
Oggi il premier tornerà in Aula per riferire sul prossimo Consiglio europeo. Ma dovrà arrendersi all'evidenza: anche nel testo uscito ieri dall'Ecofin non c'è traccia della «logica di pacchetto» con cui Giuseppi volle farci digerire il Meccanismo di stabilità.Lunedì e martedì sono state due intense ed importanti giornate per capire cosa bolle in pentola per il nostro Paese a Bruxelles. Il nostro ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha partecipato prima all'Eurogruppo e poi al Consiglio Ue (nella configurazione Ecofin, riservata ai ministri economico-finanziario). Come precisato da fonti del Mef, in queste riunioni non era calendarizzato alcun passo formale nel processo di approvazione della riforma del Meccanismo europeo di stabilità e del completamento dell'unione bancaria. Ma, come annunciato nell'articolo pubblicato sabato 15, era prevista la discussione da parte dell'Eurogruppo e la successiva approvazione dal parte del Consiglio Ecofin, di un documento contenente raccomandazioni per la politica economica europea. Non è un documento qualsiasi ma un passaggio essenziale del cosiddetto «semestre europeo». Inizia a dicembre, passa per la pubblicazione di orientamenti e raccomandazioni da parte del Consiglio, prosegue con la presentazione da parte dei Paesi aderenti dei rispettivi programmi di riforma e termina a luglio con l'adozione da parte del Consiglio delle raccomandazioni specifiche Paese per Paese. Un percorso a obiettivi pilotati che devono poi trovare attuazione concreta nella legge di bilancio di ciascun Paese che vede, a quel punto, il Parlamento ridotto a poco più di un ornamento.Sabato avevamo avvertito che la bozza di quelle raccomandazioni conteneva l'esatta riproposizione delle conclusioni dell'Eurogruppo del 20 gennaio a proposito di Mes e unione bancaria: col primo il lavoro era al termine, con la seconda si proseguiva a lavorare fino al 2024. In palese contrasto con il testo della risoluzione parlamentare dell'11 dicembre e con le continue rassicurazioni del presidente Giuseppe Conte circa le discussioni ancora in corso e la ormai famosa «logica di pacchetto». Oggi Conte stesso sarà in Aula per riferire sul prossimo Consiglio europeo. Nel frattempo, l'auspicio era che il ministro Gualtieri potesse ancora far rilevare, in qualche modo, che il Mes, l'unione bancaria, e il nuovo strumento di bilancio per la competitività e la convergenza (Bicc), facessero parte di un pacchetto da negoziare congiuntamente, anche per scongiurare avventati e pericolosi limiti posti ai titoli di Stato nelle banche. Niente da fare. Il testo è uscito dall'Ecofin così come vi è entrato: intonso. Il documento recita «…Portare a termine i lavori sul pacchetto di riforme del Mes…». Tutto il resto sono chiacchiere. Il treno dell'approvazione del Mes procede, al netto di alcuni dettagli di minore entità, e il completamento dell'unione bancaria avanza secondo una tabella di marcia incentrata sul tema della riduzione dei rischi (delle nostre banche, giammai quelli delle banche franco-tedesche).Il semestre europeo sarà un percorso irto di ostacoli per noi. Infatti nella relazione sul meccanismo di allerta viene ribadito che è massima l'attenzione sui Paesi con alto debito pubblico che non fanno sufficienti progressi nella riduzione. Ed è facile capire a chi si riferiscano. Ma continuiamo a non toccare palla anche su altri temi in discussione. Ad esempio il citato Bicc. L'Eurogruppo aveva ricevuto dall'Eurosummit il compito di trovare una soluzione per il suo finanziamento. E questi cosa escogitano? Poiché il Bicc dovrebbe comunque fare affidamento sulle risorse del quadro finanziario pluriennale, hanno pensato bene di proporre la dotazione, su base volontaria, di risorse aggiuntive. Il tutto sulla base di un accordo intergovernativo (Iga) che ne disciplini il funzionamento. Insomma, l'ennesimo Trattato che ci vedrebbe probabilmente contributori