I drogati del Covid. Le nuove dipendenze provocate dalla pandemia

I drogati del Covid. Le nuove dipendenze provocate dalla pandemia
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  • Anche i sani sono rimasti contagiati dalle conseguenze psicologiche del lockdown: paura di frequentare persone e uscire di casa, più stress, meno esercizio fisico. E disturbi del comportamento che mettono in allarme.
  • Lo psichiatra Paolo Crepet: «La didattica a distanza è uno strumento di tortura, in Europa hanno trovato altre soluzioni, noi abbiamo costretto i ragazzi a rinchiudersi. Lo smart working? È pure peggio. E il modo in cui abbiamo trattato gli anziani è un insulto alla civiltà»

Lo speciale contiene sette articoli.


Finita la pandemia torneremo meglio di prima, o mai come prima? Il Covid ha lasciato una traccia profonda in tutti gli italiani, anche in quelli che non sono rimasti contagiati. Prima il lockdown «duro», poi le lente e graduali riaperture che ci hanno traghettati verso un'estate nella quale abbiamo cercato (invano) di lasciarci alle spalle il dramma vissuto in primavera. Giusto il tempo di riaprire le scuole, ed ecco che il Covid ci ha nuovamente aggrediti alle spalle. Il coprifuoco e il sistema a colori hanno completato l'opera, facendoci ripiombare in un periodo di insicurezza e precarietà. «L'impatto dell'epidemia sulla società italiana è stato molto ampio, principalmente sul piano sanitario, e poi sul piano economico, su quello sociale e, non ultimo, su quello psicologico», recita il rapporto Gli italiani e il Covid pubblicato dalla Fondazione Italia in salute. La parola d'ordine è una sola: paura. Di uscire di casa, di frequentare amici e parenti, perfino di avventurarsi a fare una passeggiata in solitaria. Sette italiani su dieci (71%), rivela il Rapporto, hanno ridotto spontaneamente qualsiasi uscita con altre persone, e quasi la stessa percentuale (69,4%) ha rinunciato a invitare persone a casa propria. Il 63,3% degli intervistati evita di prendere i mezzi pubblici, mentre il 59,3% ha ridotto spontaneamente qualsiasi tipo di viaggio e di spostamento. È in controluce ai cambiamenti nei comportamenti che si leggono i contorni di un malessere generale: aumento del nervosismo e dello stress (49,1%), diminuzione o stop dell'attività fisica (43,9%), disturbi del sonno (28,8%), malesseri psicologici e insofferenza alle restrizioni (27,1%), alimentazione sregolata (25,7%), sintomi di depressione (16,5%). Effetti che colpiscono in maniera maggiore i giovani, le donne, e le persone con un livello di istruzione più elevato. Sono queste categorie ad aver sofferto di più di quello che potremmo definire il «mal di Covid».


Più tempo passato in cucina meno per sentirsi in colpa

Palestre chiuse, fornelli accesi. La serrata provocata dalla pandemia da coronavirus ha inevitabilmente cambiato, in peggio, le abitudini alimentari degli italiani. Secondo un'analisi della Coldiretti realizzata in occasione del World obesity day qualche settimana fa, il lockdown prolungato ha fatto ingrassare più di quattro italiani su dieci (44%). Più tempo dedicato alla cucina, meno alla forma fisica, naturalmente anche per colpa delle restrizioni alle libertà personali. Non va dimenticato, infatti, che durante il lockdown della primavera 2020 era vietato anche fare jogging e attività fisica all'aria aperta. «Computer, divano e tavola hanno, infatti, tenuto lontano dal moto e dallo sport», osserva Coldiretti, «addirittura oltre la metà (53%) degli italiani. Con un corrispondente tripudio del cosiddetto «comfort food», cioè cibo ricco di calorie che se da un lato aiuta a tirare su il morale, dall'altro rappresenta una «ordalia di zuccheri, grassi e carboidrati». Le vendite di pane, cracker, grissini, pasta, impasti base e pizze, dolci, olio per frittura e piatti pronti hanno fatto registrare crescite spesso a doppia cifra. Una situazione che ha colpito in maggior misura le persone già obese e collocate in smart working o in cassa integrazione, quindi costrette a restare a lungo a casa. Secondo una ricerca della Fondazione Adi dell'Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica, questi soggetti hanno subito un aumento medio pari a ben 4 chilogrammi, con inevitabili e gravi ricadute sulla propria salute.

