Perché la riforma del catasto rischia di trasformarsi in una maxi stangata
2022-05-15
Verità e Affari
Arriva una schiarita sull’Opa su Aedes. Evidentemente le pressioni del mercato di cui Verità&Affari si è fatta portavoce hanno colto nel segno. In serata, infatti, è stato comunicata la proroga dell’operazione al 10 maggio.
Una scelta che non deve essere stata semplice. Hines, che ha annunciato l’intenzione di acquistare la vecchia immobiliare, avrebbe preferito arrivare al 31 maggio. Segno che, senza la sollecitazione la trattativa sarebbe andata avanti nel silenzio generale. Conclusione importante per una giornata iniziata sotto le ali del silenzio.
Dalla Consob nessuna comunicazione ufficiale mentre Aedes si era limitata a diffondere un comunicato relativo alla certificazione del bilancio 2021. Risulta che i revisori di Deloitte hanno fatto un richiamo di informativa, senza però sollevare rilievi. In particolare, viene segnalato, a titolo di richiamo, che «l'incertezza connessa alla copertura del fabbisogno finanziario della società e del gruppo continua ad essere significativa». Difficile capire la profondità del rilevo. Tanto meno lo capisce il mercato, con il titolo Aedes che ieri dopo la solita apertura da brivido ha ripreso un po' forza chiudendo invariato a 0,293 euro. Segno che evidentemente la segnalazione di Deloitte non viene considerata un problema.
Certamente non tale da compromettere l’eventuale Opa, di cui fino al tardo pomeriggio si erano perse le tracce. Hines il 5 aprile scorso aveva chiesto tempo fino al 30 aprile prima di sciogliere la riserva. Il termine era passato nel silenzio. In via informale gli sceriffi avevano fatto sapere che non c’erano ancora gli obblighi di legge. E’ vero che era stata fissata la scadenza del 30 aprile. Ma, spiegano fonti della commissione era stato un gesto volontario. Nessun dovere. Ma allora perché dare un’indicazione così puntuale? Con buona pace di tutti i principi di trasparenza.
Il mandato istitutivo della Consob prevede l’obbligo di far rispettare i doveri informativi. Il principio è semplice: nulla vieta di quotare in Borsa un uovo marcio valutandolo un milione di euro. A condizione che tutti siano informati del fatto che si tratta di immondizia. La regola non si interroga sulle dimensioni dell’uovo. Aedes è piccola, visto che capitalizza 77 milioni e gli scambi sono ridotti (ieri 285 mila euro). Ha anche un pessimo sapore considerando i terrificanti mal di pancia che ha provocato negli anni al mercato.
Fino all’Opa da parte della multinazionale del mattone Hines, le cui operazioni in Italia sono guidate da Mario Abbadessa. Anche se piccola e decisamente indigesta, Aedes funziona con le stesse regole degli altri titoli quotati. Seguendo le regole di trasparenza Hines aveva chiesto tempo fino al 30 aprile per definire l’offerta. A che serve dare questa informazione al mercato senza poi rispettarla? Dopo la scadenza dei termini il mercato è entrato nel regno delle tenebre, che sono esattamente il contrario del mandato Consob.
Da quando Savona è alla presidenza non c’è particolare attivismo. Nemmeno su partite importanti come Tim o Generali. Un immobilismo talmente fuori dall’ordinario da aver costretto qualche tempo fa lo stesso presidente a uscire allo scoperto accusando la «vecchia» Consob di ostacolare la «nuova», di cui Savona è la bandiera a dispetto dei suoi 85 anni.
Il cosiddetto aggiornamento del catasto nasce con fini condivisibili, ma rischia di trasformarsi in un'ecatombe per le famiglie del ceto medio italiano. Che abusi edilizi e fabbricati fantasma vadano censiti deve essere patrimonio culturale comune a tutti in un Paese civile.
Che debbano essere ricondotte a reddito tutte le costruzioni che a vario titolo sfuggono alla tassazione è attività che non può non trovare condivisione. Ma questi sono principi che possono penalizzare e non poco i proprietari di abitazioni, a seconda di come saranno declinati nella norma. Il dubbio (fortissimo) è che la strada intrapresa non sia quella del mero recupero del sommerso, ma quella di procedere a un vero e proprio restyling del settore.
L'AGGIORNAMENTO
"Aggiornamento del Catasto" è denominazione che certo non lascia tranquilli i legittimi proprietari di case, regolarmente denunciate e acquistate con sacrifici e esposizione bancaria. Non li lascia tranquilli perché "aggiornare" le rendite catastali significa incidere pesantemente sul bilancio familiare, già gravato da due anni di ammortizzatori sociali (se lavoratori dipendenti) ovvero di mancati introiti (se lavoratori autonomi). Due anni durissimi per le le famiglie italiane che ora stanno facendo i conti con bollette dell'energia triplicata.