netti.Parimenti a tinte fosche per il nostro Paese, aldilà delle belle parole del Commissario Paolo Gentiloni, è il quadro della revisione delle regole di bilancio. Il documento della Commissione, esaminato dal Consiglio Ue, è tutto un inneggiare alle virtù del Patto di stabilità e crescita e del «six pack» e «two pack», che hanno consentito anni di stabilità, crescita e bilanci pubblici sotto controllo. Insomma, tutto il farraginoso armamentario - fatto di Pil potenziale, disavanzo di bilancio ciclico e strutturale, riduzione del rapporto debito/Pil a tappe forzate verso il 60%, obiettivo di bilancio di medio termine - che economisti di mezzo mondo considerano dannoso, pro ciclico, discrezionale e complesso nella sua applicazione, qui viene ancora portato ad esempio e non si pensa nemmeno di cambiarne una virgola. Ma, nella remota ipotesi si voglia cambiare qualcosa (e perché cambiare qualcosa che funziona così bene?), si rimanda il tutto a una consultazione pubblica da concludersi entro la fine del 2020. Con buona pace dei propositi di quelli che pensavano di poter escludere dal deficit gli investimenti di cui il nostro paese ha drammatico bisogno. La strategia dei falchi del Nord Europa è nel solco del manzoniano «troncare, sopire…».
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Un servizio di «Fuori dal coro» mostra il racket dei bengalesi a Monfalcone: o cedi metà del tuo stipendio oppure non lavori o, peggio ancora, vieni pestato. I soldi presi dai caporali servono anche a finanziare gli imam che predicano abusivamente.
(Arma dei Carabinieri)
Ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 19 persone indagate per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate dalla deformazione dell’aspetto e altro. Con l’aggravante del metodo mafioso.
Questa mattina, nei comuni di Gallipoli, Nardò, Galatone, Sannicola , Seclì e presso la Casa Circondariale di Lecce, i Carabinieri del Comando Provinciale di Lecce hanno portato a termine una vasta operazione contro un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti che operava nella zona ionica del Salento. L’intervento ha mobilitato 120 militari, supportati dai comandi territoriali, dal 6° Nucleo Elicotteri di Bari Palese, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori «Puglia», dal Nucleo Cinofili di Modugno (Ba), nonché dai militari dell’11° Reggimento «Puglia».
Su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, sono state eseguite misure cautelari di cui 7 in carcere e 9 ai domiciliari su un totale di 51 indagati. Gli arrestati sono gravemente indiziati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina con armi, tentata estorsione, incendio, lesioni personali aggravate dalla deformazione dell’aspetto e altro, con l’aggravante del metodo mafioso.
Tutto è cominciato nel giugno del 2020 con l’arresto in flagranza per spaccio di stupefacenti avvenuto a Galatone di un giovane nato nel 1999. Le successive investigazioni avviate dai militari dell’Arma hanno consentito di individuare l’esistenza di due filoni parallel ed in costante contatto, che si spartivano le due principali aree di spaccio della zona ionica del Salento, suddivise tra Nardò e Gallipoli. Quello che sembrava un’attività apparentemente isolata si è rivelata ben presto la punta dell’iceberg di due strutture criminali ramificate, ben suddivise sui rispettivi territori, capaci di piazzare gradi quantitativi di droga. In particolare, l’organizzazione che operava sull’area di Nardò è risultata caratterizzata da una struttura verticistica in grado di gestire una sistematica attività di spaccio di stupefacenti aggravata dal tipico ricorso alla violenza, in perfetto stile mafioso anche mediante l’utilizzo di armi, finalizzata tanto al recupero dei crediti derivanti dalla cessione di stupefacente, quanto al controllo del territorio ed al conseguente riconoscimento del proprio potere sull’intera piazza neretina.
