
Dal 2013 Angelo Cardani, presidente (in proroga) dell'Agcom, dichiara di «possedere quote di società» ma senza precisare quali. E in tutti questi anni ha continuato a far prediche su trasparenza e fake news.Il presidente dell'Agcom, Angelo Marcello Cardani, parla spesso di trasparenza nei suoi interventi. Lo fa in merito alle bollette di luce e gas che vengono recapitate agli italiani, ne chiede di più contro le fake news che circolano su Internet. Per esempio a fine gennaio Tim, Vodafone e Wind Tre hanno ricevuto una multa di 696.000 euro per pratiche scorrette. Peccato che però, da numero uno dell'autorità garante delle comunicazioni, lui non dia il buon esempio. Insediato in Agcom nel giugno del 2012 sotto il governo di Mario Monti, il suo incarico è in proroga da luglio 2019: merito della difficoltà dei governi Conte 1 e 2 di trovare una quadra sul successore. Il 18 febbraio sono previste le votazioni in Camera e Senato, dove saranno scelti i componenti anche per il garante della privacy. In questi anni sono cambiate diverse regole nella pubblica amministrazione che il presidente Agcom conosce benissimo. Nel 2013 infatti, il dlgs 33 disciplina la trasparenza nella pubblica amministrazione. Si applica anche alle autorità amministrative indipendenti di garanzia e vigilanza, tra cui il garante delle comunicazioni e i suoi vertici. E vi è anche l'obbligo di pubblicazione dei propri redditi, tra cui, in particolare, l'eventuale possesso di azioni o quote in società pubbliche o private. Il tema è molto discusso. Tanto che l'anno scorso è dovuta intervenire anche la Corte costituzionale spiegando che l'obbligo dei dirigenti di pubblicare i redditi online è incostituzionale. Eppure c'è chi lo fa. Sono in tanti. Tra questi c'è per esempio Michele Corradino, consigliere dell'Anac (ente anticorruzione), che alla voce «Strumenti finanziari, quote e azioni societarie» riporta Banca di credito Cooperativo di Roma, 1.650 azioni e percentuale di possesso sul totale della banca 0,0082%. È di sicuro opportuno per chi deve combattere la corruzione nella pubblica amministrazione comunicare possibili conflitti di interesse. Ma lo è anche per chi amministra l'Agcom, che deve appunto sorvegliare su possibili violazioni e in generale sulla corretta concorrenza degli operatori sul mercato. Eppure in questi 7 anni Cardani non ha mai comunicato quali azioni o quote di società avesse. Nelle dichiarazioni, infatti, dal 2013 in poi, come riporta il sito dell'Agcom, vi è solo scritto che possiede azioni in società». I documenti sono accessibili a tutti. Fino al 2015 si può appunto vedere una dichiarazione generica sul possesso di azioni, poi negli ultimi anni, quando il modello è stato uniformato, Cardani si è limitato a barrare la casella che attesta che «la situazione patrimoniale dichiarata nell'anno precedente non ha subito variazioni in aumento o diminuzione». L'obbligo si specificare di quale società sono le azioni possedute è, come detto, molto discusso dal punto di vista costituzionale, ma il presidente di una autorità garante così importante dovrebbe essere il primo a dare il buon esempio. Del resto proprio il dipartimento per il coordinamento amministrativo della presidenza del Consiglio dei ministri ha da qualche anno messo a disposizione sul proprio sito una scheda da utilizzare dove viene indica la necessità di una formulazione specifica. Ovvero, la legge impone di sapere esattamente il patrimonio di partecipazioni posseduto dal titolare di un organo di indirizzo politico. C'è il rischio di un possibile conflitto di interesse che potrebbe derivare dal possesso di azioni o partecipazioni in società. la segnalazione all'AnacLa stessa Anac ha sempre confermato l'esistenza di questo obbligo. Come detto, a esprimersi è stata anche la Corte costituzionale, ma Anac ha comunque facoltà di sanzionare i dirigenti pubblici che hanno commesso omissioni nella dichiarazione dei redditi. Anzi, a quanto risulta alla Verità, ci sarebbe stata anche una segnalazione all'ente anticorruzione ma di esiti o sanzioni non si ha notizia. Perché al di là di una multa per Cardani viene da domandarsi se queste omissioni siano compatibili con il mandato svolto in questi anni, per di più negli ultimi mesi in proroga. Di sicuro la legge del 2013 non è stata rispettata, anche perché i cittadini e i soggetti che vengono controllati dall'Agcom non hanno la possibilità di valutare se il presidente si trovi in conflitto di interessi. In una recente indagine sui Big data, l'autorità garante per le telecomunicazioni spiega quanto nel contesto attuale sia «difficile ripristinare condizioni di efficienza attraverso meccanismi di trasparenza e di consenso informato. Infatti, tali strumenti appaiono, in molti casi, insufficienti a garantire un riequilibrio conoscitivo tra operatori e consumatori». Forse il primo a dare l'esempio dovrebbe essere proprio Cardani.
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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