
Nonostante la diffida, ieri Mediaset ha trasmesso il servizio sulla famiglia del Rottamatore. Il papà prima nega tutto, poi su Facebook scrive: «Per il tendone di Rignano, forse una sanzione amministrativa».Se Jonathan Swift fosse riuscito a dare un'occhiata alla puntata di ieri sera delle Iene, dedicata ai guai societari di Tiziano Renzi, avrebbe probabilmente avuto modo di aggiungere un capitoletto al suo capolavoro L'arte della menzogna politica che delinea il profilo del «bugiardo politico», al quale basta essere creduto anche solo per pochi minuti: finita la beffa e ottenuto l'effetto, quando gli altri arrivano a ricredersi, è ormai troppo tardi.Con l'inviato Filippo Roma, lo stesso che ha scoperto i lavoratori in nero e gli abusi edilizi di Antonio Di Maio, il papà del vicepremier di Pomigliano d'Arco, babbo Renzi è riuscito a compiere un capolavoro di logica (non aristotelica) violando, nel giro di pochi minuti, il principio di non contraddizione e quello d'identità. Ha affermato, e ritrattato, quasi nella stessa frase, di essere stato proprietario della Arturo srl, la società che - come ha svelato il nostro giornale nei giorni scorsi - ha collezionato due condanne davanti al giudice del lavoro di Genova, e poi ha impartito una zoppicante lezione di diritto commerciale. Ha negato di essere stato l'amministratore della società (lo è stato invece fino al marzo 2007, proprio nel periodo in cui sono contestati i fatti) e di aver svolto ruoli da liquidatore (lo è stato fino ad agosto 2008, successivamente l'azienda sarà cancellata dal registro delle imprese e le cause intentate dai lavoratori andranno a schiantarsi contro un muro di gomma).Il capolavoro è stato, però, quando ha bollato come «fake news» le sentenze della magistratura che riconoscevano risarcimenti per differenze retributive a due lavoratori della Arturo, impegnati nel 2007 a consegnare agli abbonati le copie del Secolo XIX. Uno, Evans Omoigui, attende da anni un bonifico da babbo Renzi di 90.000 euro, la cifra stabilita dal giudice. Quando ha capito che avrebbe aspettato in eterno, ha minacciato di suicidarsi salendo su una gru nel porto del capoluogo ligure. Oggi (che attende ancora) ha scelto di raccontare la sua storia in un libro (Il mondo deve sentire la mia storia) e in una ballata dedicata al papà di Matteo che fa: «Io ballerò per farmi vedere, allora io ballerò, finché Renzi non mi pagherà i miei soldi. Io ballerò. Io ballerò per farmi vedere da Tiziano Renzi io balleròòò...». Mentre Evans balla, l'altro collega, Alari Monday, che abbiamo intervistato nei giorni scorsi, ha ribadito ai microfoni delle Iene di aver lavorato in nero, e di averlo fatto senza peraltro avere nemmeno il permesso di soggiorno (permesso che Renzi senior, secondo una denuncia poi archiviata, gli avrebbe promesso in virtù dei suoi buoni uffici con alcuni funzionari della questura del capoluogo ligure). Anatema! Tiziano ha minacciato ancora querele e promesso sfraceli in tribunale («Ho quattro avvocati che lavorano per me», ha sibilato all'inviato della trasmissione) solo a sentir parlare di lavoro nero nella Arturo. Anche dei mancati versamenti contributivi allo chef Andrea Santoni, ex strillone a Firenze per la sua società, è pronto a giurare di aver tutto in regola. Basta recuperare una carta all'Agenzia delle entrate...Con il solito cappellino da pescatore calato in testa, ha detto tutto e il contrario di tutto pure a proposito delle ordinanze di abbattimento che il nostro giornale ha scovato per sei strutture (due tensostrutture, due tettoie in lamiera, un capannone in ferro e un locale di piccole dimensioni in cemento armato) a Rignano sull'Arno. Ha assicurato che «sono ancora là» anche se il sindaco del piccolo Comune, sentito dal giornalista, lo ha smentito; e ha fatto riferimento a una non meglio precisata sentenza che gli avrebbe dato ragione. Dove sia questa sentenza, non si sa però. E il capannone verde che, magicamente, dopo il nostro articolo è sparito dal cortile della sua società di Rignano sull'Arno? Autorizzato nel marzo 2017, doveva essere rimosso dopo 90 giorni. È arrivato fino a dicembre 2018, quando è tornato nel cassetto.Talis pater, (quasi) talis filius. Anche Matteo ha ringhiato e sottolineato a Filippo Roma che lui e il suo babbo non vogliono e non possono essere accostati ad Antonio Di Maio che ha evangelicamente confessato le sue colpe. Perché - hanno sottolineato per la millesima volta -partono le querele. Le stesse che, ancora ieri sera, babbo Tiziano ha ripromesso al direttore della Verità, Maurizio Belpietro, in un post su Facebook che però contiene una prima ammissione rispetto alla sua linea di difesa. «L'accusa delle Iene circa un tendone riguarda una struttura regolarmente autorizzata dal comune di Rignano», scrive, «Il fatto che l'autorizzazione possa essere scaduta non comporta il reato penale, gravissimo, di abusivismo edilizio ma al massimo - forse - una sanzione amministrativa. Il tendone si monta e si smonta agevolmente: non è una palazzina abusiva, è un tendone».Dunque, il tendone c'era ed è stato smontato. Quindi, Orso Saggio - come si fa chiamare - pagherà una sanzione amministrativa? Nel post c'è spazio anche per chiarire anche il «giallo» della messa in onda della puntata. «Non c'è nessuna censura verso le Iene. Ho parlato per ore con loro venerdì, offrendo anche la possibilità di continuare la discussione in ufficio. Non si sono presentati ma hanno mandato due volte un drone». Spiega che «il mio avvocato» ha mandato una «diffida» «per evitare che facessero la fine di Marco Travaglio (condannato due volte)»: la sua premura, insomma, era questa: «Abbiamo chiesto di non diffamarci. Se lo faranno sarà stata per loro scelta». Infine ancora una stoccata al papà di Di Maio e ai 5 stelle: «Filippo Roma, la Iena, ha ricevuto da noi una diffida, da altri le minacce di morte. Capisco che le Iene abbiano la necessità di riequilibrare dopo il loro scoop su Di Maio, finito sul New York Times, ma ogni accostamento con Di Maio senior per me è diffamatorio». Orso Saggio perde il pelo ma non il vizio.
Agostino Ghiglia e Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
Il premier risponde a Schlein e Conte che chiedono l’azzeramento dell’Autorità per la privacy dopo le ingerenze in un servizio di «Report»: «Membri eletti durante il governo giallorosso». Donzelli: «Favorevoli a sciogliere i collegi nominati dalla sinistra».
Il no della Rai alla richiesta del Garante della privacy di fermare il servizio di Report sull’istruttoria portata avanti dall’Autorità nei confronti di Meta, relativa agli smart glass, nel quale la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio del Garante Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni di euro, ha scatenato una tempesta politica con le opposizioni che chiedono l’azzeramento dell’intero collegio.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.
A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
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