Ecco, in questo contesto nessuno si aspetta e auspica interventi che vadano a incidere in modo ulteriormente negativo sulle famiglie. Perché è noto a tutti che aumentare la rendita catastale dei fabbricati fa lievitare non solo il costo dei tributi da pagare (Imu; tassa di registro quando si compra da un privato; tassa di successione e donazione).
Ma fa anche lievitare il valore dell'Isee, che contiene anche gli immobili, richiesto non solo per stabilire i livelli di accesso e di costo di servizi (dalla mensa scolastica all'asilo dei figli, dalle tasse scolastiche a quelle universitarie, dai sussidi comunali agli sconti energetici); ma anche per avere e stabilire gli importi dell'Assegno Unico Universale, che ha sostituito da pochi mesi in un solo colpo assegni familiari e detrazioni per i figli minori, oltre che qualche altro bonus.
CORTO CIRCUITO
Questi importi infatti sono scomparsi di colpo abbattendo di non poco l'importo percepito in busta paga. Dal mese di marzo invece l'Assegno viene erogato dall'Inps, non più soltanto in base ai redditi percepiti (come era prima), ma proprio in virtù dei valori contenuti nell'Isee, che varierebbero pesantemente nel caso di aumento delle rendite catastali, incidendo cosi sulla quantificazione dell'assegno stesso.
Insomma un corto circuito perfetto, talmente perfetto da sembrare costruito a tavolino. Un corto circuito che vedrebbe penalizzate le ignare famiglie italiane, che si vedono cambiare la normativa e le regole senza avere fatto nulla di male per meritarlo. Ecco, se da un lato la Riforma del Catasto è giustissimo che persegua chi ha tenuto nascosto immobili o li abbia costruiti abusivamente; dall'altro è impensabile che vada a toccare il valore dei fabbricati regolarmente accatastati dopo perizie e sopralluoghi.
Se il Legislatore vorrà essere credibile e giusto non potrà prevedere nuove regole, che cambino la classificazione delle abitazioni, facendo assomigliare l'intervento tanto a una tassa patrimoniale. La casa è un patrimonio familiare che va tutelato e non utilizzato per introdurre nuovi e celati costi, diretti o indiretti.*Presidente Fondazione Studi Consulenti del Lavoro
Glass Lewis ha suggerito agli investitori istituzionali di appoggiare l’azione di responsabilità proposta da Bluebell Partners contro l’ad di Leonardo Alessandro Profumo, Iss di bocciarla.
I proxy advisor, che indirizzano il voto dei fondi, si dividono e rendono così l’assemblea del 23 maggio (la seconda convocazione è per il 31 ) che tra le altre cose dovrà esprimersi sulle accuse al manager ligure - ancor più incerta. Quasi impossibile che passi la nuova richiesta avanzata dal fondatore di Bluebell, Giuseppe Bivona, contro l’ex presidente di Mps - il 30% di Leonardo è nelle mani del Mef che voterà contro e il Cda ha di recente respinto le accuse di Bluebell e confermato la fiducia all’ad - ma è altrettanto vero che i fondi istituzionali pesano per circa il 50% nell’ex Finmeccanica e che un eventuale voto “massiccio” contro l’attuale ad della società della Difesa avrebbe un peso non indifferente.
Ma di cosa stiamo parlando? Secondo Bluebell da anni Profumo starebbe provocando danni reputazionali al gruppo dell’aerospazio per i procedimenti giudiziari legati ad Mps che hanno portato a una condanna del manager in primo grado a sei anni reclusione per la vicenda dei derivati. «Pensiamo che il proponente possa avere delle rimostranze legittime - si legge nelle motivazioni di Glass Lewis - . Mentre la sentenza è soggetta ad appello, riteniamo che rappresenti una sostanziale indicazione che le azioni di Alessandro Profumo possano danneggiare il valore degli azionisti e che un'azione di responsabilità possa essere giustificata».
GIUDIZIO CONTRARIO
Non la vede allo stesso modo l’altro proxy, Iss, che evidenzia come «al momento, in base alle informazioni fornite dal proponente e alle informazioni attualmente disponibili e considerando che la sentenza menzionata da Bluebell può essere ancora rivista, ci sembra che non ci sia sufficiente terreno per rimuovere Profumo dal suo ruolo e intraprendere un'azione legale nei suoi confronti». Il proxy si attende che Leonardo «monitori con attenzione e rigorosamente la situazione e, se necessario, prenda le misure adeguate». La questione, conclude, «merita comunque speciale attenzione e considerazione da parte degli azionisti considerando il potenziale impatto reputazionale per la società e per la continuità della sua leadership».
Manca all’appello l’altro proxy, Frontis, che lo scorso anno aveva consigliato di votare a favore dell’azione di responsabilità, ma quest’anno non avendo clienti che investono in Leonardo non emetterà alcun report. Insomma, se l’esito del risultato è scontato, non altrettanto può dirsi per le percentuali finali. Oltre al Mef, che, come detto, detiene la maggioranza relativa con il 30% , nell’azionariato di Leonardo ci sono alcuni dei colossi globali come Vanguard, T. Rowe, Norges Bank, Schroder Investment, Dimensional Fund Advisors, Blackrock, Dnca Finance, Invesco, Pictet , Aviva, Amundi, Artemis, Natixis e attori italiani come Fideuram, Mediolanum e Generali.
