L’imam Shahin lascia il CPR: per i giudici non sarebbe una minaccia tale da giustificare la detenzione, nonostante le sue parole sul 7 ottobre e un passato già segnalato dal Viminale. Il provvedimento di espulsione resta, ma la decisione riapre una questione cruciale: fino a che punto la sicurezza nazionale può essere messa in secondo piano rispetto ai ricorsi e alle interpretazioni giudiziarie?
Parlando alla Cbs, Erika ha ribadito che «l’unico modo per combattere il male, proprio come ha fatto Charlie, è attraverso il dialogo e non avendo paura di praticarlo». Quando le hanno fatto notare che Donald Trump aveva chiesto punizioni feroci per i democratici, Erika ha risposto con determinazione: «Non sarò mai d’accordo con la violenza politica». «Mio marito ne è vittima. Io ne sono vittima».
Non c’è spazio per l’odio nel cuore di Erika Kirk, c’è piuttosto il rifiuto per ogni forma di discriminazione vera, a partire dall’antisemitismo. Certo, Charlie aveva criticato la politica e gli attacchi di Israele su Gaza, ma «diceva sempre molto chiaramente che l’odio verso gli ebrei è frutto di un cervello marcio». Erika respinge dunque l’odio contro gli ebrei in quanto tali, e pure le teorie del complotto, comprese quelle sull’omicidio di suo marito. Anche per questo invita i genitori a limitare il tempo che i figli trascorrono sul Web. «Volete che vostro figlio diventi un leader di pensiero o un assassino?», domanda agli ascoltatori.
Erika risponde pure a tutti quelli che hanno giustificato più o meno direttamente l’uccisione di Charlie (e come sappiamo ce ne sono molti anche dalle nostre parti). «Vuoi guardare in alta risoluzione il video dell’omicidio di mio marito, ridere e dire che se lo merita? C’è qualcosa di molto malato nella tua anima, e prego che Dio ti salvi», dice. Quindi si rivolge ai vari commentatori e opinionisti che hanno tentato di dipingere suo marito come un odiatore, pescando qui e là fra i suoi interventi per suggerire che fosse intollerante, razzista, omofobo. «Mio marito non si lascia ridurre a due frasi...», spiega Erika. «No. Era un leader di pensiero, ed era un uomo brillante. Quindi va bene se si vogliono togliere le parole dalla sua bocca o decontestualizzarle senza dare la giusta prospettiva, ma è proprio questo il problema». Già: l’astio nei confronti di Charlie si è manifestato anche dopo la sua morte proprio attraverso la decontestualizzazione e manipolazione delle sue parole.
Hanno avuto il fegato, pure in Italia, di contestare il suo funerale, ovviamente trascurando ciò che Erika disse in quella occasione, la sua straordinaria lezione di umanità e amore. Alla Cbs ha raccontato come decise di perdonare il killer del marito. Prima di prendere il microfono e parlare al mondo si chiese: «Mi prenderò quel momento per dire: “Radunate le truppe, bruciate la città, marciate per le strade”? Oppure prenderò quel momento e farò qualcosa di ancora più grande, più potente, e dirò: “È una rinascita. E lascerò che si scateni, e lascerò che il Signore la usi in modi che nessun altro avrebbe mai potuto immaginare”?». Sappiamo che cosa abbia scelto Erika: ha respinto l’odio e scelto il perdono. E lo sceglie anche oggi: riceve ancora tonnellate di minacce di morte, ma non viene meno al suo impegno. Perché sa che solo così si può rispondere alla violenza. Mentre tutto attorno si consumano stragi, si sparge odio politico e si censurano le idee sgradite, la via di Erika resta l’unica percorribile: la più difficile, e la più forte.
Pare che nelle Marche sia tornato il fascismo. Almeno così sostiene la sinistra di Macerata che da qualche giorno ha alzato le barricate contro - udite - una rassegna letteraria chiamata Letture maceratesi. Per rintracciare i segni del regime, i progressisti locali hanno addirittura chiesto perizie a storici dell’arte come Tomaso Montanari, il quale ha rinvenuto sul manifesto della kermesse chiarissime tracce di fascisteria: i caratteri utilizzati sono un po’ troppo futuristi. E pazienza se Macerata è stata una delle culle del futurismo: bisogna cancellare ogni memoria, fare piazza pulita di ogni cultura deviante.
