Il regista americano del Padrino e uno storico delle religioni rumeno in odore di fascismo. Lo strano incontro tra Francis Ford Coppola e Mircea Eliade avviene attorno a uno strano romanzo esoterico diventato poi un film incompreso: Un’altra giovinezza.
Sofia Coppola (Photo by Pascal Le Segretain/Getty Images)
La registra, figlia del grande Francis Ford Coppola, ha trovato il suo successo dietro la cinepresa, raccontando le storie di donne uniche. Da Maria Antonietta a Priscilla Presley.
«Cecilia è stata la prima ad andarsene».
Con queste parole si apre Il giardino delle vergini suicide, il debutto cinematografico di Sofia Coppola che quest’anno celebra 25 anni di carriera dietro la cinepresa.
Nata a New York nel 1971, Sofia è la figlia più piccola del regista Francis Ford Coppola che, sin da bambina, la sceglie per sette sui film. La sua prima comparsa sul grande schermo è ne Il Padrino, nel ruolo del nipote di Micheal Corleone, ma il suo ruolo più importante è quello di Mary Corleone ne Il padrino - Parte III. In una recente intervista, l’ex attrice ha dichiarato: «Il momento più imbarazzante della mia vita? Essere sulla copertina di una rivista a 18 anni con lo slogan: "Ha rovinato Il Padrino?”»
Abbandonata la recitazione a favore della regia - e dopo aver rilasciato il cortometraggio Lick the Star - Sofia Coppola debutta sul grande schermo con Il giardino delle vergini suicide (con Kirsten Dunst e Angelina Jolie nel cast), una storia tratta dal libro di Jeffrey Eugenides. Ma è Lost in Translation - L’amore tradotto a decretare il suo successo dietro la cinepresa.
Il film, scritto e direttore da Coppola, racconta la storia di un uomo (Bill Murray) e di una giovane donna (Scarlett Johansson) che si incontrano e fanno amicizia in un lussuoso albergo di Tokyo. Della pellicola, Sofia dichiarò: «Ricordo di aver avuto queste settimane che erano un po' incantevoli e bizzarre... Tokyo è così disorientante, e porta solitudine e isolamento. È tutto così folle e il jet lag è una tortura. Mi è piaciuta l'idea di giustapporre una crisi di mezza età nei tuoi primi anni 20, quando sei tipo, “Cosa dovrei farne della mia vita?».
Lost in Translation è stato candidato a quattro premi Oscar, quelli di miglior film, miglior attore per Bill Murray, miglior regista per Sofia Coppola e miglior sceneggiatura originale ancora per Sofia Coppola, che si è aggiudicata proprio quest'ultima statuetta.
Bastano solo tre anni perché la regista torni con un nuovo film, una biopic, dedicata a una figura emblematica della storia europea, Maria Antonietta. Scegliendo ancora una volta Kirsten Dunst per il ruolo dell’infelice regina di Francia, il film diventa presto un cult anche grazie alla sua giustapposizione di musica classica e moderna. Iconica la scena in cui la giovane Antonietta si ingozza di pasticcini (firmati LaDurée) sulle note di I Want Candy dei Bow Wow Wow.
«Adoro vedere le persone che rispondono al mio lavoro dopo tutti questi anni. Soprattutto Virgin Suicides e Marie Antoinette che non sono stati visti molto quando sono uscite» ha raccontato recentemente Coppola a BAZAAR in occasione del lancio della collezione di t-shirt firmata Uniqlo. «Sono felice che sembrino ispirare un'altra generazione e continuare a vivere! È sempre bello sentirsi in contatto con gli altri».
Nel 2010, Sofia Coppola guadagna il Leone d’Oro a Venezia grazie alla pellicola Somewhere, la storia di una famosa star del cinema che vive nel leggendario Chateau Marmont, trascorrendo le sue giornate tra alcool, donne e folle di fan. L’uomo (interpretato da Stephen Dorff) si trova però a dover fare i conti con la realtà della vita quando si trova a prendersi cura della figlia undicenne Cleo (Elle Fanning), fino a comprendere che esiste un’altra vita oltre quella della star.
Nel 2013 è la volta di The Bling Ring, che racconta la storia vera del gruppo di ragazzi che hanno compiuto una serie di furti nelle case dei personaggi dello spettacolo tra il 2008 e il 2009. Il titolo del film è lo stesso che i media, al tempo diedero alla banda di giovani criminali.
