
Il capo del Mef va a Berlino e rivela che la riforma del Fondo è in dirittura d'arrivo. Il Parlamento aveva chiesto il contrario.Decisamente preoccupante il bilancio dei due giorni berlinesi che hanno visto il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri partecipare prima all'Eurogruppo e poi a una riunione informale del Consiglio Ue nella configurazione Ecofin. Sono passati in effetti solo pochi mesi dalle analoghe riunioni del 4 dicembre 2019 e del 20 gennaio 2020 che terminarono con la conferma dell'accordo «in linea di massima» della riforma del Mes, e l'intesa di mettere a punto gli ultimi dettagli entro marzo per poi procedere alla firma. Il processo rallentò non certo per merito di Gualtieri, ma per un problema giuridico sollevato dai francesi. Da allora ad oggi è cambiato tutto, tranne l'agenda di questi consessi che è tornata ad essere esattamente sovrapponibile a quella di nove mesi fa.Ieri abbiamo già sottolineato l'inusuale e pubblico sostegno riservato dal Presidente Pascal Donohoe a Gualtieri che evidentemente ci teneva a far sapere agli italiani, attraverso la voce dell'irlandese, che nelle trattative sulla riforma del Mes si era battuto come un leone. Nel secondo giorno di lavori, Gualtieri non ha esitato a sfruttare l'assist del collega per dichiarare, come se nulla fosse, che «abbiamo convenuto sull'opportunità di lavorare per avere l'introduzione anticipata del backstop da fine anno prossimo. Questo richiede alcuni passaggi e consentirà a noi in Italia di affrontare questo tema che era stato un po' congelato». Parole che confermano che la riforma del Mes è ormai cosa fatta e che il dibattito si è spostato solo sull'eventuale anticipo, a fine 2021, della operatività del paracadute (backstop) al Fondo di risoluzione unico per le crisi bancarie (Srf), seconda gamba ancora incompleta della, ancor più incompleta, unione bancaria. Ora noi, non conoscendo le condizioni del congelatore del ministro, non ci fidiamo delle sue parole e ci lasciamo guidare dalla lettura degli atti. E la contraddizione tra le prime ed i secondi è evidente. Infatti la risoluzione parlamentare dell'11 dicembre 2019 impegnava il governo a «mantenere la logica di pacchetto (Mes, Bicc, Unione bancaria) […] In particolare, escludere interventi di carattere restrittivo sulla detenzione di titoli sovrani da parte di banche ed istituti finanziari e comunque la ponderazione dei rischi dei titoli di stato attraverso la revisione del loro trattamento prudenziale, ed escludendo le disposizioni che prevedono una contribuzione degli istituti finanziari all'Edis in base al rischio di portafoglio dei titoli di Stato».Quindi Gualtieri ignora per ben due volte il mandato parlamentare: non rispetta la logica di pacchetto a cui l'aveva impegnato il Parlamento, lasciando che la riforma del Mes proceda indisturbata e addirittura ragionando senza alcuna remora sull'anticipo del paracadute al Srf fornito dal Mes. Inoltre, ben consapevole della pericolosità della proposta tedesca di garanzia comune sui depositi (Edis) - che prevede proprio ciò che il Parlamento ha recisamente voluto escludere - lascia che questa proposta resti sul tavolo e proceda con i suoi tempi. Ci chiediamo quale potere contrattuale potrà mai avere Gualtieri in futuro quando, approvata la riforma del Mes, dovrà avere il coraggio di respingere la proposta tedesca. Il timore che anche questa passi, magari sulla pressione di qualche «fate presto» inventato ad hoc, non è infondato. Ma tutta questa fretta - metodo abituale in Europa, quando il gioco si fa duro - sui tempi di definitiva approvazione della riforma del Mes genera altri sospetti.Poiché il Srf è alimentato dai contributi delle banche ed è previsto che raggiunga il suo livello definitivo di 55 miliardi a inizio 2024, cosa nasconde la volontà di sostenerlo, già entro il 2021, con ulteriori 68 miliardi prestati dal Mes, qualora esaurisca le sue disponibilità? C'è forse qualche grande banca in giro per l'Europa che somiglia più a uno zombie? Qualche lontano scricchiolio del sistema bancario spagnolo e francese avvalora questo sospetto. Poiché il nostro Paese nel 2010-2012 ha già salvato una volta, via prestiti bilaterali e dell'Efsf agli ellenici, le banche tedesche e francesi incaute creditrici, non vorremmo che la storia si ripetesse.Inoltre Gualtieri crede che tutti si siano dimenticati che a gennaio l'Eurogruppo concordò di condizionare l'eventuale anticipo del backstop a favore del Srf alla verifica, da eseguirsi nel corso del 2020, di sufficienti progressi nella riduzione dei rischi nei bilanci bancari. Come pensa sia possibile eseguire tale valutazione nell'attuale scenario di crisi finanziaria, che promette una nuova impennata di prestiti inesigibili? Gualtieri tenta quindi di farci digerire la riforma del Mes parlando solo del paracadute per le banche ma ci nasconde il peggio: la valutazione preventiva della sostenibilità del debito e l'uso di parametri automatici (per noi penalizzanti) per spedirci direttamente tra i beneficiari della linea di credito a condizioni rafforzate (Eccl) con tanto di misure correttive. La trappola perfetta per installare la Troika a Palazzo Chigi.Infine, appaiono niente affatto rassicuranti le dichiarazioni del titolare del Mef relative alle entrate proprie della Ue per finanziare il Recovery fund. Affermare che «positivamente abbiamo accolto la volontà della Commissione e di diversi Paesi di rilanciare e affrontare il tema delle risorse proprie» significa, nel linguaggio felpato di Bruxelles, che sono in altissimo mare le ipotesi di digital tax ed altre tasse che possano sostituire il peso dei contributi calcolati in base al Pil che, nel 2019, hanno costituito il 76% dei 17 miliardi pagati complessivamente alla Ue. Ma in fondo, sia che si tratti di tasse o di contributi, il ruolo di contribuente netto della Ue è una gabbia senza vie d'uscita. Forse.
