
Il rinnovo del consiglio direttivo centrale del sindacato registra il crollo dell'ex maggioranza formata da Area, Unicost e A&I. I «davighiani» sono ormai ridotti al lumicino. Exploit di Articolo 101 e di Mi.I risultati delle elezioni per il nuovo Consiglio direttivo centrale (Cdc) dell'Associazione nazionale magistrati, il parlamentino del sindacato dei giudici, mandano un bel segnale ai vertici della magistratura italiana. La maggioranza delle toghe non è influenzabile dalle campagne di stampa e non basta controllare i principali quotidiani per capovolgere i rapporti di forza dentro alle correnti. E se Luca Palamara, dopo essere stato radiato dalla magistratura, avrà da qui in poi molto tempo libero, potrebbe proporre qualche pomeriggio ai giardinetti a un altro umarell uscito con le ossa rotte dalle elezioni, quel Piercamillo Davigo prepensionato suo malgrado dal Consiglio superiore della magistratura.Nel 2016 le elezioni del Cdc dell'Anm avevano sancito il trionfo di Palamara, che aveva trascinato la sua corrente, Unicost, a un trionfo elettorale con pochi precedenti: 13 seggi e 2522 voti di lista su 7272 totali. Distaccata di ben 700 voti c'era la lista dei magistrati progressisti di Area, storici alleati della Unicost palamariana.Nel 2016 nella maggioranza che governa l'associazione inizialmente entrano tutte le correnti. Dopo pochi mesi, però, esce dalla giunta Autonomia & indipendenza, il gruppo fondato da Davigo. Infine, quando scoppia il caso Palamara e vengono pubblicate sui quotidiani le conversazioni della riunione dell'hotel Champagne, a cui prende parte anche Cosimo Ferri, parlamentare del Pd e big della corrente conservatrice di Magistratura indipendente, le toghe moderate finiscono all'opposizione.Unicost tenta un'operazione di maquillage proponendosi ai suoi elettori come corrente depalamarizzata. Area cavalca lo scandalo presentandosi come l'unico gruppo in grado di contrapporsi alle logiche spartitorie dei Palamara e dei Ferri. A&i sembra la più attrezzata a manovrare la ghigliottina, anche perché Davigo guida il processo a Palamara e porta fuori dal guado dello scandalo, a colpi di distinguo e cavilli, gli altri consiglieri del Csm finiti nelle chat del magistrato radiato, in primis il vicepresidente David Ermini. Tutto ciò non è, però, bastato a evitargli il pensionamento, deciso lunedì dal parlamentino dei giudici.Le elezioni concluse ieri dimostrano che le strategie da pentapartito di chi aveva banchettato con le spoglie di Palamara non hanno pagato. Area, la nuova Unicost e A&I, ovvero l'insieme delle forze che più hanno sostenuto l'operazione di esclusione dalla stanza dei bottoni delle toghe anche solo sospettate di intelligenza con l'asse Palamara-Ferri, hanno preso una sonora batosta. I loro seggi, sommati, sono scesi da 28 a 22 (per avere la maggioranza in consiglio ne bastano comunque 19) e i voti addirittura da 5629 a 3746 (su 6045). Area ha guadagnato due posti nel Cdc (il più votato è stato il presidente uscente dell'Anm Luca Poniz - 739 preferenze-), ma ha perso una cinquantina di voti rispetto al 2016 e addirittura 486 se confrontati con il 2012. Insomma lo zoccolo duro delle toghe di sinistra piano piano si sta erodendo. Resta loro la speranza di andare a pescare nel bacino di Unicost, che dopo il caso Palamara, è stata la più penalizzata: ha perso oltre il 50 per cento dell'elettorato ed è scesa a 7 seggi (Alessandra Maddalena, con 412 preferenze, la più votata). Vedere il segretario generale Francesco Cananzi, l'uomo che spediva i pizzini con le preferenze per le nomine in Campania, presentarsi come il nuovo che avanza non ha portato risultati.Ma la vera débâcle è stato quella di A&i: le sue preferenze sono passate da 1271 (nel 2016 la lista venne trascinata da Davigo) a 749 (quasi la metà -363 voti- sono stati raccolti dall'ex consigliere del Csm Aldo Morgigni). Pietro Nenni diceva: «A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura». L'adagio è stato confermato dalle toghe del movimento Articolocentouno, una lista fuori dalle correnti che sostiene il sorteggio dei consiglieri del Csm e la rotazione dei dirigenti di tribunali e procure.Nel 2012 avevano conquistato un seggio, oggi ben 4. Due saranno occupati da Andrea Reale, giudice a Ragusa (296 preferenze) e Giuliano Castiglia (222), gip a Palermo, da un anno i grilli parlanti della magistratura con i loro commenti sulle mailing list e i loro articoli sul blog Uguale per tutti, con cui hanno denunciato l'ipocrisia di tanti colleghi che pensavano che il sacrificio di Palamara fosse sufficiente a voltare pagina. Reale ieri ha commentato: «Si è finalmente sentita la voce degli indipendenti. È un buon risultato, ma c'è ancora tanta strada da fare sul piano culturale e associativo».Altra sorpresa di queste elezioni è l'inaspettato exploit di Magistratura indipendente, che sembrava essere stata rasa al suolo dalle intercettazioni dello Champagne, che portarono alle dimissioni del presidente dell'Anm Pasquale Grasso, del segretario Antonello Racanelli e dei consiglieri del Csm Antonio Lepre e Corrado Cartoni. Mi ha portato i propri seggi da 8 a 10 (il primo della lista è Salvatore Casciaro, con 415 voti), ma al contrario di Area ha visto crescere anche le preferenze.È chiaro che la magistratura sta andando verso un bipolarismo destra-sinistra, eliminando dal campo la vecchia Balena bianca di Unicost. L'elettorato centrista, di fronte alla prospettiva di fare da predellino ad Area, ha preferito cambiare schieramento o non votare. Con questo trend di smottamento a sinistra, alle prossime elezioni del Csm, Unicost rischia di far eleggere a Palazzo dei marescialli solo due giudici di merito e neanche un pubblico ministero. Resta da capire che cosa resterà di A&i. L'impressione di molti e che, con il pensionamento di Davigo, si scioglierà in fretta e che Sebastiano Ardita, ex delfino di Ferri, potrebbe guidare, in questo nuovo scenario bipolare, il ritorno a casa dei fuoriusciti di Mi. Anche perché Ardita, pm catanese, si dice sia stato scaricato da Davigo, nonostante abbia votato contro il suo pensionamento. Davanti agli inquirenti di Perugia l'ex campione di Mani pulite avrebbe dichiarato che i rapporti tra Ardita e l'ex pm Stefano Fava, autore di un esposto contro l'ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, lo avevano fatto arrabbiare. Un'ammissione che potrebbe essere sufficiente a segnare una frattura definitiva tra i due.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