Sempre connessi, più insoddisfatti, cyberbullismo boom

Ubriachi di internet. Privati della scuola e delle occasioni di incontro con i propri coetanei, i ragazzi non hanno avuto alternative e si sono attaccati alla Rete. L'indagine «L'adolescenza ai tempi della pandemia», condotta da Skuola.net e università di Firenze nell'aprile 2020, ha chiarito i termini di questa sbornia digitale. Un ragazzo su quattro sempre connesso durante il lockdown, era appena il 7% prima della quarantena. Ma è aumentato in generale il numero di ore trascorso di fronte allo schermo: più di uno su due (54%) rimane incollato al monitor dalle 5 alle 10 ore (contro il 23% pre-pandemia). Complessivamente, il 79% ha trascorso in clausura più di 5 ore al giorno, contro il 30% di gennaio 2020. Troppe, non tanto per gli occhi quanto per la mente e la socialità. Raddoppiata, secondo lo studio pubblicato ai primi di maggio dalla Fondazione Foresta onlus di Padova, la percentuale di giovani che si affidano a siti di incontri (10% nel 2020-21 contro il 5% dei due anni prima), delle ragazze che si collegano abitualmente a siti pornografici (30% contro il 15% del biennio precedente), ma anche dei ragazzi che dichiarano insoddisfatti della propria vita (19% contro 10%). Allarmante, infine, l'esplosione del cyberbullismo, che ormai interessa il 40% delle ragazze e il 25% dei ragazzi.

Numero verde intasato da giocatori in crisi d'astinenza

Le stime ufficiali dicono che durante la pandemia la pratica del gioco d'azzardo è diminuita. Sulla tendenza generale ha influito, ovviamente, la chiusura dei punti fisici come casinò e sale da gioco. Ma il numero non deve trarre in inganno, perché l'andamento in realtà è stato variabile in funzione del periodo preso in considerazione. Uno studio condotto dall'Istituto superiore di sanità in collaborazione con l'Istituto Mario Negri, l'Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica (Ispro), l'università di Pavia e l'università Vita salute San Raffaele di Milano, i cui risultati sono stati resi noti a febbraio, ha preso in esame l'abitudine al gioco degli italiani. È emerso che durante il lockdown «duro» (aprile-maggio 2020) il gioco d'azzardo nelle sale è diminuito, mentre durante le restrizioni parziali (novembre-dicembre) è aumentato. Secondo le stime di Assoutenti, il Web fa segnare una crescita delle giocate: il 33,8% degli intervistati ha aumentato le occasioni di gioco nel 2020, e l'11,3% ha iniziato questa modalità durante l'isolamento. Come inquietante rovescio della medaglia, informa l'Iss, sono aumentate le chiamate al numero verde dedicato (800-558822) da parte di ludopatici in crisi di astinenza.

