2024-02-10
Torna in discussione il controllo dell’impero. E John può restare presidente di Stellantis?
Marella Agnelli (Getty images)
La documentazione consegnata ai pm di Torino dalla figlia ribelle dell’Avvocato punta a stravolgere il testamento della madre e a sfilare il potere a «Jaki». Che ora rischia di lasciare il timone di Stellantis.Quanto è accaduto a Torino ad opera della Guardia di finanza, su ordine del procuratore aggiunto Marco Gianoglio, rappresenta qualcosa di inedito e impensabile. «È come se fossero entrati nella Cattedrale e avessero sequestrato la Sacra Sindone»: così vengono commentati perquisizioni e sequestri avvenuti nei più inaccessibili e finora inviolati santuari della finanza torinese. Vale a dire, lo studio di Remo Morone (il cui padre Ettore fino a qualche tempo fa si è sempre occupato degli atti riguardanti l’Impero Fiat e la famiglia Agnelli, al punto di aver redatto il testamento dell’Avvocato); poi negli uffici della Fiduciaria Nomen del gruppo Ersel, proprietà della famiglia Giubergia (dal nome dell’ingegnere che lanciò i fondi in Italia, slogan «Gestione di Grandi Patrimoni dal 1936») e che gestisce in maniera riservata e fiduciaria attività finanziarie e partecipazioni riconducibili anche agli Elkann. Infine la Finanza ha perquisito l’ufficio di Gianluca Ferrero (presidente-pro forma e per conto terzi della Juventus e «contabile» di fiducia della ex Royal Family). Salvo, per il momento, lo studio di Franzo Grande Stevens, in via del Carmine, per il solo fatto che la sua «Simon Fiduciaria» aveva trasferito alla Ersel tutto quanto era passato nelle mani di John Elkann.L’Ansa anziché parlare di perquisizioni e sequestri usa una formula mai adottata nelle cronache giudiziarie («Un focus su società fiduciarie del gruppo controllato dalla famiglia Agnelli») e conferma la sua deferenza per John dato che non ha ancora spiegato, ad esempio, come mai il Qurinale, come d’uso, non abbia rilasciato alcun comunicato ufficiale sulla visita di John Elkann qualche giorno fa al presidente Mattarella. Cotanta prudenza e un simile timore reverenziale vengono smentiti dai fatti. I magistrati hanno iscritto nel registro degli indagati per presunti reati tributari (dichiarazione infedele) commessi in concorso tra loro: il commercialista Gianluca Ferrero, il suo cliente John Elkann «che avrebbe agevolato la condotta mendace del professionista», e Urs Robert Von Gruenigen, il notaio di Gstaad che ha redatto le tre manifestazioni di ultime volontà di Marella Agnelli e che ha da lei ricevuto l’incarico di esecutore testamentario (nelle prossime ore la Procura di Torino farà partire una richiesta di rogatoria ai colleghi del Cantone di Berna). Si tratta di un’appendice, di grande rilevanza per gli sviluppi che può avere, della guerra interminabile in atto tra Margherita Agnelli e suo figlio John sul patrimonio dei due defunti Gianni e Marella Agnelli, rispettivamente genitori e nonni del rampollo che guida ciò che resta dell’impero Fiat. Tutto nasce dalle indagini riguardanti la presunta e non veritiera, secondo la figlia, residenza svizzera della vedova dell’Avvocato. Margherita, consegnando centinaia di documenti che attesterebbero che Marella da molti anni non risiedeva in Svizzera per i 181 giorni previsti dalla legge, ha evidenziato un fatto: sicuramente sua madre, per un lungo periodo antecedente la morte (avvenuta il 23 febbraio 2019) si trovava in Italia poiché sottoposta a molte cure e impossibilitata a muoversi. Ciò non solo conferma che negli ultimi due anni di vita Marella non viveva in Svizzera ma anche che il suo testamento deve essere regolato dalle leggi successorie italiane che prevedono che il 50% del patrimonio vada alla figlia, anziché solo ai tre