2018-09-11
La stele di Pamela spaventa il vescovo: «È scappato e non l’ha benedetta»
Monsignor Nazzareno Marconi dice una preghiera davanti alla lapide dedicata alla ragazza fatta a pezzi da un migrante e se ne va senza attendere l'arrivo della mamma della giovane. Aveva detto: «Elaborate il dolore in silenzio».Forse una cerimonia più intensa avrebbe dato fastidio. Magari avrebbe urtato la sensibilità degli immigrati. Qualcuno avrebbe potuto pensare che, benedicendo la lapide di una ragazzina fatta a fette, il vescovo volesse sottolineare la ferocia di un delitto commesso ai danni di una giovane italiana da parte di un richiedente asilo che non fuggiva da nessuna guerra. E poiché questo non deve assolutamente accadere, la pietra posta in ricordo di Pamela Mastropietro nel punto in cui i suoi poveri resti sono stati ritrovati, la benedizione non ce l'ha avuta.Invitato ad inaugurare il cippo, monsignor Nazzareno Marconi, vescovo di Macerata, se ne è andato «dopo una frettolosa preghiera». Senza nemmeno attendere che la mamma della povera giovane fosse presente.Se la vittima fosse stata una giovane immigrata e l'assassino un italiano cosa sarebbe accaduto? Non lo sapremo mai perché italiana era Pamela, mentre l'immigrato è lui, Innocent Oseghale, 29 anni, nigeriano, unico indagato per omicidio, violenza sessuale, vilipendio, distruzione, occultamento di cadavere.È accaduto domenica mattina a Casette Verdini, frazione del Comune di Pollenza, dove i pezzi del corpo di Pamela sono stati ritrovati dentro due valige buttate sul ciglio della strada.Ad organizzare la cerimonia era stata la Pro loco della frazione e secondo i programmi, la lapide finanziata dalle imprese locali, sarebbe stata scoperta dalla mamma di Pamela e benedetta dal prelato alla presenza della famiglia di lei, degli organizzatori e dei cittadini del piccolo paese. Il cippo creato per ricordare la giovane violentata, uccisa e poi smembrata, racconta la tragedia: ha la forma di un fiore di loto in marmo e vetro, attraversato da crepe, per simboleggiare la fragilità di Pamela, l'aridità di ciò che ha incontrato e la rinascita dal fango e dalla melma.«Alla cerimonia abbiamo deciso di non invitare personalità politiche, per evitare tensioni, la benedizione, però, era necessaria. Già due settimane fa abbiamo cominciato i preparativi. Avevamo fissato per le ore 10 di domenica mattina l'evento e ho parlato io stesso con il segretario di monsignor Marconi, per chiedere che fosse presente», racconta il presidente della Pro loco, Gabriele Ranzuglia. «Il segretario mi ha chiesto di anticipare alle nove l'inaugurazione, causa impegni, e noi pur a malincuore, per l'orario inadatto a una cerimonia domenicale, abbiamo accettato».All'ora prestabilita il vescovo è arrivato, ma, a quanto pare, con l'intenzione ben chiara di fare tutto nel minor tempo possibile. «Ha detto subito che doveva andare via per celebrare una cresima», continua Ranzuglia, «la famiglia della giovane ancora non era giunta sul posto, forse per il traffico incontrato venendo da Roma e, contattati, hanno garantito che in cinque minuti sarebbero stati presenti». Monsignor Marconi, però, di fretta ne aveva veramente tanta e ha insistito per cominciare la cerimonia. Una breve preghiera, senza i parenti, con la lapide ancora coperta da un telo bianco, la raccomandazione che il ricordo «non sia di odio e di vendetta ma per fare del bene» e, poi, via senza nemmeno benedire.«La sensazione è quella che sia voluto scappare evitando il confronto diretto con noi, che nonostante le nostre posizioni sull'immigrazione certo non avremmo fatto polemica in quel luogo», spiega Marco Valerio Verni, zio di Pamela e avvocato della famiglia. «Siamo rimasti scioccati, ma con il suo comportamento ha confermato l'impressione che ho avuto il giorno in cui siamo andati a prendere Pamela all'obitorio e lui, incontrandoci, invitò la mamma di Pamela ad “elaborare il dolore nel silenzio"» aggiunge Verni. «Quell'invito al silenzio ci colpì, perché, come dimostrano i casi di pedofilia emersi nella Chiesa in queste settimane, in certe situazioni il confine tra silenzio ed omertà è molto sottile». A quanto pare, però, non è la prima volta che la Curia di Macerata prende posizioni originali sull'omicidio.In una intervista dello scorso febbraio a una emittente locale, sempre Marconi parlando della tragica morte della diciottenne aveva puntato il dito sulla droga, «che ha portato questi giovani ad essere sotto attacco» e messo sotto accusa il lassismo educativo. «Siamo una generazione che non ha saputo passare ai giovani i fondamenti di una vita equilibrata e costruttiva», aveva concluso.Durante la celebrazione di domenica, Mirko Traini, fratello di Luca, l'uomo di Tolentino che sparò e ferì sei immigrati per vendicare Pamela, ha deposto sulla lapide di Pamela un mazzo di fiori.
Matteo Salvini e Giorgia Meloni (Ansa)
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