Nel 2017, Sofia Coppola diventa la seconda donna della storia a vincere il premio come «Miglior Regia» al Festival di Cannes, con il film L’inganno.
In difesa del suo lavoro, da molti negli anni definito frutto di una vita di privilegio, la regista ha dichiarato: «A volte mi preoccupo che [i miei personaggi] siano troppo privilegiati, ma questo è il mondo che conosco. Sento di poter scrivere solo ciò che so e, si spera, ci sono alcuni aspetti umani universali a cui tutti possono relazionarsi».
Oggi, Sofia Coppola è pronta a tornare all’universo delle biopic. Protagonista del suo nuovo progetto - la cui data d’uscita non è stata ancora resa pubblica - è Priscilla Presley. Il film sarà un adattamento del memoir dedicato alla moglie di Elvis che la regista osserva: Ha attraversato tutte le fasi della giovinezza in un mondo molto più grande di lei, un po' come Maria Antonietta».
Il fascino delle donne complicate di Sofia Coppola sembra non avere mai fine.
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(Getty Images)
Il personaggio ideato da Bram Stoker continua a catturare l'attenzione del pubblico. Ecco perché il Conte di Transilvania viene considerato il vampiro per antonomasia.
Centoventicinque anni fa, Bram Stoker pubblicava il suo settimo romanzo. Un racconto epistolare, dove la narrazione è riportata attraverso lettere, pagine di diario e ritagli di giornale, nella tradizione di scrivere diari di viaggio del XIX secolo. Dracula narra del viaggio del giovane Jonathan Harker in Transilvania per ordine del suo capo che gli chiede di curare l’acquisto di un’abitazione a Londra fatto da un nobile del posto, il Conte Dracula.
«All’interno c’era un vecchio, alto, sbarbato ma con lunghi baffi bianchi, vestito di nero dalla testa ai piedi: neppure una nota di colore in tutta la sua persona». È così, che nel secondo capitolo facciamo il nostro primo incontro con la misteriosa figura del Conte.
Il romanzo - oggi annoverato tra uno dei più significati contributi alla letteratura inglese - ha contribuito in maniera predominante alla creazione delle immagini archetipiche del vampiro e della sua nemesi, il cacciatore di vampiri (nel libro rappresentato da Abraham Van Helsing). I personaggi ideati da Stoker sono così diventati la base di numerosi film e opere teatrali, di cui lo stesso autore scrisse il primo adattamento. Le più importanti rappresentazioni sul grande schermo restano però tutt’oggi quelle di Béla Lugosi (1931) e quella di Gary Oldman (1992) nella pellicola diretta da Francis Ford Coppola.
Dracula non è però stato il primo pezzo di letteratura a rappresentare i vampiri, nonostante questo il romanzo è riuscito a imporsi nell’immaginario comune tanto da “canonizzare” alcune caratteristiche delle creature della notte. Stoker è infatti riuscito a plasmare la comprensione popolare di come “funzionano” i vampiri, inclusi i loro punti di forza, debolezze e altre caratteristiche. Un esempio. I pipistrelli erano già stati associati in precedenza all’immagine del vampiro, a causa dell’esistenza stessa di un esemplare chiamato pipistrello vampiro, ma l’autore è stato in grado di approfondire l’associazione, rendendo Dracula capace di trasformarsi nell’animale. Questo è stato a sua volta rapidamente ripreso dagli studi cinematografici, al tempo alla ricerca di opportunità per utilizzare effetti speciali.
Secondo il pronipote di Bram Stoker, Dacre Calder Stoker, il mancato adempimento della legge sul copyright di Stoker ha contribuito allo status del personaggio del Conte Dracula, che scrittori e produttori potevano (e possono) utilizzare senza bisogno di pagare una licenza. Nel 2009, Dacre ha provato a cimentarsi in prima persona in un racconto che vedeva il vampiro protagonista, intitolato Dracula: The Un-Dead.
Il volume rappresenta il «secondo capitolo ufficiale» nella storia di Dracula. Dacre Stoker e Ian Holt avrebbero infatti dichiarato di essersi basati su vecchi appunti ritrovati nella biblioteca del prozio. Il romanzo rende così chiarezza sull’identità del Conte, che non sarebbe altri che Vlad III, il principe romeno che combatte contro i turchi e venne soprannominato «l’Impalatore», ed esplora l’amore che lega Dracula a Mina (la moglie di Jonathan Harker), fulcro del film diretto da Coppola cui si deve l’ormai iconica citazione: «Ho attraversato gli oceani del tempo per trovarti».
