In questi giorni una coppia di magistrati perugini è unita, oltre che dal legame sentimentale e dalla comune scelta professionale, anche dalle disavventure giudiziarie. Sono, infatti, entrambi alla sbarra a Firenze in due diversi procedimenti. Del primo si è parlato poco, del secondo per niente, anche se i protagonisti sono toghe piuttosto note. Lei è Manuela Comodi, la pm che portò avanti le ragioni dell’accusa contro Raffaele Sollecito e Amanda Knox nell’inchiesta per l’omicidio di Meredith Kercher.
Lui è Umberto Rana, ex presidente della sezione fallimentare del Tribunale del capoluogo umbro e oggi giudice a Macerata.
La settimana scorsa la Comodi, senza che la notizia sia apparsa su alcun giornale, si è difesa durante l’udienza preliminare che la vede sotto inchiesta per accesso abusivo a sistema informatico, quello della «cognizione penale» (Sicp, il vecchio registro generale) della Procura di Perugia. La donna è infatti accusata di aver sbirciato in fascicoli a cui non era applicata. Per l’esattezza il procuratore facente funzioni di Firenze Luca Turco le contesta nove ricerche effettuate tra il 12 marzo 2019 e il 14 marzo 2022.
Il compagno, Rana, sessantenne originario di Molfetta, è messo peggio. Il 20 ottobre scorso è stato rinviato a giudizio e in queste settimane si sono svolte le prime udienze del processo. Il procedimento ruota intorno a presunte irregolarità nell’affidamento degli incarichi professionali. L’uomo è accusato di corruzione «perché quale presidente del Tribunale di Perugia incaricato della trattazione dei procedimenti fallimentari, per l’esercizio delle sue funzioni, indebitamente riceveva» utilità per sé, la compagna Manuela e «il di lei ex coniuge A.M.» da tre professionisti incaricati nei vari procedimenti (Patrizio Caponeri ha ricevuto 31 nomine, Francesco Mitridate 23, Corrado Maggesi 22). I commercialisti Caponeri e Maggesi avrebbero messo a disposizione di Rana due buoni acquisto del valore di 700 euro da spendere in una boutique per uomo del centro storico di Perugia e altri tre del valore di 500 ciascuno da utilizzare in un altro negozio, sempre d’abbigliamento maschile, nel cuore del capoluogo. I due avrebbero anche collaborato alla redazione di uno schema standard per un «provvedimento di omologa» del Tribunale insieme con Rana.
Caponeri e Maggesi, come risulta anche dalle intercettazioni, avrebbero promesso pure un interessamento per il buon esito della nomina a procuratore aggiunto di Perugia della Comodi nella primavera del 2019. Per questo Rana è stato incolpato a livello disciplinare al Csm per aver mancato ai doveri di correttezza.
Il giudice è finito a processo anche «per l’interessamento di Maggesi e Caponeri in favore della posizione lavorativa di A.M. - l’ex marito della Comodi, ndr - (il quale ha ricevuto 8 nomine dal collegio fallimentare e sette dal giudice dell’esecuzione)» si legge nel decreto di rinvio a giudizio. Maggesi e la figlia avrebbero anche assistito Rana gratuitamente per le problematiche fiscali, come per la presentazione della dichiarazione dei redditi. L’architetto Mitridate avrebbe svolto prestazioni professionali, sempre a titolo di favore, in relazione a lavori eseguiti da un’impresa edile presso l’abitazione e l’annessa piscina dei due magistrati e Caponeri avrebbe anche messo a disposizione di Rana la propria auto.
L’indagine avrebbe preso le mosse dagli accertamenti sulla procedura fallimentare della Gold degli imprenditori Franco e Giuseppe Colaiacovo. Per quella vicenda Rana era stato indagato per abuso d’ufficio, ipotesi di reato poi caduta.
Al magistrato sono contestati diversi episodi di falso in atto pubblico in concorso con i suoi presunti complici, a causa di numerose false attestazioni depositate nei procedimenti.
