Lo strano caso del Quirinale: dichiara guerra al dl Sport che salva i soldi degli italiani
«Mani del governo su Atp e America’s Cup. Stop del Colle, il centrodestra tira dritto» (La Stampa). «Tensione tra centrodestra e Colle» (Repubblica). «Rilievi del Colle sul Dl Sport, modifiche e terza lettura o rinvio alle Camere» (Sole 24 Ore). «Il Colle stronca due decreti. E il governo adesso lo sfida» (il Fatto).
Siamo all’apocalisse: «La destra peggiore di sempre», oggi al governo, sullo sport sta coltivando un disegno eversivo, fortunatamente arginato dal Quirinale. Che ha «segnalato alcune criticità» attraverso i suoi «uffici». Risultato? Uno «scontro istituzionale». Bene (anzi male).
Mi permetto di indicare, rispettosamente, alcune «curiosità». La ratio della norma di cui si parla, contenuta nel Dl Sport, approvato dalla Camera e ora al vaglio del Senato, è che se per eventi sportivi è chiesto denaro allo Stato, la sua erogazione fa entrare in gioco - nella realizzazione degli appuntamenti - Sport e Salute. Che è una società pubblica, controllata al 100% dal Mef, il Ministero dell’economia, il cui titolare è il ministro leghista Giancarlo Giorgetti, artefice della nascita di Sport e Salute nel 2019 (in precedenza si chiamava Coni Servizi).
Gli attuali vertici sono espressione della maggioranza, con il presidente Marco Mezzaroma di rito meloniano e l’amministratore delegato Diego Nepi Molineris di rito giorgettiano. La querelle da dove nasce? Dal fatto che l’intervento sarebbe stato previsto per le Atp Finals di Torino, per cui la Federtennis di Angelo Binaghi riceverebbe quasi 100 milioni di finanziamenti in 5 anni. Ma Sport e Salute si dovrebbe sedere al tavolo della macchina organizzativa. «Piuttosto rinuncio a quei soldi» è stata la prima reazione, come riportata dalle cronache, di Binaghi.
In commissione alla Camera, proprio perché non si pensasse ad una norma ad eventum, è stato inserito un emendamento che estende il raggio d’azione a tutte le manifestazioni sportive foraggiate con denaro dei contribuenti per importi superiori ai 5 milioni (al di sotto, la «proprietà» delle medesime rimarrebbe delle Federazioni).
Testo approvato dalla sola destra? No: anche dal Pd (quindi complice?), per bocca di Mauro Berruto, pur ritenendo egli «curioso» che solo dopo la riassegnazione delle Atp Finals a Torino sia sorta la necessità di ridefinire il «peso» di Sport e Salute. Osservazioni cui ha replicato il ministro dello Sport Andrea Abodi, ringraziando Berruto per il voto a favore e specificando che il «tetto» ha la finalità di evitare candidature «selvagge». Tradotto: basta con gli assalti alla diligenza per ottenere soldi «facili» in vista di eventi che tali non sono. Non solo.
Abodi ha ricordato che le Atp Finals di Torino sono nate grazie all’iniziativa e all’intervento di Sport e Salute, quindi perché stupirsi?
Tutto qui? No. L’impianto normativo è tale che lascia alle Federazioni libertà di scelta: se vuoi quei soldi, devi mettere in conto la presenza di Sport e Salute, che garantisce sulla bontà delle procedure. Se no, fai da solo, a quel punto però sulla base del Codice degli appalti, con tutte le incombenze che ne conseguono.
C’è una seconda norma su cui sono state alzate le barricate: quella che trasferisce la giurisdizione - sul pagamento dei contributi obbligatori delle federazioni - dal Tar al giudice ordinario. Tanto più dopo che il 17 febbraio scorso è stata pubblicata la sentenza con cui la prima sezione del Tar del Lazio ha bocciato l’intervento dell’Agcom, che nel luglio 2024 aveva multato per 4 milioni la Federcalcio di Gabriele Gravina. Come mai? Per aver «abusato della propria posizione dominante nel mercato delle competizioni calcistiche, con l’obiettivo di escludere gli enti di promozione sportiva e limitare anche le loro attività amatoriali».
Dettaglio «curioso»: il giudice relatore-estensore del Tar, che lì si trova dal 2022, ha prestato servizio per la Federcalcio. Come componente del Tribunale federale nazionale - nella sezione disciplinare e in quella «vertenze economiche» - per poi arrivare nel 2023 alla Covisoc, la Commissione che monitora la situazione economico-finanziaria delle società di calcio, e che è un organo interno alla Federcalcio (visto il «profondo rosso» dei bilanci, e data questa simbiosi, non c’è da meravigliarsi che stia per nascere un’agenzia «terza» per evitare la convergenza, più che il conflitto, d’interessi).
Non unico caso, quello del giudice citato, di intreccio tra giustizia sportiva e giustizia amministrativa, dove negli ultimi anni sono approdati parecchi contenziosi tra Figc, Leghe e club.
Forse sarebbe interessante conoscere un eventuale, semplice «parere» degli uffici del Quirinale anche su codeste «congiunzioni astrali». Su cosa sarebbe puntato il riflettore del Colle? Sul tipo di provvedimento: un decreto anziché un disegno di legge.
Tanto che, osserva il Fatto, «il Quirinale ha già fatto ritirare un emendamento per la proroga fino al 2033 della Simico, Società infrastrutture dei Giochi olimpici Milano-Cortina 2026». Piccolo particolare: l’emendamento ritirato dal Dl Sport (mancherebbero necessità e urgenza) è stato riproposto e approvato all’interno del Dl Economia (per cui sussisterebbero...necessità e urgenza!).
«Curioso» comunque che ci si ponga il problema dello strumento legislativo scelto, perché gli interventi sarebbero di riforma del settore. Nel 2024, con un decreto legge (il 160) poi diventato legge, si è di fatto riformata l’università. In quell’occasione, tuttavia, non risultano agli atti - quanto alla «forma» - perplessità o rilievi di sorta.