In città è stato organizzato un «contro festival», nemmeno fossimo a Sanremo, e come da tradizione sono iniziate le defezioni in stile Zerocalcare. Gli studiosi Paola Ballesi e Roberto Cresti hanno fatto sapere che non parteciperanno: «Siamo stati contattati», hanno detto a Cronache Maceratesi, «in qualità di studiosi del futurismo marchigiano da un’associazione legittimata dal Comune di Macerata a dar vita a un festival inserito nel programma natalizio della nostra città. E in tale veste abbiamo accettato di intervenire mettendo a tema l’avanguardia maceratese del Gruppo Boccioni formato da giovani artisti di raro talento, da Bruno Tano a Sante Monachesi, da Umberto Peschi a Wladimiro Tulli, solo per citarne alcuni. Artisti che da sostenitori del regime fascista hanno poi percorso strade individuali, ostili a qualunque autoritarismo, e che hanno portato alcuni, come Tulli, a entrare nelle file della Resistenza armata». Non risulta che qualcuno abbia chiesto ai due esperti di dire qualcosa di diverso da ciò che avevano preventivato, ma a loro evidentemente non importa. Si vede che essere invitati dalla destra fa diventare fascista qualunque affermazione, a prescindere dal contenuto.
Già di per sé questa mobilitazione delle sedicenti forze del bene contro la Regione Marche colpevole di sostenere le oscure trame nere è piuttosto ridicola. Ma il tutto diviene ancora più grottesco quando si osservano le ultime mosse della destra regionale di governo. In giunta è arrivato un nuovo assessore alla sanità, Paolo Calcinaro, con un passato nel centrosinistra. Il suo predecessore, Filippo Saltamartini, si era distinto per le posizioni pro vita, non a caso le Marche sono state spesso bersagliate da inchieste sul «diritto all’aborto negato». Saltamartini aveva rifiutato di dare attuazione alla circolare emessa da Roberto Speranza nel 2020 che consentiva la somministrazione della pillola abortiva nei consultori, argomento su cui si è giocata anche buona parte della campagna elettorale.
Il centrodestra ha rivinto, a conferma del fatto che anche le scelte pro life del passato siano state apprezzate dagli elettori. Ma ecco che il nuovo assessore Calcinaro ha deciso di cambiare rotta. Per prima cosa ha fatto sapere che la Ru486 sarà somministrata anche in consultorio, come da indicazioni di Speranza. «È bene che tutti i presidi possano avere la possibilità effettiva di far svolgere a pieno un diritto sancito da una legge dello Stato», ha dichiarato Calcinaro. Il quale è intervenuto pure sul tema della obiezione di coscienza. Nelle Marche il numero di obiettori è particolarmente elevato in alcune zone, ad esempio a Jesi. Cosa che, secondo il Corriere Adriatico, sarebbe addirittura «drammatica» (peccato che l’obiezione sia un diritto, ma tant’è). Ebbene, Calcinaro fa sapere di aver preso provvedimenti per risolvere il problema: «Lo stesso valeva per la mia città, Fermo. Ma anche qui siamo riusciti a fare qualcosa. Grazie all’impegno del primario, anche se egli è obiettore, riusciamo a garantire questo servizio in collaborazione con l’ospedale di Ascoli. Ora chi va a Fermo sa che può accedere a questa pratica, ed è di straordinaria importanza». Certo, Calcinaro ha aggiunto che garantirà (vedremo per quanto) ai pro vita di entrare nei consultori, come se si trattasse di una gentile concessione e non di una possibilità garantita dalla legge. Intanto però ha rinnegato le politiche del suo predecessore aprendo all’aborto facile, adeguandosi così al pensiero prevalente di marca progressista.
Questo è il discutibile quadro: mentre la sinistra urla al fascismo di ritorno nelle Marche, la destra locale si uniforma ai diktat progressisti, forse nel tentativo di apparire più aperta e al passo con i tempi. Viene da pensare che, continuando a seguire questa linea, a breve non ci sarà più bisogno delle rampogne della sinistra: provvederà la destra a censurarsi da sola.