In particolare Rana avrebbe partecipato alla nomina come curatori e commissari di professionisti che «attestavano falsamente l’insussistenza di cause di incompatibilità» e che, invece, avevano «rapporti di assidua frequentazione» con Rana e la compagna.
La donna è, invece, come anticipato, accusata di essersi introdotta illecitamente nel sistema informatico della Procura «effettuando senza ragioni di ufficio» diverse ricerche.
Il procuratore Turco ha scritto che la collega sarebbe entrata nel vecchio Rege «per ragioni ontologicamente estranee rispetto a quelle per le quali la facoltà di accesso le era stata attribuita e inerenti ai rapporti di amicizia che aveva con V.M. e M.G.» e «ai rapporti con l’ex coniuge A.M. e con la di lui sorella I.M.», «nonché ai rapporti con il convivente Rana (per quanto concerne le interrogazioni su Colaiacovo)».
Sui procedimenti penali che coinvolgevano questi personaggi si sono concentrate le ricerche della Comodi, poi finite al centro dell’inchiesta.
Nella richiesta di rinvio a giudizio di febbraio sono elencati tre accessi (due abbastanza lunghi, da 53 e 41 minuti) per prendere informazioni sui fascicoli che riguardavano Giuseppe Colaiacovo. Le altre sono state tutte visite molto rapide. Tra quelli contestati c’è anche un breve accesso riguardante Luca Palamara.
Gli inquirenti segnalano «la ricerca elenco procedimenti» e la visualizzazione del fascicolo a carico. Era il 16 maggio del 2019 e solo tredici giorni dopo il caso dell’inchiesta per corruzione sarebbe esploso sui giornali.
Il procedimento sulla Comodi dovrebbe essere collegato ai controlli realizzati dalla Procura di Perugia sugli accessi non autorizzati al sistema dell’ex cancelliere della Procura Raffaele Guadagno, accusato anche di rivelazione di segreto per la presunta diffusione della richiesta di archiviazione dell’inchiesta sulla cosiddetta Loggia Ungheria. Dopo che questa finì sui giornali, Guadagno andò da un consulente della Procura per farsi formattare il cellulare. Nell’occasione l’indagato avrebbe confessato di aver consegnato il documento coperto da segreto a un inviato del Fatto quotidiano. Il giornalista, convocato in Procura, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Per gli inquirenti, guidati dal procuratore Raffaele Cantone, Guadagno avrebbe scaricato gli atti anche di altri procedimenti, per esempio quelli relativi alla vicenda Palamara e all’inchiesta Sanitopoli. Per quanto riguarda il fascicolo sull’ex presidente dell’Anm, avrebbe scaricato documenti d’indagine nei giorni successivi all’uscita delle prime notizie di stampa e le stesse carte, in possesso anche del Csm, sarebbero finite sul Corriere della sera. C’è da capire se sia stato Guadagno a consegnarle ai cronisti, con cui aveva rapporti diretti, o qualche altra fonte.
Le indagini sull’ex cancelliere, che nel frattempo è andato in pensione rendendo inutili misure restrittive, sono alle battute finali e si è in attesa dell’avviso di chiusura delle indagini.
L’anno scorso noi avevamo raccontato anche di una vecchia storia in cui Guadagno e la Comodi (che sono difesi dallo stesso avvocato, Chiara Lazzari) si erano incrociati.
Una quindicina di anni fa l’ex cancelliere aveva messo in piedi la Nventa, una società di intercettazioni telefoniche guidata sino al 2018 dal fratello Luigi, amministratore e socio prima al 33 per cento e poi al 50. L’azienda, oggi in liquidazione, ha lavorato per diversi anni anche con la Procura di Perugia. Per esempio, ha prodotto una ricostruzione animata in 4D del delitto di Meredith che è costato 152.000 euro e ha suscitato molte polemiche.
A conferire l’incarico e a finire per questo sotto procedimento disciplinare era stata proprio la Comodi, che, alla fine, è stata prosciolta sia dal Csm che dalla Corte dei conti.




