Storie di italiani bloccati all'estero

Storie di italiani bloccati all'estero

Da quando l'emergenza coronavirus ha varcato i confini di tutto il mondo, molti nostri connazionali hanno scelto di tornare in Italia. Ma non tutti. Alcuni hanno deciso di rimanere nei Paesi dove vivono e lavorano, misurandosi con le diverse misure di distanziamento sociale imposte. Davide, per esempio, descrive la sua New York, dove vive da tre anni, come «un palco vuoto in attesa del ritorno dei suoi attori». Anche la città che non dorme mai infatti, si è dovuta fermare. Ma come ci spiega Davide, i suoi oltre 8 milioni di abitanti sono liberi di passeggiare o andare a fare una corsa al parco. Un lockdown serrato come il nostro, lì sarebbe impensabile. Non è così invece in Spagna, dove il governo Sanchez ha messo in pratica provvedimenti fortemente limitativi, sulla scia dell'Italia. Lì, ancora tutte le sere, alle 20 i cittadini escono sui balconi per applaudire il personale medico che sta combattendo il Covid, come ci racconta Giulio, che vive a Madrid.

Infine, Daniele, da una decina di anni a Londra, ci spiega la situazione britannica: misure severe, pub e ristoranti chiusi, smart working diffuso, ma le passeggiate con i propri familiari e lo sport all'aperto è concesso. Anche nel Regno Unito, però, dove i primi provvedimenti sono stati presi nella seconda metà di marzo, la consapevolezza che rimanere a casa sia l'arma più efficace in questa battaglia, è alta.

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