Per omaggiare l’immagine del Conte Dracula - e del suo ideatore - il Mütter Museum ha dichiarato il 2022 come «L’Anno di Dracula».
«Il libro Dracula ha dato il via a un interesse imperituro per i vampiri che è ancora vivo», ha dichiarato Jacqui Bowman, direttore del Centro per l'educazione e co-direttore ad interim del Mütter Museum. «Celebriamo il suo ruolo nella cultura pop, ma andiamo più a fondo esplorando cosa significa essere morti, il ruolo della tubercolosi nella leggenda dei vampiri e i vampiri nella letteratura storica».
Tra gli eventi organizzati dal museo di Philadelphia troviamo così la mostra «Dracula and the Incorruttibile Body» che porta i visitatori all’interno della bara dove il Conte è solito riposare per scoprire come le persone in epoca vittoriana avrebbero identificato un corpo come qualcosa di più di un cadavere, un vampiro. All'interno dell’esposizione, il Mütter esplora come il folklore, le pratiche di imbalsamazione e funerarie e l'incomprensione di malattie come la tubercolosi abbiano portato all'identificazione post mortem di cittadini comuni come vampiri nel XIX secolo.
Alla mostra si aggiungono una serie di seminari dedicati alla figura di Dracula e come la scienza e l’occulto abbiano trovato terreno comune durante il XIX secolo. Utilizzando le prime edizioni del romanzo e gli appunti manoscritti di Bram Stoker, si analizza come la scienza sia stata incorporata nel libro e cosa significhi per lo sviluppo dei vampiri negli anni successivi alla pubblicazione di Dracula.
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Eliminazione di un vampiro in un cimitero della Romania (Getty Images)
Dal Talmud all'Iliade, alla tradizione greca e serba agli studi di anatomopatologia seicenteschi. Il percorso tra superstizione popolare, scienza e letteratura che ha plasmato il mito assetato di sangue.
Sono negli occhi e nella mente di tutti, dai libri alla filmografia del Ventesimo secolo, dal classico della letteratura gotica «Dracula» di Bram Stoker all’omonimo film con Bela Lugosi del 1931 fino al capolavoro del 1992 di Francis Ford Coppola. I vampiri che noi conosciamo, nobili figure notturne assetate di sangue ispirati dalla storia del conte rumeno Vlad Dracul sanguinario e impalatore di turchi, hanno in realtà radici che affondano nel remoto passato dell’Europa, dalla Grecia alla Serbia, fino all’Irlanda e all’Inghilterra.
Caratterizzati da un binomio costante che attraversa le culture e le superstizioni popolari, quello del ritorno in vita di un corpo morto e dell’ematofagia (la sete di sangue umano), sono stati nei secoli fenomeno di studio da parte di storici e filosofi che hanno ricondotto il vampirismo a epoche ben più remote rispetto a quelle in cui nacque e si sviluppò il mito gotico che ne decretò la fama universale.
Se i primissimi accenni al nutrimento con il sangue da parte di esseri sovrannaturali si possono ritrovare addirittura nel Talmud dove il nome di Lilith, la moglie ribelle di Adamo, fu descritta come vampiro. Corrispondente alla figura del sacro testo ebraico il mostro ermafrodita Lami, una creatura mostruosa della mitologia greca che avrebbe tratto nutrimento dal sangue dei bambini. E proprio in Grecia si ha traccia di una delle tradizioni popolari più vicine alla figura attuale del vampiro. Il Brucolaco (in greco Vrykolakas/βρυκόλακας) fu il tipico esempio del non-morto o redivivo, diffusosi in seguito anche in Puglia e in Bulgaria. Plasmato da timori ancestrali sul tema del peccato in vita, il corpo del vampiro ellenico rifiutava la sepoltura e cercava il sangue umano in quanto dotato delle proprietà necessarie a far rivivere la carne, meglio se succhiato da un essere umano in tenera età. Proprio il tema della sepoltura è fondante nella cultura classica greca come elemento fondamentale per un passaggio alla vita ultraterrena. Una mancata tumulazione dovuta a svariati motivi tra i quali una morte disonorevole in pace o in guerra era alle origini del fenomeno del non-morto dell’antica Grecia e della conseguente pena a cui il corpo, in una straziante ricerca della pace eterna era sottoposto. Fino alla ricerca del sangue e della carne altrui. Nell’Iliade la prima prova della correlazione tra potere del sangue e richiamo delle ombre