Si stima che il loro peso non sia inferiore al 45%. Tant’è che l’attività di di Bluebell si sta intensificando: negli ultimi giorni il fondo si è rivolto al governo, la Mef e a tutti i principali investitori chiedendo di votare contro Profumo. Mettendo in evidenza che rispetto allo scorso anno, quando la proposta era stata respinta, è venuta alla luce una nuova vicenda grazie agli articoli della Verità. Si parla della vendita fallita in Colombia di navi e aerei militari e del ruolo da intermediario svolto dall’ex prmier Massimo D’Alema sospettato di avere legami con i vertici dell’ex Finmeccanica.
Grandi manovre nel sistema fieristico italiano che è ripartito dopo il periodo il forzato stop per il Covid (con cali di giro d’affari superiori all’80%).
Ma il boom di presenze registrato tra i padiglioni da gennaio ad oggi non cancella i problemi di un rilancio che passa anche attraverso il rinnovamento delle strutture ed un salto tecnologico-digitale che si è fatto pressante alla luce delle problematiche legate alla pandemia.
Tra l’altro, mentre nel resto d’Europa (specie in Germania) i governi sono intervenuti da subito con cospicui finanziamenti a sostegno delle Fiere, nel nostro Paese i soldi sono arrivati in ritardo e col contagocce. Dunque il gap si è fatto più netto. A nostro favore gioca però la forza del prodotto-Italia ed il contesto attorno alle manifestazioni. Ma non basta.
Da qui il percorso, quasi obbligatorio, delle partnership che sembra trovare nuovo slancio con, ad esempio, Milano che punta ad una fusione con Parma e Vicenza-Rimini che continua a guardare a Bologna.
LA PERLA DEL NORDEST
Ma poi c’è la “perla” del Nord est ovvero la Fiera di Verona, dove passano manifestazioni di caratura internazionale come Vinitaly ma non solo. Verona da tempo si sta guardando attorno. Bloccato un discutibile accordo con Milano su una costola del Vinitaly, e sfumata l’intesa con Vicenza ha anche percorso la strada di una forte partnership con Parigi.
Tutte strade che non hanno sortito, al momento, risultati concreti e che mettono Verona nella situazione di dover pensare allo shopping ma anche di essere preda. Da qui un ribaltone che ha però all’origine un diverso equilibrio tra le forze propulsive della città ed il recentissimo nodo- alleanze in vista delle lezioni comunali. Il risultato è il cambio alla presidenza, alla direzione generale (con lo “storico” Giovanni Mantovani in uscita) e la creazione di un amministratore delegato.
Il cambio alla direzione generale è comunque il perno di una intesa portata avanti dal Comune di Verona principale azionista della Fiera con quasi il 40% e la Fondazione Cariverona con il suo 24%, ma anche da altri soci forti come Camera di Commercio, Banco BPM e Cattolica Assicurazioni.
NUOVO VERTICE
A VeronaFiere si va dunque verso un vertice tutto nuovo con Federico Bricolo presidente e Maurizio Danese Amministratore Delegato. Il principale sponsor di Bricolo è l’attuale sindaco Federico Sboarina, che ha dovuto superare le resistenze di coloro che spingevano per andare con la nomina a dopo le elezioni comunali.
D’altra parte Bricolo è un uomo forte della Lega, di cui è anche responsabile elettorale per le prossime amministrative. E con questa nomina il sindaco Sboarina cerca di ricucire lo strappo con Salvini dopo la sua adesione a Fratelli D’Italia. Il leader leghista infatti, durante una visita a Verona, aveva pubblicamente elogiato il sindaco, facendo intendere che fosse molto vicino al Carroccio. Come tutta risposta Sboarina, pochi giorni dopo aveva annunciato la sua adesione a Fratelli d’Italia con tanto di plauso ufficiale dalla leader Meloni.
Da qui il grande gelo Sboarina-Lega con quest’ultima fredda sulla ricandidatura alla poltrona di sindaco. A complicare le cose la decisione di Forza Italia di appoggiare Tosi. Ora, con le amministrative da un passo, la mossa Bricolo potrebbe spianare la strada ad una pace Sboarina-Lega.Ma torniamo alla Fiera: Bricolo come presidente della Fiera prenderà il posto proprio di Maurizio Danese, destinato a diventare amministratore delegato. Danese, imprenditore e presidente di Aefi (l’associazione delle fiere italiane) è ben visto dai soci forti.
Come pure il nuovo dg che dovrebbe essere Flavio Piva, presidente della Bcc di Verona e Vicenza. Le nomine dovrebbero avvenire il 17 maggio, alla prossima assemblea per l’approvazione del bilancio della fiera.