Sono stati alcuni episodi a destare l’attenzione degli inquirenti. Un caso eclatante è stato quando,dopo un prelievo di denaro presso un bancomat, una vittima era stata avvicinata da alcuni individui armati che, con violenza e minaccia, la costringevano a cedere il controllo della propria auto.
Durante il tragitto, la vittima veniva colpita con schiaffi e minacciata con una pistola puntata alla gamba destra e al volto, fino a essere portata in un luogo isolato, dove i malviventi la derubavano di una somma in contanti di 350 euro e delle chiavi dell’auto.
Uno degli aggressori esplodeva successivamente due colpi d’arma da fuoco in direzione della macchina, uno dei quali colpiva lo sportello dal lato del conducente.
In un'altra circostanza invece, nei pressi di un bar di Nardò, una vittima era stata aggredita da uno dei sodali in modo violento, colpendola più volte con una violenza inaudita e sproporzionata anche dopo che la stessa era caduta al suolo con calci e pugni al volto, abbandonandolo per terra e causandogli la deformazione e lo sfregio permanente del viso.
Per mesi i Carabinieri hanno seguito le tracce delle due strutture criminose, intrecciando intercettazioni, pedinamenti, osservazioni discrete e perfino ricognizioni aeree. Un lavoro paziente che ha svelato un traffico continuo di cocaina, eroina, marijuana e hashish, smerciati non solo nei centri abitati ma anche nelle località marine più frequentate della zona.
Nell’organizzazione, un ruolo di primo piano è stato rivestito anche dalle donne di famiglia. Alcune avevano ruoli centrali, come referenti sia per il rifornimento dei pusher sia per lo spaccio al dettaglio. Altre gestivano lo spaccio e lo stoccaggio della droga, controllavano gli approvvigionamenti e le consegne, alcune avvenute anche alla presenza del figlio minore di una di loro. Spesso utilizzavano automobili di terzi soggetti estranei alla compagine criminale con il compito di “apripista”, agevolando così lo spostamento dello stupefacente.
Un’altra donna vicina al capo gestiva per conto suo i contatti telefonici, organizzava gli incontri con le altre figure di spicco dell’organizzazione e svolgeva, di fatto, il ruolo di “telefonista”. In tali circostanze, adottava cautele particolari al fine di eludere il controllo delle forze dell’ordine, come l’utilizzo di chat dedicate create su piattaforme multimediali di difficile intercettazione (WhatsApp e Telegram).
Nell’azione delle due strutture è stato determinante l’uso della tecnologia e l’ampio ricorso ai sistemi di messaggistica istantanea da parte dei fruitori finali, che contattavano i loro pusher di riferimento per ordinare le dosi. In alcuni casi gli stessi pusher, per assicurarsi della qualità del prodotto ceduto, ricontattavano i clienti per acquisire una “recensione” sullo stupefacente e quindi fidelizzare il cliente.
La droga, chiamata in codice con diversi appellativi che ricordavano cibi o bevande (come ad es. “birra” o “pane fatto in casa”), veniva prelevata da nascondigli sicuri e preparata in piccole dosi prima di essere smerciata ai pusher per la diffusione sul territorio. Un sistema collaudato che ha permesso alle due frange di accumulare ingenti profitti nel Salento ionico, fino all’intervento di oggi.
Il bilancio complessivo dell’operazione è eloquente: dieci arresti in flagranza, il sequestro di quantitativi di cocaina, eroina, hashish e marijuana, che avrebbero potuto inondare il territorio con quasi 5.000 dosi da piazzare al dettaglio.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha ritenuto gravi gli elementi investigativi acquisiti dai Carabinieri della Compagnia di Gallipoli, ha condiviso l’impostazione accusatoria della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, emettendo dunque l’ordinanza di custodia cautelare a cui il Comando Provinciale Carabinieri di Lecce ha dato esecuzione nella mattinata di oggi.
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