Continua a crescere la tensione tra Stati Uniti e Cina su Taiwan.
Giovedì scorso, Joe Biden e Xi Jinping hanno avuto un colloquio a distanza dedicato a questo dossier: un colloquio durato più di due ore. “I due presidenti hanno discusso una serie di questioni importanti per le relazioni bilaterali e altre questioni regionali e globali e hanno incaricato i loro team di continuare a dare seguito alla conversazione odierna, in particolare per affrontare il cambiamento climatico e la sicurezza sanitaria. Su Taiwan, il presidente Biden ha sottolineato che la politica degli Stati Uniti non è cambiata e che gli Stati Uniti si oppongono fermamente agli sforzi unilaterali per cambiare lo status quo o minare la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan”, recita un comunicato della Casa Bianca. Di tenore molto più duro si è rivelata invece la versione cinese del colloquio. “Chi gioca con il fuoco si brucia”, avrebbe infatti minacciosamente detto Xi Jinping a Biden.
La telefonata è avvenuta nel pieno della polemica tra Pechino e Washington sull’eventuale viaggio di Nancy Pelosi a Taiwan. La Speaker della Camera aveva espresso l’intenzione di effettuare una tappa sull’isola, scatenando le furibonde reazioni del governo cinese. Una situazione incandescente che, negli scorsi giorni, aveva portato a una divergenza pubblica tra la Pelosi e lo stesso Biden, il quale non si era mostrato granché favorevole a un eventuale visita della Speaker a Taipei. Al momento, non è chiaro se tale visita avrà luogo. Domenica, la Speaker ha reso noto che il suo tour in estremo oriente riguarderà Singapore, Malesia, Corea del Sud e Giappone: Taiwan non è stata citata, ma ciò non costituisce comunque una smentita ufficiale.
Come che sia, saggezza avrebbe voluto che i due leader – che appartengono per giunta al medesimo partito – avessero elaborato anticipatamente (e a porte chiuse) una linea comune su questo delicato dossier, evitando di mostrare divisioni coram populo. Invece l’attrito verificatosi ai vertici delle istituzioni americane ha contribuito a indebolire la capacità complessiva di deterrenza che gli Stati Uniti sono in grado di esercitare nei confronti della Repubblica popolare. E questo è un problema, visto che l’attuale inquilino della Casa Bianca si è già più di una volta mostrato inadeguato proprio nell’esercizio della deterrenza (si pensi alla crisi afgana e, soprattutto, all’invasione russa dell’Ucraina).
Ricordiamo che il dossier taiwanese sta assumendo progressivamente centralità per due ragioni. In primo luogo, la questione rientra nel contesto più generale della sfida che Pechino sta portando avanti contro l’ordine internazionale occidentale. In tal senso, il dossier taiwanese presente delle analogie con la crisi ucraina. In secondo luogo, non bisogna trascurare che l’isola figura tra i principali produttori di semiconduttori al mondo. Va tenuto presente che, negli ultimi anni, Stati Uniti e Cina stanno diminuendo la loro dipendenza reciproca nel settore dell’alta tecnologia. Ragion per cui, l’importanza di Taiwan sta aumentando significativamente.