Pietra tombale sulle Olimpiadi della grandeur, che hanno visto capi di Stato lasciati alle intemperie, cerimonia d’apertura trasformata in gay pride, confusione di sessi sul ring, sportivi cotti dal caldo per scelta green. È quel che succede ad anteporre l’ideologia alla realtà.
Le Olimpiadi sono finite nella cacca, letteralmente. Dopo i Giochi dell’orgoglio gay, la grandeur francese è infatti annegata nei liquami della Senna: un’atleta è stata ricoverata per un’infezione di Escherichia coli e altri lamentano problemi gastrointestinali. Per questo motivo il Belgio ha ritirato la squadra di triathlon, diffondendo anche un comunicato. Il senso è abbastanza chiaro: non si possono far competere gli atleti in uno stagno, mettendo a repentaglio la loro salute. Se già esisteva più di un dubbio sulle capacità degli organizzatori dell’evento, la qualità delle acque della Senna ha dato il colpo di grazia a una manifestazione che doveva sancire il primato francese, attirando elogi da tutto il mondo. In realtà, su Parigi si sono abbattute solo grandi critiche. A cominciare dalla giornata di inaugurazione, che ha suscitato le proteste dei vescovi e perfino un pronunciamento del Vaticano. E poi a seguire con le polemiche sull’ammissione di Imane Khelif nella categoria donne, per il primato nella boxe femminile, senza alcun controllo se non quello del passaporto. Ma fin qui avremmo potuto definire i Giochi olimpici francesi i primi a somigliare a una sfilata del gay pride. Del resto, se l’obiettivo è l’inclusione, che spesso significa solo confusione dei sessi, tutto, anche la pagliacciata dell’Ultima Cena con le drag queen a rappresentare Gesù Cristo e gli apostoli, può tornare buono.
Ma la questione della cacca è altro e non ha nulla a che fare con l’ideologia Lgbt eccetera. Semplicemente, per volersi portare avanti con la transizione green, a Parigi prima hanno deciso che nelle palazzine che dovevano ospitare gli atleti non ci dovessero essere i condizionatori, in ossequio alla riduzione dei consumi e delle emissioni, poi hanno stabilito che non servisse identificare altri fiumi o laghi dove svolgere le gare, ma che bastassero le acque della Senna. In entrambi i casi, gli organizzatori non hanno fatto i conti con la realtà, ma solo con l’ideologia. Risultato: la foto di Thomas Ceccon che dorme nel parco, accanto a una panchina, perché nel dormitorio messo a disposizione degli organizzatori si boccheggia dal caldo, ha fatto il giro del mondo, a testimonianza dell’improvvisazione, ma anche della scarsa capacità di previsione francese. Ma se al caldo c’è rimedio e magari è sufficiente un Pinguino De’ Longhi portato da casa, alla fogna in cui gli atleti sono costretti a sguazzare si farà fatica a trovare alternative, visto che il comitato organizzatore, per ora, non ha previsto di spostare la competizione altrove, in nome del risparmio di suolo ed energetico.
Anne Hidalgo, sindaco della capitale transalpina, per convincere i dubbiosi che il fiume era balneabile, si era pure fatta ritrarre prima dei Giochi mentre nuotava nella Senna. Ma che le acque della Senna fossero inquinate da ogni genere di batteri lo sapevano tutti e i primi a esserne a conoscenza erano gli atleti che avrebbero dovuto tuffarvisi, così informati da esserne preoccupati. Il nostro Gregorio Paltrinieri è arrivato addirittura a paragonare il fiume parigino alla palude del caimano in Rhodesia raccontata da Carlo Verdone in Troppo forte: «Mi sarò bevuto dai sei ai sette litri di merda».
Ecco, la grandeur è una grande montagna di cacca. Anzi, un fiume. E probabilmente, è la rappresentazione più efficace di Giochi cominciati con un Re sole all’asciutto (tutti gli altri capi di Stato non protetti dalla tribuna presidenziale sono stati lasciati sotto la pioggia) e proseguiti con la parodia di quello che per tutti i cristiani, ossia per 2,5 miliardi di persone nel mondo, è il momento più toccante della propria fede, ovvero la comunione con il corpo di Cristo.
Qualche giorno fa, a proposito delle polemiche su Imane Khelif, i pistaroli di Repubblica e qualche altro cronista, si sono appassionati all’idea di un complotto russo per screditare le Olimpiadi francesi e dunque colpire l’immagine di uno dei Paesi europei che più sostiene l’Ucraina. Tranquilli, cari colleghi, non c’è bisogno degli spioni di Putin per far finire nella cacca i giochi di Macron. Ci riescono benissimo da soli i nostri cari cugini transalpini.