La fusione tra Cibus e Tuttofood darà vita alla più importante fiera agroalimentare al mondo. Primo nemico: gli alimenti sintetici. Coldiretti: «A rischio un quarto di Pil. Per fortuna l’84% dei nostri connazionali li boccia».
La legge italiana non aiuta i prosciutti di Rovagnati
Si è aperta ieri l'edizione numero ventuno del Salone Internazionale dell'alimentazione, Cibus, organizzato da Fiere di Parma e da Federalimentare.
Fino al 6 maggio esporranno i propri prodotti oltre 3mila aziende italiane, mentre più di 50mila operatori della distribuzione e della ristorazione e 2mila acquirenti stranieri, provenienti soprattutto da Stati Uniti, Europa, Medio Oriente, Sud America, visiteranno gli stand. Un settore che ha chiuso il 2021 con un fatturato di 155 miliardi con esportazioni per 49 miliardi e un saldo positivo di 16 miliardi. Ma anche per l’alimentare la guerra in Ucraina ha portato forti rincari.
Nelle campagne, secondo un report presentato da Coldiretti, si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio con incrementi dei costi correnti di oltre 15.700 euro in media ma con punte oltre 47mila euro per le stalle da latte e picchi fino a 99mila euro per gli allevamenti di polli. L’impatto dell’impennata dei costi per l’insieme delle aziende agricole, ha precisato Coldiretti, supera i 9 miliardi di euro. In Italia tante sono le eccellenze in campo alimentare e sono proprio questi prodotti, di fascia alta, a soffrire meno in epoca di rincari.
Una di queste è la regina del prosciutto cotto, Rovagnati, il cui fondatore, Paolo Rovagnati, è riuscito a trasformare un prodotto secondario, come era considerato negli anni ‘70 il prosciutto cotto, in una eccellenza italiana . «Il settore, che comprende ovviamente anche il prosciutto crudo e altri salumi- ha spiegato Gabriele Rusconi, direttore generale di Rovagnati- vale circa 8 miliardi e di cui 5 fatturati nei canali della grande distribuzione». Il prosciutto cotto vale un terzo di questo mercato e Rovagnati, grazie al suo prodotto di punta Gran Biscotto, ha circa il 20% di quota nel segmento dei cotti.
FORZA LAVORO
La società di Biassono (Monza) conta su un fatturato superiore a 300 milioni di euro con circa mille dipendenti e 6 impianti di produzione. «Abbiamo anche una fabbrica negli Stati Uniti – ha aggiunto Rusconi - dove i nostri prodotti, senza conservanti (cioè senza nitriti), sono molto apprezzati. Il problema è che in Italia, per legge, un prodotto senza nitriti non può essere chiamato «prosciutto». Mentre in Europa si spingono questi prodotti e in Francia, dove Rovagnati si è affermato come uno dei player più importanti, il segmento ha assunto dimensioni enormi, in Italia viene penalizzato chi fa innovazione in questo settore».
Insomma un ennesimo controsenso legislativo tutto italiano che non ferma però il mercato dei salumi, cresciuto solo nella grande distribuzione nel 2021 del 3,4%. Il 97% delle famiglie italiane infatti consuma salumi almeno 1 volta alla settimana, 9 italiani su 10 cercano prodotti italiani e 8 su 10 sono attenti alla presenza dei conservanti. Anche per Rovagnati comunque l’aumento dei prezzi dell’energia elettrica e la scarsa reperibilità di prodotti come il mais, che rappresenta il 50% del mangime per i suini d’allevamento, rappresentano un problema.
«L’Italia è un Paese dove le fabbriche trasformano le materie prime, quindi la scarsità di queste ultime è ovviamente un problema- conclude Rusconi Inoltre la nostra attività consuma moltissima energia e anche i trasporti sono in crisi: noi che esportiamo negli Usa facciamo persino fatica a trovare i container per le spedizioni».
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