True
2020-10-17
Le tensioni tra Pechino e Washington proseguiranno anche senza Trump
True
Ansa
Un incontro per comprendere le ripercussioni geopolitiche delle prossime elezioni americane. Questo, in estrema sintesi, il senso più profondo del webinar The new global order: the world after 2020 elections, tenutosi lo scorso 16 ottobre. Organizzato dall'Associazione Guido Carli e dal principale think tank conservatore americano Heritage Foundation, l'evento - moderato da La Verità - ha avuto come ospiti principali: il vicepresidente presso il Kathryn and Shelby Cullom Davis Institute, James Carafano, e l'ex ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi di Sant'Agata.
Numerosi i temi affrontati: da un'analisi della campagna elettorale americana attualmente in corso, ai risvolti che il prossimo 3 novembre può riservare su dossier spinosi come il rapporto degli Stati Uniti con la Cina. Spazio è stato inoltre dato al futuro delle relazioni di Washington con Bruxelles, Mosca e Teheran.
Punto di partenza della discussione si è rivelata proprio la bizzarra campagna elettorale americana. «Da un punto di vista internazionale, il voto del 3 novembre è più importante che mai, perché avrà luogo in un periodo burrascoso, in cui stiamo avendo esperienza di cambiamenti rapidi, sotto il profilo politico, democratico, sociale, tecnologico ed economico», ha dichiarato non a caso il presidente dell'Associazione Guido Carli, Federico Carli, in apertura. Grande incertezza è stata espressa sull'esito del voto novembrino. «Secondo me la corsa elettorale è aperta», ha fatto presente Terzi, sottolineando inoltre come la situazione politica americana sia soggetta a una forte radicalizzazione. In sostanziale accordo con questa analisi si è mostrato Carafano, che, dal canto suo, ha messo in evidenza le incognite che pesano sulle prossime presidenziali: dall'impatto del coronavirus alla controversa questione del voto postale.
Una particolare attenzione, durante il webinar, è stata riservata ai difficili rapporti tra Washington e Pechino. Secondo l'ex ministro, è ragionevole attendersi che - su questo dossier - si possa registrare una continuità politica, in caso di cambio di guardia alla Casa Bianca. Terzi ha, tra l'altro sottolineato, il coinvolgimento di Donald Trump nel sostegno all'Alleanza atlantica, evidenziando come per l'attuale presidente la Nato possa svolgere un ruolo molto importante nel confronto geopolitico con la Repubblica Popolare. In particolare, il merito dell'attuale presidente americano – secondo Terzi – sarebbe quello di aver assunto una postura più assertiva verso la Cina e di essere riuscito a cambiare, in tal senso, anche in parte il clima europeo su questo tema (specialmente in Francia e Germania). Tutto questo, mentre Carafano ha voluto evidenziare la differenza del modello politico-valoriale che intercorre tra la Repubblica Popolare e l'Occidente (soprattutto in materia di diritti umani e libere elezioni).
Ulteriore scenario analizzato è stato quello mediorientale. Particolarmente duro si è mostrato Terzi in relazione all'Iran e all'accordo sul nucleare, siglato dall'amministrazione di Barack Obama. Secondo l'ex ministro, quell'intesa è stata il frutto dell'«errore dell'appeasement» e - in tal senso - il diplomatico ha elogiato l'amministrazione Trump, dal momento che l'approccio duro della Casa Bianca avrebbe «prodotto un nuovo clima» sulla questione iraniana. Non sono poi mancate delle considerazioni sul ruolo dei social media nel dibattito pubblico. Carafano ne ha sottolineato il crescente peso negli Stati Uniti, mentre Terzi ha citato - sotto questo profilo - i casi italiani del Movimento 5 stelle nel 2013 e della Lega nel 2018. L'ex ministro ha al contempo voluto tuttavia mettere in luce anche i rischi di una eccessiva presenza delle piattaforme web in politica, parlando - non senza una venatura polemica - di una «forza autonoma» dei social media. «Il modo in cui Facebook, Twitter e Instagram operano è quello di lavorare sulla quantità, non sulla qualità. Più si espandono, più soldi fanno», ha notato, sostenendo inoltre che un simile sistema incrementerebbe la polarizzazione in seno all'agone politico.