dall’aldilà. Ulisse, per alimentare l’ombra del veggente Tiresia, riempie di sangue ovino una vasca perchè possa comunicare con lui. La tradizione dei brucolachi, nell’osmosi culturale balcanica, raggiunse la Serbia e la Bulgaria, per poi diffondersi in gran parte dell’Europa orientale. Qui, nei secoli, si creò la tradizione alla quale le fonti moderne attingeranno l’ispirazione per i capolavori della letteratura romantico-gotica. Alcuni dei più famosi brucolachi serbi passarono infatti alla storia della tradizione popolare ben prima del Dracula di Stoker. Sava Savanovic, un mugnaio di un borgo della Serbia centrale che, ritornato da una morte in circostanze misteriose, avrebbe attratto le sue vittime alla macina per poi berne il sangue. i ritorni dei non-morti, collegati ai decessi violenti o dovuti a circostanze non chiare, furono la base di investigazioni che altro non fecero che alimentare la leggenda. Molti sono infatti i rapporti nei paesi balcanici dal medioevo in poi in cui si accenna al fenomeno,con la prima comparsa del sostantivo vampiro forse derivato da Bàm (un dio manicheo che, traslitterato, suona in serbo e greco come Vàm) aggiunto alla parola russa pirb (bevuta, baldoria) oppure dallo slavo upirb in seguito upiri (a sua volta tratto dal latino impurus).
Un secondo impulso alla tradizione del vampirismo avvenne tra Seicento e Settecento, quando alla superstizione e alla tradizione si avvicinò lo spirito scientifico e in particolare l’evoluzione degli studi in anatomia e fisiologia sui fenomeni post-mortem. Dalle riesumazioni di cadaveri furono per la prima volta annotati casi di morte apparente o segni fisiologici come le macchie ipostatiche o la crescita di capelli e unghie, così come rumori dovuti alla decomposizione. Legati ai segni ed alle manifestazioni dei non-morti furono anche le grandi epidemie dei secoli XVII e XVIII. Alla base delle ispirazioni letterarie del secolo successivo, oltre ai testi di anatomo patologia, vi furono anche trattati e resoconti di viaggio fondamentali per lo sviluppo della mitologia del vampiro, come il diario del botanico francese Jacques Pitton de Tournefort, Relation d'un voyage du Levant, Fait par Ordre du Roy del 1714. Nel resoconto del gesuita scienziato è descritto un brucolaco dell’isola di Mykonos, violento ed aggressivo.Un cadavere tornato in vita dalla pelle tesa e secca come quella di un tamburo. Ma il tassello che diverrà uno dei temi ricorrenti nell’epica del vampiro contenuto tra le righe scritte dal botanico è la strategia grazie alla quale gli abitanti dell’isola greca ebbero ragione del mostro assetato del sangue dei loro figli ossia strappandone il cuore e successivamente ricoprendo il non-morto di acquasanta per poi cremarne il cadavere. La storia successiva, romanzata dagli autori gotici, introdurrà la pratica del paletto di frassino per fermare il cuore del vampiro e il crocifisso per inibirne l’anima demoniaca. Pochi anni più tardi, in Polonia, fu pubblicato un volume di storia naturale in cui per la prima volta veniva utilizzato il termine vampiro (in polacco upìer), riportato dalle memorie del gesuita Don Gengell il quale, riferendo le parole di testimoni del fenomeno scriveva:
«Ho sentito spesso da fidati testimoni oculari che i corpi sono stati trovati
non solo integri, flessibili e dal colorito vivo per parecchio tempo, ma che
anche testa, bocca, lingua e occhi a volte si muovevano. Il lenzuolo funebre
che li avvolgeva era lacero e parti del corpo erano state divorate. A volte si
notava anche che un corpo di questa risma si rialzava dalla tomba, vagava
per crocicchi e case, mostrandosi ora a taluno, ora a talaltro, e molti anche
li attaccava, tentando di soffocarli. Se e` un corpo maschile, viene chiamato
Upier.»
La strada per il mito di Vlad Dracula, di Nosferatu e di tutti i vampiri che hanno popolato la letteratura, il cinema, il teatro, i fumetti era stata tracciata in molti secoli di paura e suggestione che dalla tradizione popolare passarono nelle mani dei più raffinati autori.
Per approfondire la storia e il mito del vampirismo tra scienza e tradizione il libro di riferimento è Vampiri. Una nuova storia. di Nick Groom (Il Saggiatore).
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