2025-04-24
La sobrietà di Landini: «Venerdì sarà lotta»
Il segretario della Cgil incendia l’imminente Festa della liberazione: «Non beviamo, è evidente che nel mondo manchi democrazia». Novello Garibaldi, ha dato il via a una campagna nelle Americhe per mobilitare gli italiani in vista del referendum contro il Jobs act.«Verso una giornata di mobilitazione e di lotta». Maurizio Landini prepara il suo 25 aprile e percepisce l’operazione Bella ciao come se fosse uno sciopero contro qualcosa (qualunque cosa, tra l’altro cade di venerdì). Così mette in campo tutto l’armamentario ideologico per occuparne lo spazio fisico. Per la verità, sarebbe la Festa della liberazione, un momento per celebrare la fine della guerra, la sconfitta del nazifascismo e il faticoso ritorno alla democrazia in Italia. Non proprio dettagli. Ma per il leader della Cgil aggrappato alle bandiere rosse come Wanda Osiris alle tende, conta zero: per lui si tratta di «mobilitazione e lotta». La festa è sua. E la stagione della tanto invocata «rivolta sociale» durante gli scioperi della collezione autunno-inverno 2024-2025 non è finita.A chi gli chiede se la giornata di lutto per la morte di papa Francesco sarà caratterizzata da sobrietà (come ha consigliato Giorgia Meloni), lui risponde con una battuta mostrando i muscoli: «Non è che il 25 aprile si deve bere, non è che beviamo e quindi dobbiamo essere sobri». Poi argomenta con una frase non del tutto analcolica: «Siamo in un periodo in Italia e nel mondo in cui c’è una crisi evidente della democrazia. E mai come adesso va praticata e costruita». Con gli otto scioperi di aprile e i 13 previsti a maggio solo nei trasporti, è l’ultimo a doversi lamentare del presunto deficit democratico. Il termine sobrietà non piace neppure al sindaco di Milano, Beppe Sala, che si domanda: «Cosa vuol dire? Bisognerebbe chiederlo al governo. Non so cosa intenda il governo con sobrio». Forse la speranza che nessun imbecille replichi la prodezza di un anno fa, quando un membro della Brigata ebraica fu accoltellato in piazza Duomo. Ma si sa che Vanity Sala ha la memoria corta. La Cgil sarà a Roma al fianco dell’Anpi con la consueta missione (recita un comunicato) di «rendere omaggio ai partigiani che hanno contribuito alla ricostruzione democratica del nostro Paese. La Festa della liberazione è per noi un impegno quotidiano contro ogni forma di fascismo, razzismo, intolleranza, disuguaglianza e sfruttamento».Di lavoratori non si parla, anche perché quelli non votano più a sinistra. Del resto, la Cgil è sempre più un partito politico, la stampella movimentista del Pd, ha il suo bel posto nella foto ricordo in ogni manifestazione di piazza. E un programma che è tutto un programma: fermare l’autonomia differenziata, la riforma del premierato, difendere le istanze della comunità trans, lottare per l’accoglienza diffusa dei migranti e contro i centri in Albania, schierarsi a difesa della scuola pubblica contro la scuola privata e - non è uno scherzo - contrastare «la revisione delle linee guida per la somministrazione del farmaco blocca pubertà triptorelina».Anche se dal radar sindacale sono scomparsi la tutela del lavoro, dei salari (finora si è mosso solo quello del Landini medesimo, passato a 4.359 euro lordi), il ritorno all’ascensore sociale, la sicurezza dei cantieri; anche se non c’è traccia della competitività, delle fabbriche digitali 3.0 (call center, factory da abbrutimento), del caporalato gestito dalla criminalità organizzata e della schiavitù dei rider, sulla difesa della triptorelina il cassintegrato a zero ore di Stellantis non può che essere soddisfatto. Tanto più che in queste settimane si è aggiunto un tema chiave: il referendum contro il Jobs act e per il ripristino dell’articolo 18. Era uscito di scena 10 anni fa senza il minimo sussulto della Cgil per non disturbare il governo di Matteo Renzi che lo aveva sciolto nell’acido, ma adesso è un caposaldo dell’agenda di Landini.Lo è a tal punto che la Cgil ha mandato una delegazione in Sud America per sensibilizzare i cittadini a partecipare alla consultazione dalla quale dipende un po’ anche il futuro del segretario. Dopo la tournée in Brasile, Cile e Uruguay, Filippo Ciavaglia, responsabile dell’Ufficio italiani all’estero, è approdato a Buenos Aires. Il drappello è partito in tempi non sospetti, anticipando gli scioperi proclamati per le prossime settimane, e ha chiesto il sostegno delle sigle latinoamericane ai referendum che «mirano a revocare leggi sul lavoro considerare regressive». Ciavaglia ha incontrato i rappresentanti della Confederación general del trabajo (Cgt), i quali hanno espresso «ferreo sostegno» per portare al voto parte dei 400.000 elettori aventi diritto.La spedizione, che evidenzia un certo bruciore di stomaco per il rischio concreto di non raggiungere il quorum nel weekend dell’8 e 9 giugno, è definita strategica. Ciavaglia ha incontrato deputati di sinistra come Vanesa Sisley e Carlos Castagneto, i quali sono venuti in soccorso de los italianos aggiungendo che «le deregolamentazioni delle riforme del lavoro in Italia sono inefficaci come quelle promosse da Javier Milei». Il quale, per proprietà transitiva lunare, le avrebbe copiate da Renzi. Ora il tour prosegue negli Stati Uniti, poi il rientro alla base. In tempo per il sobrio sciopero del primo maggio.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)