Confcommercio lancia l’allarme: il terziario nel 2022 spenderà in energia 33 miliardi, il triplo rispetto al 2021. In pericolo 370.000 posti. I settori più esposti: vendita al dettaglio, ristorazione, alberghi, trasporti e moda.
L’avevamo detto, facili Cassandra, prima ancora che cadesse il governo Draghi: con la crisi del gas il conto in autunno sarà salatissimo e per molte imprese, purtroppo, letale. Ieri da Confcommercio-Imprese per l’Italia è arrivata una stima devastante: la spesa in energia per i comparti del terziario nel 2022 ammonterà a 33 miliardi, il triplo rispetto al 2021 (11 miliardi) e più del doppio rispetto al 2019 (14,9 miliardi). Il caro-bollette e un’inflazione prossima all’8%, per quasi l’80% dovuta proprio all’impennata dei prezzi delle materie prime energetiche, mette così a rischio da qui ai primi sei mesi del 2023 circa 120.000 imprese del terziario di mercato e 370.000 posti di lavoro.
Tra i settori più esposti, c’è il commercio al dettaglio - in particolare la media e grande distribuzione alimentare che a luglio ha visto quintuplicare le bollette di luce e gas - la ristorazione e gli alberghi con aumenti tripli rispetto a luglio 2021, i trasporti che oltre al caro carburanti (+30-35% da inizio pandemia ad oggi) si trovano ora a dover fermare i mezzi a gas metano per i rincari della materia prima; ma a risentire pesantemente di questa situazione sono anche i liberi professionisti, le agenzie di viaggio, le attività artistiche e sportive, i servizi di supporto alle imprese e il comparto dell’abbigliamento che, dopo una stagione di saldi marginalmente favorevole, si trova oggi a dover sopportare incrementi consistenti.
«I costi dell’energia sono, ormai, da vera emergenza. In particolare, le imprese del terziario pagheranno una bolletta pari a 33 miliardi, il triplo rispetto a un anno fa. Il nuovo governo dovrà dare risposte immediate accelerando soprattutto su Recovery fund energetico europeo e fissazione di un tetto al prezzo del gas. È vitale, insomma, tagliare drasticamente il costo dell’energia per tutte le imprese, anche quelle non energivore e gasivore. In caso contrario si rischia di vanificare la ripresa economica di questi ultimi mesi», ha detto ieri il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. Negli ultimi giorni un appello alla politica e al governo Draghi lo aveva fatto Francesco Mutti, amministratore delegato dell’omonimo gruppo leader nella trasformazione e conservazione del pomodoro, chiedendo un ristoro per le aziende, soprattutto quelle legate alla trasformazione del pomodoro che hanno solo due mesi per raccoglierlo e trasformarlo e ora rischiano di essere spazzate via dai rincari.
Il comparto alimentare, in particolare, ha fame di energia soprattutto per la refrigerazione degli alimenti. La maggior parte dello stoccaggio pre-distribuzione avviene in grandi centri che lavorano conto terzi, grandi centri frigo che non vengono considerati energivori. Stoccare la nostra eccellenza alimentare nel fresco e nel freschissimo e nei surgelati costa più che nel resto d’Europa. Non solo. I logistici del freddo devono investire su orizzonti molto brevi per evitare di essere stritolati dalla continua crescita dei costi in bolletta. La strada è migliorare l’efficienza dei gruppi frigo, rifare gli isolamenti, installare impianti fotovoltaici dedicati con accumuli locali per ridurre i prelievi dalla rete. Tutte cose che funzionano ma costano, tant’è vero che gli operatori sono già ricorsi all’emissione di bond per finanziare questi interventi, operazioni non così comuni in ambito logistico in Italia. E comunque, anche se si autoproduce energia, gli oneri di sistema vanno pagati, come sanno bene anche gli energivori «de iure», come le cartiere o i cementifici.
Soffre anche la moda «che vede nelle prospettive future una grave difficoltà nel poter mantenere posizioni fondamentali all’interno dei centri storici ed allo stesso tempo nella necessità di tutelare centinaia di migliaia di posti di lavoro», ha dichiarato ieri il presidente nazionale di Federmoda, Giulio Felloni, spiegando che i fornitori stanno segnalando un aumento dei prezzi di circa un 15% difficilmente sostenibile dal consumatore finale.
Nel frattempo, il ministero dello Sviluppo economico ha rafforzato le linee di intervento dei contratti di sviluppo per sostenere gli investimenti delle imprese e i progetti industriali che, attraverso l’elettrificazione dei processi produttivi e l’utilizzo di idrogeno, consentano di ridurre le emissioni di CO2 e i consumi di energia. Con decreto del ministro Giancarlo Giorgetti ieri è stata definita la destinazione dei 2 miliardi del Fondo per lo sviluppo e la coesione, assegnati dal Cipees al Mise, per finanziare ulteriori 101 progetti da realizzare per l’80% nel Mezzogiorno e il 20% nel Centronord, come previsto dalla normativa europea. Il nuovo decreto prevede un regime favorevole in materia di aiuti di Stato per i progetti di imprese che, non comportando un aumento della capacità produttiva complessiva, consentono una riduzione sostanziale delle emissioni di gas serra delle attività industriali che attualmente fanno affidamento sui combustibili fossili come fonte di energia o materia prima ovvero a una riduzione sostanziale del consumo di energia nelle attività e nei processi industriali.