2022-04-25
Incertezza totale, Confindustria: «Prospettive cupe». Ma per Bankitalia niente recessione
Confindustria è preoccupata per l'andamento del Pil nel 2022
La parola che mette tutti d’accordo è incertezza. Poi ciascuno vi apporta una tinta di maggiore o minore pessimismo. Vede nero Confindustria, che parla di «prospettive cupe» per l’andamento del pil nel resto dell’anno. Vede grigio la Banca d’Italia, che considera «poco probabile» una recessione».
Partiamo dal breve report (la “congiuntura flash” di aprile) pubblicato ieri dal centro studi dell’associazione degli industriali. A marzo, si legge, l’economia italiana è in «netto indebolimento»: colpa ovviamente della guerra, che «amplifica i rincari di energia e altre commodity, e accresce la scarsità di materiali e l’incertezza». Conclusione: «Sommandosi agli effetti dei contagi, ciò riduce il Pil nel 1° trimestre 2022 e allunga un’ombra sul secondo: l’andamento in aprile è compromesso e le prospettive sono cupe».
Il governo nel Def ha fissato l’obiettivo di un pil a +3,1% quest’anno, ma è prevedibile che la stima andrà vista al ribasso. Di quanto, l’ufficio studi di Confindustria non si azzarda per il momento a dire. Certamente, il previsto rialzo dei tassi da parte della Bce non sarà d’aiuto in quando «farà crescere gradualmente la spesa per interessi» col risultato che «l’Italia avrà meno spazi di bilancio per mettere in campo una nuova manovra espansiva».
Le imprese manifatturiere traducono questi segnali in un calo continuo, anche se non drastico, della fiducia. Il mese scorso l’indice Pmi del settore è sceso ulteriormente, pur restando in area positiva (a 55,8 da 58,3). Dopo la volatilità del primo bimestre, «l’impatto del conflitto sulla produzione è atteso approfondirsi a marzo: ciò significa un calo significativo nella media del 1° trimestre, che contribuisce molto alla flessione del pil».
Male anche i servizi: il Pmi del settore a marzo, seppur di poco, si è abbassato (a 52,1 da 52,8) e la fiducia delle imprese pure (a 99,0 da 100,4). Il problema è che le famiglie si muovono ancora poco per timore dei contagi («per il tempo libero -16,6% nel 1° trimestre dal pre-Covid») e questo mantiene «debole la domanda». Anche perché non è che gli stranieri compensino (fino a febbraio «-15% i viaggi di stranieri in Italia»).
MAZZATA ALL'EXPORT
Dove si fanno soprattutto sentire gli effetti della guerra è nell’export, che prima del conflitto cresceva «ben oltre i livelli pre-Covid (+5,8% a dicembre-febbraio sui tre mesi precedenti). Erano in crescita le vendite nei principali mercati, Ue ed extra-Ue, e settori manifatturieri (ma ancora deboli gli autoveicoli)». E ora? «I primi effetti della guerra in Ucraina sono già visibili negli ordini manifatturieri esteri, in forte calo a marzo». Un po’ più rassicurante, come si diceva, la visione di Bankitalia.
Secondo il governatore Ignazio Visco, intervistato ieri dal Tg3, una recessione in Italia «è poco probabile» perché la guerra in Ucraina è «un conflitto gravissimo, ma è circoscritto e al momento non ha quella dimensione globale che ha avuto la crisi finanziaria del 2009 o la pandemia stessa».
Acqua sul fuoco anche sul rischio inflazione: «Per i prossimi mesi continueremmo ad avere alti prezzi del gas e del petrolio, oscilleranno intorno a questi livelli alti per poi scendere nel corso del secondo semestre, e con più decisione alla fine dell’anno». L’Italia, ha concluso Visco, «sicuramente è in grado di reggere» il peso delle sanzioni alla Russia, quindi «possiamo mantenere anche i nervi saldi, con un’attenzione particolare alle fasce più deboli della popolazione che più saranno colpite».
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