primi nipoti (John, Lapo e Ginevra) come invece è avvenuto. Ma, sulla base di questo, Margherita ha aperto un altro fronte: se la madre era di fatto residente in Italia per quale ragione non ha presentato una denuncia dei redditi nel nostro Paese nel 2018 e nel 2019, una denuncia che comunque conteneva una grave omissione. Margherita ha avuto buon gioco nel provare che ogni anno versava alla madre un vitalizio di sette milioni di euro per i beni di cui ella aveva la nuda proprietà e la madre l’usufrutto. Poiché tale entrata è stata nascosta alle autorità fiscali italiane (ecco la ragione del coinvolgimento di Gianluca Ferrero, il professionista che non ha presentato a Torino il modello Unico), Marella ha omesso di dichiarare per due volte 7 milioni che corrispondono a una sanzione di 200.000 euro per volta. Margherita, nel corso del tempo aveva versato per 16 anni quel vitalizio (l’avvocato di Marella, Lombardini, con accento svizzero lo definiva «la pansione», cioè la pensione…), per un totale di circa 112 milioni di euro, di cui Margherita ora ha chiesto la restituzione agli eredi di sua madre, cioè i suoi primi tre figli. L’ipotesi di reato contestata per ora dai pm sembra essere l’avvio di un’inchiesta ben più approfondita e clamorosa, basata sulla grande mole di documenti presentati a maggio a Torino da Margherita, in cui si chiede di mettere in discussione l’intero patrimonio della madre, la validità dei suoi testamenti e soprattutto il controllo della società semplice «Dicembre» e dell’accomandita di famiglia «Giovanni Agnelli BV» ed Exor: in altre parole, la guida dell’intero patrimonio societario e finanziario che John aveva ereditato dal nonno. Sembra proprio che uno degli «sport» prediletti dagli antenati, l’occultamento del denaro all’estero e l’evasione fiscale, potrebbero questa volta rivelarsi fatali. Nell’attesa che Elkann invii una comunicazione alla Consob, per evitare di incorrere in un nuovo reato, quello legato alle mancate o false comunicazioni borsistiche, c’è da porsi una domanda: con il codice etico di Stellantis e di Exor come la mettiamo? Non è immaginabile che John Elkann arrivi a esercitare su se stesso i metodi rigorosi che ha preteso e applicato nei confronti del cugino Andrea Agnelli per la vicenda-Juventus. Alla faccia dei principi-base del garantismo secondo cui tutti sono innocenti prima di una sentenza definitiva - senza parlare degli obblighi derivanti dai legami di sangue -, John aveva sprezzantemente costretto l’ex presidente della Juve alle dimissioni anche dai due board di cui faceva parte, Stellantis ed Exor, con una frase che suonava più o meno così: «Gli altri amministratori si “vergognano” di sedere accanto a una persona inquisita». Il tutto era stato mascherato col fatto che si trattava di una decisione spontanea di Andrea. E ora che l’inquisito è proprio John che cosa egli aspetta per dare l’esempio? Con quale coraggio egli potrà ancora sedersi accanto agli illustri personaggi che siedono nei board delle due importanti società? Lui e loro non provano un certo imbarazzo? E il governo Macron, che ha un potere pressoché assoluto su Stellantis e un amministratore di diretta emanazione dell’Eliseo - oltre al 6,1% di azioni tramite il colosso Bpi (Banque publique d’investissement) - è soddisfatto di una situazione del genere che tocca anche la propria immagine internazionale? Senza pensare alla famiglia Peugeot, secondo azionista col 7,1%, che contrariamente ai torinesi tiene molto al proprio buon nome. Insomma, come diceva un famoso titolo del suo Economist contro il premier Silvio Berlusconi, John Elkann è «fit or unfit», adatto o inadatto in questo momento a guidare Stellantis ed Exor?
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