodestra. Non ci appiattiamo né sulla destra sovranista di Matteo Salvini, né sulla destra nazionalista di Giorgia Meloni. Il centrodestra resta unito con le sue sfumature».
Ma oggi i pesi in campo sono diversi: Fdi conta quasi quattro volte i consensi di Forza Italia. Pierferdinando Casini dice che Meloni «si è presa l’eredità di Berlusconi, il centrodestra è lei».
«In realtà anche chi arriva da una cultura di destra sta gestendo il governo sulla base di una spinta moderatrice. La prudenza del premier sui provvedimenti economici, il suo approccio equilibrato, non è casuale: ci vedo l’impronta politica di Forza Italia che è stata sposata dalla coalizione. Noi rappresentiamo la garanzia che si prosegua su questo binario, senza abbandonarsi agli eccessi».
Quali eccessi?
«Forza Italia è l’unico centro degno di questo nome esistente in Italia. Siamo gli unici a coniugare l’ideale con il reale. E questo nostro pragmatismo premia tutto il centrodestra. Si traduce nell’attenzione alle imprese, alle infrastrutture, al garantismo nella giustizia, alle nostre battaglie storiche sull’economia, a cominciare dal cuneo fiscale che andrà ulteriormente ritoccato».
Dopo questo cambio improvviso, che rapporto ha con Ronzulli?
«È capogruppo al Senato, continuerà a portare avanti il suo ruolo. Da mesi aveva messo in conto un cambiamento, perché non poteva tenere l’interim di tutto. Penso si possa portare avanti una collaborazione leale: tutti lavoriamo per lo stesso obiettivo, in vista delle elezioni europee».
Un terremoto del genere però non si era mai visto, in Forza Italia. Evidentemente stavano montando insofferenze sulla gestione del partito?
«Ronzulli aveva anche la delega ai rapporti con gli alleati. Faceva fatica a fare tutto. Ha lavorato bene, ma dopo le regionali ci si attendeva un cambio».
Ora si aspetta più gioco di squadra?
«C’è già. Le assicuro che il clima è buono. Certo, in Forza Italia ci sono più anime, ma oggi siamo tutti accomunati dall’attesa per il rientro del presidente Berlusconi. Il nostro compito è fargli trovare una macchina perfettamente funzionante, pronta per la gara».
Non ci saranno scissioni?
«Al contrario. Registriamo sui territori un’aria nuova. Le nuove nomine nel partito hanno innescato una grande voglia di impegnarsi. È un’operazione ben riuscita, e alla prossima manifestazione del partito resterete stupiti».
È stato descritto come punta di diamante della corrente che fa capo a Marta Fascina. Un legame di amicizia nato sui banchi del parlamento?
«Posso dire che stimo molto Marta da tempi non sospetti. È una ragazza molto intelligente, non molla un centimetro, e sta svolgendo un ruolo che apre il cuore alla nostra comunità. È una bella persona, come sta dimostrando in questi giorni complicati».
Il partito unico del centrodestra non è più all’orizzonte?
«Oggi dobbiamo lavorare per far crescere l’area moderata. Il centrodestra vincente conserva le sue diversità».
Lei di diversità se ne intende, dal momento che è sposato con una dirigente del Pd, Matilde Tura.
«Per la precisione si tratta della capogruppo del Pd del comune di Treviglio, in Lombardia. Quando ero candidato in quel collegio, mia moglie montava i gazebo contro di me».
Chissà gli scontri, la sera a cena.
«Grandissime litigate. Diciamo che la politica è l’unica cosa su cui non andiamo d’accordo. Se non fossi stato eletto, qualcuno avrebbe potuto dirmi “non ti vota neanche tua moglie”. Peraltro è una grandissima sostenitrice di Elly Schlein, ma mi taccio, altrimenti a casa finisco nei guai…».