Continua a leggereRiduci
La sintesi del convegno The new global order: the world after 2020 elections, organizzato dall'Associazione Guido Carli e dal principale think tank conservatore americano Heritage Foundation. A parlare il vicepresidente presso il Kathryn and Shelby Cullom Davis Institute, James Carafano, e l'ex ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi di Sant'Agata.Un incontro per comprendere le ripercussioni geopolitiche delle prossime elezioni americane. Questo, in estrema sintesi, il senso più profondo del webinar The new global order: the world after 2020 elections, tenutosi lo scorso 16 ottobre. Organizzato dall'Associazione Guido Carli e dal principale think tank conservatore americano Heritage Foundation, l'evento - moderato da La Verità - ha avuto come ospiti principali: il vicepresidente presso il Kathryn and Shelby Cullom Davis Institute, James Carafano, e l'ex ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi di Sant'Agata.Numerosi i temi affrontati: da un'analisi della campagna elettorale americana attualmente in corso, ai risvolti che il prossimo 3 novembre può riservare su dossier spinosi come il rapporto degli Stati Uniti con la Cina. Spazio è stato inoltre dato al futuro delle relazioni di Washington con Bruxelles, Mosca e Teheran.Punto di partenza della discussione si è rivelata proprio la bizzarra campagna elettorale americana. «Da un punto di vista internazionale, il voto del 3 novembre è più importante che mai, perché avrà luogo in un periodo burrascoso, in cui stiamo avendo esperienza di cambiamenti rapidi, sotto il profilo politico, democratico, sociale, tecnologico ed economico», ha dichiarato non a caso il presidente dell'Associazione Guido Carli, Federico Carli, in apertura. Grande incertezza è stata espressa sull'esito del voto novembrino. «Secondo me la corsa elettorale è aperta», ha fatto presente Terzi, sottolineando inoltre come la situazione politica americana sia soggetta a una forte radicalizzazione. In sostanziale accordo con questa analisi si è mostrato Carafano, che, dal canto suo, ha messo in evidenza le incognite che pesano sulle prossime presidenziali: dall'impatto del coronavirus alla controversa questione del voto postale.Una particolare attenzione, durante il webinar, è stata riservata ai difficili rapporti tra Washington e Pechino. Secondo l'ex ministro, è ragionevole attendersi che - su questo dossier - si possa registrare una continuità politica, in caso di cambio di guardia alla Casa Bianca. Terzi ha, tra l'altro sottolineato, il coinvolgimento di Donald Trump nel sostegno all'Alleanza atlantica, evidenziando come per l'attuale presidente la Nato possa svolgere un ruolo molto importante nel confronto geopolitico con la Repubblica Popolare. In particolare, il merito dell'attuale presidente americano – secondo Terzi – sarebbe quello di aver assunto una postura più assertiva verso la Cina e di essere riuscito a cambiare, in tal senso, anche in parte il clima europeo su questo tema (specialmente in Francia e Germania). Tutto questo, mentre Carafano ha voluto evidenziare la differenza del modello politico-valoriale che intercorre tra la Repubblica Popolare e l'Occidente (soprattutto in materia di diritti umani e libere elezioni).Ulteriore scenario analizzato è stato quello mediorientale. Particolarmente duro si è mostrato Terzi in relazione all'Iran e all'accordo sul nucleare, siglato dall'amministrazione di Barack Obama. Secondo l'ex ministro, quell'intesa è stata il frutto dell'«errore dell'appeasement» e - in tal senso - il diplomatico ha elogiato l'amministrazione Trump, dal momento che l'approccio duro della Casa Bianca avrebbe «prodotto un nuovo clima» sulla questione iraniana. Non sono poi mancate delle considerazioni sul ruolo dei social media nel dibattito pubblico. Carafano ne ha sottolineato il crescente peso negli Stati Uniti, mentre Terzi ha citato - sotto questo profilo - i casi italiani del Movimento 5 stelle nel 2013 e della Lega nel 2018. L'ex ministro ha al contempo voluto tuttavia mettere in luce anche i rischi di una eccessiva presenza delle piattaforme web in politica, parlando - non senza una venatura polemica - di una «forza autonoma» dei social media. «Il modo in cui Facebook, Twitter e Instagram operano è quello di lavorare sulla quantità, non sulla qualità. Più si espandono, più soldi fanno», ha notato, sostenendo inoltre che un simile sistema incrementerebbe la polarizzazione in seno all'agone politico.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
Continua a leggereRiduci
i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
Continua a leggereRiduci
Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
Continua a leggereRiduci