2018-03-29
Terroristi islamici con il passaporto italiano
Se c'era un modo per congedarsi dagli elettori, dichiarando il proprio fallimento, si deve riconoscere che Marco Minniti lo ha trovato. Il ministro dell'Interno mercoledì ha concesso un'intervista al quotidiano La Stampa, in cui senza giri di parole ha spiegato che la scuola coranica scoperta dagli inquirenti a Foggia non ha «eguali in Occidente». Le frasi ovviamente si riferiscono all'imam egiziano, ma con passaporto italiano, che in un centro culturale islamico educava i bambini a sgozzare gli infedeli, bevendo il loro sangue dopo avergli aperto la testa. «L'unica cosa che si può associare alla scuola di Foggia», ha detto il responsabile del Viminale, «sono le immagini che provenivano dal profondo dell'Iraq e della Siria, quelle di bambini addestrati a usare la pistola o utilizzati per esecuzioni capitali». Dopo di che Minniti ha concluso che la minaccia della jihad in Italia non è mai stata così forte. Le sue parole sono cadute proprio nel giorno in cui a Torino la magistratura ha disposto l'arresto di un italomarocchino che si preparava a ripetere le stragi compiute in Europa, con la collaborazione di una dozzina di estremisti islamici sparsi lungo la penisola, alcuni dei quali pare fossero italiani convertiti all'islam. Nel caso ci fosse bisogno di una conferma dell'allarme lanciato dall'uomo che veglia sulla sicurezza dei cittadini, diciamo che questa è arrivata proprio con le perquisizioni e gli arresti disposti nelle ultime ore. Tuttavia, se è condivisibile il ragionamento di Minniti, il quale parla a proposito di Foggia di uno scenario agghiacciante, per di più nel cuore dell'Europa, meno sostenibile è il resto, a cominciare dal comportamento del ministro, il quale lancia l'allerta ora che la questione del terrorismo islamico non è più affar suo, mentre fino a ieri si dimostrava tranquillo, quasi come non fossimo seduti su una polveriera pronta a esplodere.Mesi fa, tirando il bilancio del suo operato, il numero uno del Viminale si complimentava con sé stesso, dichiarando di essere intervenuto con risolutezza sul fronte dell'immigrazione essendo preoccupato della tenuta democratica del Paese. Come dire, che più degli sbarchi Minniti perdeva il sonno per colpa dei leghisti e di tutti quelli che lanciano allarmi contro l'invasione di clandestini. In realtà ora si scopre che non c'era nulla da temere se qualche esponente del Carroccio alzava i toni sul tema dei migranti, perché il pericolo era annidato altrove, in particolare in alcuni cosiddetti «centri culturali islamici». Spacciati per bocciofile in cui si legge e si studia il Corano e collocati in garage e scantinati, questi luoghi di ritrovo per aspiranti jihadisti non sono controllati da nessuno. Non esiste un registro dei frequentatori e tanto meno si ha notizia di un albo dei predicatori. I quali possono tenere i loro sermoni carichi di odio senza che qualcuno verifichi ciò che dicono. Ieri, nell'intervista alla Stampa, Minniti si intesta l'idea di obbligare ad aprire le moschee, costringendo gli imam a predicare in italiano. Peccato che questa sia stata da sempre una richiesta della Lega e del centrodestra e fino a ieri fosse bollata come un sopruso, anzi una violazione della libertà di espressione e di culto.Tuttavia, la parte più inquietante dell'intervista è la soddisfazione mostrata dal ministro quando parla di espulsioni. Vantandosene, il titolare del Viminale precisa che nel 2017 sono stati rispedite a casa, in quanto sospettate di essere in contatto con i terroristi, ben 132 persone e altre 29 sono già state costrette a fare le valigie nei primi tre mesi dell'anno. Secondo il responsabile della sicurezza questo è un bilancio capace di dimostrare l'efficienza del nostro apparato anti terrorismo. Come dire: vedete che li becchiamo? I jihadisti si sono infiltrati anche in Italia, ma noi siamo bravi a sgamarli e a espellerli. Peccato che già i numeri denuncino qualche cosa di inquietante. Dal 2015 al 2017 gli espulsi sono più che raddoppiati e se ogni mese vengono impacchettati e rispediti in dieci vuol dire che il fenomeno, invece di affievolirsi, cresce.I tifosi dell'Isis sono tanti e la soluzione di consegnare loro il foglio di via è temporanea, prova ne sia che ieri sono stati messi nel mirino degli inquirenti anche degli stranieri con passaporto italiano e italiani convertiti all'islam. Se uno straniero che insegna ai bambini come tagliare la gola agli infedeli si può cacciare e lasciare che se ne occupi la polizia del suo Paese, con gli immigrati diventati italiani e gli italiani diventati stranieri perché vogliono lo Stato islamico, che si fa?Minniti e il suo partito fino a ieri sostenevano che il terrorismo si batte con l'integrazione e per questo volevano concedere lo ius soli, cioè la cittadinanza italiana a tutti. Ma se un italomarocchino progetta un attentato e degli italiani convertiti gli danno una mano, siete proprio sicuri che concedere più diritti agli immigrati sia la soluzione? Io no. Anzi, penso che Minniti e i suoi compagni siano stati cacciati da Palazzo Chigi proprio perché sull'immigrazione e l'integrazione hanno fallito. Macerata e Rimini insegnano. Ma non al ministro.
Abiy Ahmed e Giorgia Meloni (Ansa)
Il presidente e ad di Philip Morris Italia Pasquale Frega a Cernobbio (Ansa)
Il presidente e ad di Philip Morris Italia dal Forum Teha di Cernobbio: «La leva competitiva è cruciale per l'Italia e l'Europa».