
I sacerdoti le studiano tutte per cercare di contrastare la fuga dei fedeli, aumentata con il pontificato di Jorge Bergoglio. Funzioni all'ora di pranzo, buoni confessione, asili allestiti dietro gli altari, cover sacre di brani profani e balli di gruppo sullo stile gospel.Ritmi frenetici, troppo lavoro, impegni che non danno tregua. Forse è anche a causa di questo logorio che i fedeli non riescono più ad andare a messa. Ne è convinta la Diocesi di Savona-Noli che ha deciso di puntare tutto sulla pausa pranzo. Da qualche giorno nella chiesa di San Pietro è stata inaugurata la celebrazione delle 13, organizzata ogni martedì. «Un modo», spiega padre Piergiorgio Ladone, che con altri due confratelli gestisce la parrocchia, «per dare l'opportunità di prendere parte all'eucarestia anche a chi in altri momenti della giornata è bloccato per motivi professionali». Un esperimento unico nel suo genere in Italia e fortemente appoggiato dal vescovo Calogero Marino, che sta riscuotendo successo. I fedeli stanno aumentando settimana dopo settimana, e si respira un clima di rinnovato entusiasmo. Perché, in un momento storico caratterizzato da un diradarsi costante del gregge, sempre più pastori sono costretti a ricorrere alla creatività. E le idee non mancano: dalle cosiddette aperimesse arricchite dagli stuzzichini dell'happy hour, ai buoni confessione, agli asili allestiti dietro gli altari. E ancora l'uso sapiente dei social network, i canti, le cover sacre di brani profani e i balli di gruppo sullo stile gospel. A fotografare il trend negativo dei fedeli che disertano le funzioni sono gli ultimi dati Istat. Chi sperava nell'effetto di Jorge Mario Bergoglio oggi deve ricredersi e fare i conti con un abisso delle presenze che non ha precedenti nella storia ecclesiastica. Basti pensare che se nel 2006 una persona su tre (il 33,4%) dichiarava di recarsi nei luoghi di culto almeno una volta alla settimana e oggi, nonostante l'impegno di papa Francesco, la percentuale è scesa al 29. Anzi, i maligni sostengono proprio a causa sua. La fuga dalle chiese riguarda soprattutto i giovani, come prevedibile: i frequentatori più assidui sono, infatti, i pensionati (38,7%), seguiti dai ragazzini fino ai 13 anni (48,1%). Per gli adulti si può invece parlare di spopolamento: le donne sono le più devote e si attestano al 32,7%, al contrario gli uomini sono molto meno presenti (22,1%). E poi naturalmente ci sono coloro che ormai da anni non vedono più un prete neppure in fotografia: hanno raggiunto la quota record del 26,7%. Una situazione decisamente sconfortante per i parroci, costretti a inventarsi formule sempre nuove e originali per cercare di recuperare audience. Come quella dei «buoni confessione»: l'idea è di don Dino Rampazzo, sacerdote di Pressana e Roveredo di Guà, due paesini non lontani da Verona. Per ricondurre i cattolici alla messa, nei mesi scorsi la vulcanica tonaca ha iniziato a distribuire volantini negli esercizi commerciali, con annessa la «tessera per il perdono». Il foglietto recita: «Buono gratuito per una confessione e, come tutti i buoni che si rispettano, ha anche una data di scadenza». E quindi conclude: «Andate, Gesù vi aspetta per dirvi che vi vuole bene!». L'obiettivo è far rientrare più persone possibili in chiesa, ma anche ricordare l'importanza della confessione. Un sacramento divenuto demodé. Ma a quanto pare don Dino ha fatto centro: i volantini sono andati a ruba e le cappelle della zona sono tornate piano piano a vivere. Proprio come quella di San Martino in Trignano, a Spoleto. Qui don Gianfranco Formenton ha escogitato la messa domenicale con aperitivo. Pubblicizzando l'iniziativa sulla sua pagina Facebook: «Locali climatizzati... e, per i possessori della Messa Card, aperitivo: prosecco di Conegliano Veneto per i grandi e... ritagli di ostie & chips per i più piccoli». Insomma, nella cittadina umbra si prega, ma bevendo e mangiando qualcosa nel frattempo. Sacro e profano non sono sempre in contraddizione, E poi, grazie alla speciale tessera a punti, si viene premiati con panettoni natalizi e colombe pasquali quando si dimostra l'assiduità. Anche in questo caso la trovata non è passata inosservata, anche se ha collezionato anche parecchie critiche. Le più severe sono arrivate da Confcommercio, convinta che l'happy hour in chiesa possa metta in difficoltà i bar del territorio. Ci permettiamo di obiettare che non ci paiono situazioni in concorrenza.Infatti anche altri parroci hanno seguito l'esempio. E così l'aperimessa è arrivato nella borgata marina dell'Addaura, a Palermo, e nella Pastorale universitaria di Trento. In altri casi i prelati più fantasiosi hanno deciso di scommettere tutto sulla musica, non quella sacra ma pop o rock. È il caso, per esempio, di don Bruno Maggioni, parroco della chiesa del Sacro Cuore, a Limbiate (Monza e Brianza). Alla fine di ogni matrimonio, ma anche di ogni celebrazione, dedica una canzone ai presenti. A volte sceglie Mamma Maria dei Ricchi e Poveri, altre volte si diletta con Pazza Idea di Patty Pravo, che tra l'altro parla esplicitamente di sesso. Ormai i fedeli lo sanno, e spesso entrano in chiesa anche per non perdersi lo spettacolo, diventato cliccatissimo anche su Youtube. Pure in questo caso le voci dissonanti non sono mancate, ma lui si definisce «prete di frontiera», e sostiene che per avvicinare gli uomini del nuovo millennio a Dio deve usare un linguaggio diverso, coinvolgente, moderno e comprensibile. Quello della musica, appunto. La stessa cosa capita a Genova, grazie all'entusiasmo di Roberto Fiscer, viceparroco della chiesa di San Martino. Da qualche anno si è messo i panni di dj, riadattando le hit per trasformarle in originali canti religiosi. E così Andiamo a comandare, di Fabio Rovazzi, per lui è Ci andiamo a confessare. Mentre Sofia, di Alvaro Soler, è Eucarestia. Ma c'è anche chi, per convogliare le giovani coppie in chiesa, pensa a come intrattenere i pargoli. Succede a Tessarolo, un borgo vicino a Novi Ligure (Alessandria). Qui don Marco Visconti ha deciso di allestire un asilo nido proprio dietro l'altare. Per terra ci sono tappetini, giochi e peluche. E così mentre mamma e papà ascoltano l'omelia, i piccoli passano il tempo insieme senza annoiarsi. E se fanno un po' di inevitabile chiasso, al parroco poco importa. «Durante la messa preferisco le voci dei bambini ai pettegolezzi dei grandi», si giustifica il don. Difficile dargli torto.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





