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Oriana Fallaci aveva previsto il collasso dell'Europa, aveva provato a fermarlo ed è stata messa alla berlina per essersi disturbata. Ora che i suoi ammonimenti si sono spesso dimostrati corretti, l'Italia dovrebbe onorare in modo consono la sua memoria: Oriana Fallaci si merita un monumento a Roma.

Nell'ondata di giustificata rabbia che seguì gli attacchi islamisti dell'11 settembre, la Fallaci scrisse La rabbia e l'orgoglio, spiegando che quello che aveva colpito gli Stati Uniti era un nemico antico che minacciava non solo gli Usa, ma anche l'Europa e l'intero mondo libero.

La rabbia e l'orgoglio divenne un enorme bestseller, e fece guadagnare alla Fallaci minacce di morte da mussulmani che la costrinsero a vivere nascosta.

Persino allora, l'intellighenzia occidentale non si accorse di quello che stava accadendo e criticò furiosamente il libro, così come il suo seguito, La forza della ragione, nel quale la Fallaci scrisse: «Stavolta non mi appello alla rabbia, all'orgoglio, alla passione. Mi appello alla Ragione». Questi intellettuali non si sono limitati a criticare. Oriana Fallaci è stata una delle più coraggiose difensore che la civiltà occidentale abbia avuto negli ultimi anni, e l'Occidente l'ha ricompensata dandole la caccia, perseguitandola e denigrandola.

Quando la Fallaci aveva 75 anni e stava morendo di cancro, le autorità italiane tentarono di metterla a processo per diffamazione dell'Islam. Il giudice Armando Grasso di Bergamo stabilì che La forza della ragione conteneva 18 frasi «inequivocabilmente offensive nei confronti dell'Islam e dei mussulmani» e che, conseguentemente, doveva subire un processo.

La Fallaci commentò così l'accusa: «Quando l'ho saputo mi sono messa a ridere. Amaramente, certo, ma ho riso. Nessun divertimento, nessuna sorpresa, perché il processo è soltanto la dimostrazione che tutto quello che ho scritto è vero». Il processo fu fissato per il giugno del 2006, ma la Fallaci, che allora viveva a New York, non aveva nessuna intenzione di parteciparvi, dichiarando nel giugno del 2005: «Non so nemmeno se sarò ancora qui il prossimo anno. Il mio cancro è così esteso che ormai sono giunta alla fine della strada. Che peccato. Vorrei vivere non soltanto perché amo la vita ma anche per vedere l'esito del processo. Sono certa che mi giudicheranno colpevole». All'udienza preliminare nel giugno del 2006, il giudice confermò che la Fallaci doveva affrontare un processo, che fu fissato per il 18 dicembre dello stesso anno. Oriana morì il 15 settembre 2006 a Firenze.

Il Guardian, nel necrologio la definì «celebre per la sua islamofobia». Il sociologo britannico Chris Allen, nel suo libro del 2014 Islamophobia, la criticò, accusandola di «ritenere che l'Islam non debba stare nelle “nostre" terre, essendo esso irrimediabilmente Altro». Un altro libro pubblicato lo stesso anno la incolpò di avere aiutato a creare e a consolidare «uno zeitgeist anti-islamico che ha sviluppato e reinventato l'assortimento di stereotipi sulla questione dell'immigrazione e ha generato una specifica xenofobia contro i mussulmani». Nel 2014, un tentativo di dedicare una via a Roma alla Fallaci venne fatta fallire da due partiti italiani di sinistra, il Partito Democratico (Pd) e Sinistra Ecologia e Libertà (Sel), che lamentarono che gli scritti della Fallaci contenevano «odio religioso».

Questa linea della sinistra sulla Fallaci e il suo lavoro non è cambiata nemmeno nel 2015 e nel 2016, quando la crisi dell'immigrazione mussulmana in Europa rese abbondantemente chiaro, se qualcuno avesse avuto ancora qualche dubbio, che Oriana aveva ragione su tutta la linea. Se si fosse ascoltato il suo pensiero dieci anni fa, la grave crisi che ora l'Europa sta affrontando avrebbe potuto essere evitata.

E invece, oggi la Fallaci è diventata una novella Cassandra, non ascoltata ma ora vendicata.

È tempo di riparare questo torto. Erigete un monumento alla Fallaci a Roma. E, soprattutto, lasciate che vi siano cento nuove Oriana oggi, mille nuove appassionate, acute e indomite difensore della cultura e della civiltà occidentale, che condividano il suo sprezzo verso le molte armi di intimidazione fisica e psicologica che i jihadisti, i loro alleati non mussulmani e i loro strumenti nei media e governi occidentali usano per cercare di metterci a tacere e di screditarci.

Oriana Fallaci è stata una luce che ha brillato nei giorni più scuri. È tempo di commemorarla come merita.