L’ex vicesindaco accusa le giunte di sinistra di Giuliano Pisapia e Beppe Sala: «Togliere i presidi militari ha generato più reati e ha lasciato le periferie all’abbandono. La politica “green” ha messo a rischio la sicurezza dei cittadini».
Qual è la lettura sugli ultimi dati relativi alla criminalità a Milano? La percezione di insicurezza dei cittadini rispecchia la realtà?
«Noi abbiamo lasciato nel 2011 una città in cui c’era il 40% di reati in meno. Questo dato, confermato anche dall’allora questore, Vincenzo Indolfi, era dovuto al dislocamento di 430 uomini e donne delle Forze dell’ordine impiegati nell’operazione “Strade sicure”. Quando Giuliano Pisapia si insediò come sindaco, dismise subito quel dispositivo perché la tesi del centrosinistra era che non bisognasse militarizzare Milano. Il risultato? Abbiamo consegnato la città alla delinquenza. E lo si vede dai dati che puntualmente Il Sole 24 Ore pubblica riprendendo le cifre del dipartimento Sicurezza del ministero degli Interni. Il grosso problema è stato l’atteggiamento con cui la sinistra ha affrontato la questione, lasciando la città al rischio dell’islamizzazione».
Sarebbe a dire?
«A Milano ci sono circa 150.000 mussulmani ed esistono dodici moschee abusive, allestite in box e scantinati, e naturalmente non autorizzate. Adesso, il sindaco Beppe Sala ha predisposto la realizzazione di una moschea in via Esterle, nell’area comunale accanto al deposito dell’Atm, quando sul territorio una moschea regolare esiste già ed è quella di Segrate».
Quanti sono i clandestini? Ci sono delle stime?
«Stando agli ultimi dati di cui disponevo, si parla di qualcosa come più di 100.000 immigrati irregolari, tra Milano e Provincia, a fronte di mezzo milione di regolari. E, pur in questa emergenza, c’è chi vuole la chiusura del centro di permanenza per il rimpatrio di via Corelli».
Ultimamente, però, sono stati impiegati militari per pattugliare il territorio.
Il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, ha assegnato alla città 600 militari a presidio dei luoghi sensibili, come consolati, case di magistrati e persone che vivono sotto scorta. Si tratta di un notevole supporto logistico, che consente a polizia e carabinieri di svolgere i loro incarichi regolari e non priva le questure e le caserme di personale altrimenti occupato in servizi di pattugliamento».
Tutto a posto, allora?
«Non esattamente. Dove sono gli oltre 3.200 agenti di polizia locale? Milano è per il terzo anno consecutivo la città con il record di incassi dovuti alle sanzioni. È mai possibile che i vigili urbani vengano impiegati solo per fare le multe? All’epoca in cui ero vicesindaco a Milano erano presenti 19 pattuglie che giravano per tutta la città di notte; oggi ce ne sono sette, che devono controllare 2.000 chilometri di rete stradale. Bastano due o tre incidenti stradali e le pattuglie a disposizione si esauriscono come niente. E un’altra cosa. Il sindaco dice che sono stati assunti 500 nuovi vigili, ma quanti sono andati in pensione nel frattempo? Molti di questi nuovi assunti sono sostitutivi di quelli che hanno terminato il loro servizio».
Come funzionava quando sindaco era Letizia Moratti?
«Avevamo la polizia locale divisa in nuclei specializzati. Operativi 24 ore al giorno. Certo, bisogna pagare gli straordinari notturni».
Di quali nuclei si trattava?
«Erano reparti settorializzati che operavano contro specifici reati: nuclei anti borseggio, anti abusivi, di presidio sui mezzi pubblici, soprattutto di notte. Il nucleo anti occupazione, ad esempio, operava tempestivamente, se c’era una denuncia di occupazione abusiva. E se si opera entro le 48 ore non c’è bisogno dell’ufficiale giudiziario e di quanto ad esso connesso per lo sgombero».
C’erano luoghi dove questo presidio aveva maggiore efficacia?
«Nelle periferie. Pensi a una zona come Corvetto o San Siro, o alla circonvallazione esterna, servita dalle linee di filobus 90 e 91. Si trattava di dispositivi sicuri soprattutto per le aree periferiche e popolari. Oggi, invece, si pensa di spostare il centro sociale Leoncavallo in via San Dionigi, in Corvetto».
Sembra che però a Milano le urgenze siano altre.
«Sono il risultato di una ideologia “green” insensata, che non fa i conti con la sicurezza. Se pensiamo alle piste ciclabili, i dati dicono che sono morti investiti molti più ciclisti durante il mandato di Sala, di quanti non ce ne siano stati quando governavamo noi la città. Questo perché le piste ciclabili, per come sono state disegnate, non sono a norma. Oltre al fatto che hanno dimezzato la capacità di affluenza al traffico automobilistico su diverse arterie, una su tutte corso Buenos Aires».
Che effetto hanno prodotto queste politiche?
«Nella sola zona di Buenos Aires, almeno 50 esercizi commerciali chiusi. Le Aree B e C sono solo soldi che entrano nelle casse del Comune, ma non hanno nessun significato dal punto di vista ambientale. Inoltre, non c’è un servizio di trasporto pubblico adeguato e quello che c’è costa troppo ed è insicuro a tutte le ore del giorno e della notte. Roma, che ha un calibro stradale tre volte superiore a quello di Milano, vende i biglietti dell’Atac a 1,50 euro. Qua i biglietti costano 2,20 euro».
Tra un paio di anni si rinnoverà il Consiglio comunale meneghino. Quali sono le previsioni del centrodestra? Qualche anticipazione sui nomi di possibili candidati?
«È ancora presto. Quando si comincia a parlare di nomi possibili lo si fa per movimentare il dibattito pubblico e per sondare un po’ gli animi. Vedremo a tempo debito».