- Dagli Stati Uniti alla Francia, dalla Spagna al Regno Unito, i dati sono unanimi nel segnalare un aumento delle conversioni di adolescenti e giovani. E cresce pure la partecipazione alla messa. I media ultra laici: «Fenomeno di massa».
- «È la liturgia antica ad attrarre i ragazzi. Anche qui in Italia». Il priore della Confraternita del Sacro Cuore di Tolentino: «Sono sorpreso, nella nostra chiesa arrivano perfino da altre Regioni».
- Il clero progressista che ha dominato la scena dopo il Concilio Vaticano II sta ormai andando in pensione. E i fedeli abbandonano le parrocchie «liberal».
Lo speciale contiene tre articoli.
Roberta Bruzzone (Ansa)
La criminologa porta in teatro una sua «anatomia» delle relazioni malate: «Riconoscere queste persone è difficile. Non provate mai a cambiarle: l’amore non è un sacrificio».
Il paradosso è che l’amore terreno, la cosa comunemente più attraente e ricercata del mondo, è un gioco a scacchi non solo con il destino, ma anche con la morte, come nel Settimo sigillo di Bergman oppure, per richiamare la commedia all’italiana, nel Vedovo di Dino Risi, con Sordi e la Valeri. Tuttavia, chi cerca un partner può imbattersi in una trappola, talvolta rovinosa e talaltra mortale, architettata dal narcisista maligno a danno di una vittima sana ma sovente fragile. La nota psicologa e criminologa Roberta Bruzzone spiega che la strategia dei narcisisti (o delle narcisiste) maligni si basa sulla «chimica dell’inganno».
(Arma dei Carabinieri)
I militari del Comando di Milano hanno seguito fino in provincia di Bergamo un Tir sospetto con targa spagnola. Arrestati tre italiani e un cittadino spagnolo. Sequestrate anche armi da fuoco.
Nella serata del 25 novembre i Carabinieri della Compagnia di Milano Duomo hanno arrestato per detenzione illecita di sostanze stupefacenti due bergamaschi, un palermitano e un soggetto di nazionalità spagnola, rispettivamente di 28, 32, 29 e 54 anni.
I militari dell'Arma, nel corso di un più ampio servizio di prevenzione generale organizzato per le vie di Milano, insospettiti da un autoarticolato con targa spagnola di dubbia provenienza, dopo una prima fase di monitoraggio fino alla provincia di Bergamo, hanno sorpreso i soggetti mentre scaricavano 10 borsoni dal mezzo, all’interno di un capannone.
Alla perquisizione, sono stati trovati 258 chilogrammi di hashish, suddivisi in panetti da 100 grammi ciascuno e termosigillati.
L’autoarticolato, sottoposto a sequestro, è risultato dotato di un doppio fondo utilizzato per nascone la droga.
Nel corso dei successivi accertamenti sviluppati nelle abitazioni degli indagati, sono stati rinvenuti in casa del 28enne altri 86 chili di hashish, termosigillati e nascosti all’interno di un congelatore oltre a materiale per il confezionamento, due pistole cariche con matricola abrasa, munizioni e materiale riconducibile ad altri reati tra cui t-shirt riportanti la scritta «Polizia», un paio di manette, una maschera per travestimento, il tutto ancora ancora al vaglio degli inquirenti. Per il 28enne è scattato l’arresto anche per detenzione abusiva di arma clandestina. Nell’abitazione del 29enne sono stati invece trovati altri 4 chilogrammi di droga, anche questi custoditi in un congelatore, suddivisi in panetti da 100 grammi ciascuno e termosigillati. Complessivamente, sono stati sequestrati circa 348 chilogrammi di hashish.
Su disposizione del Pubblico Ministero di turno presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Bergamo, i quattro sono stati portati nel carcere di San Vittore di Milano in attesa dell’udienza di convalida.
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Brian Hughes (Getty Images)
L’uomo messo da Trump alla Nasa come capo dello staff: «Torneremo sulla Luna anche con partner italiani. Vogliamo creare una economia spaziale di tipo commerciale. Con l’agenzia russa continuiamo a collaborare».
Politico lo ha definito ad agosto «l’uomo di Trump all’interno della Nasa». È stato senior advisor dell’attuale presidente americano durante la campagna elettorale del 2024. Poi, dopo la vittoria, Trump lo aveva nominato vice consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca con delega alle comunicazioni strategiche. Tutto questo fino a maggio, quando il presidente lo ha fatto designare capo dello staff della Nasa. Brian Hughes ha quindi assunto un ruolo chiave all’interno di un’agenzia che Donald Trump considera strategica sia sul piano tecnologico che su quello geopolitico: un’agenzia che l’inquilino della Casa Bianca vuole adesso sottoporre a una serie di riforme per incrementarne l’efficienza, ridurne i costi e rafforzarne i legami con il settore privato.