Con i bar chiusi è scoppiata la moda degli aperitivi digitali

Costretti in casa dal lockdown, gli italiani hanno alzato il gomito. L'allarme è stato lanciato dall'Istituto superiore di sanità lo scorso 14 aprile in occasione dell'Alcohol prevention day. Nonostante i dati completi sui consumi dell'anno scorso non siano ancora disponibili, la tendenza è chiara: nel 2020 l'home delivery ha fatto registrare un incremento compreso tra il 181% e il 250%. Merito dei «nuovi canali alternativi» di vendita, come quelli online e di e-commerce, purtroppo «meno controllati rispetto al divieto di vendita ai minori». Ma il trend ha riguardato anche i negozi fisici. Secondo i dati Iri, nel 2020 nella grande distribuzione sono cresciute le vendite di vino (+5,6%), spumanti (+6,7%), aperitivi (+23,8%) e birra (+10,7%). L'abitudine apparentemente innocua dei brindisi virtuali si è rivelata deleteria. «L'isolamento ha favorito un incremento di consumo incontrollato anche favorito da aperitivi digitali sulle chat e sui social network», scrive l'Iss, «spesso in compensazione della tensione conseguente all'isolamento, alle problematiche economiche, lavorative, relazionali e dei timori diffusi nella popolazione resa sicuramente più fragile dalla pandemia». Un primo dato parziale rivela l'incremento del 23,6% del consumo a rischio tra i maschi e del 9,7% tra le femmine, con il preoccupante sorpasso delle 14-17enni rispetto ai loro coetanei maschi. Risultato? I centri di alcologia e i dipartimenti per le dipendenze e la salute mentale hanno fatto registrare una «crescita di difficile gestione prima, durante e dopo i lockdown».

La tensione cancellata dai famaci, mentre lo spaccio si sposta online

Stressati dalle preoccupazioni quotidiane legate alla pandemia, gli italiani si sono aggrappati ai farmaci. Stando ai dati diffusi dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), nel 2020 il consumo di ansiolitici è aumentato del 12%. L'incremento ha riguardato soprattutto le regioni del Centro, con picchi nelle Marche (+ 68%) e in Umbria (+ 73%). Paradossalmente, fa notare l'Aifa, «la cosiddetta fase 2 dell'epidemia ha visto aumentare l'acquisto di ansiolitici in misura maggiore rispetto all'incremento già osservato durante la prima fase». Come se, dopo essere rimasti due mesi e mezzo chiusi in casa, a preoccupare gli italiani sia stato proprio il ritorno alla normalità. Diminuisce, almeno sulla carta, il consumo di droghe, specie quelle pesanti. A influenzare il calo dello spaccio ci hanno pensato le restrizioni alla mobilità, mentre la chiusura dei locali ha comprensibilmente avuto un impatto positivo sulle sostanze consumate nei locali, la cui quantità è drasticamente diminuita. Non c'è molto da esultare, comunque. Questo scenario, spiega l'Istituto superiore di sanità, «apre all'ipotesi che i consumatori di sostanze d'abuso si stiano rivolgendo al mercato illecito presente nel "dark Web" (ovvero la Rete sommersa raggiungibile solo con specifici software, ndr), per procurarsi droghe classiche come la cocaina, l'hashish o l'eroina».Quanto al fumo, l'Istituto superiore di sanità ha rilevato che, durante l'isolamento, erano diminuiti i fumatori di sigarette ma chi non ha smesso ha fumato di più, soprattutto donne. In crescita anche il fumo di sigarette elettroniche.

«Quanta crudeltà con gli studenti a casa»

Dalla pandemia gli italiani usciranno profondamente cambiati: Paolo Crepet racconta questa trasformazione. Lo psichiatra e sociologo ha dedicato al tema il libro Oltre la tempesta, edito appena pochi giorni fa da Mondadori.

Come usciamo da questa pandemia?

«Qualcuno con le ossa rotte. Penso ai giovani, che sento tutti i giorni, e sono testimone di quanta crudeltà è stata usata nei loro confronti».

C'entra anche la didattica a distanza?

«C'entra solo la Dad, vero strumento di tortura».

C'erano alternative?

«Certo, e in tutta Europa le hanno trovate. Noi, invece, abbiamo costretto i ragazzi a stare chiusi in casa, a mangiare, annoiarsi e accumulare buchi formativi. Se qualcuno provasse a dire che si va avanti con la Dad, mi aspetterei una rivolta dell'opinione pubblica».

Non ci scommetterei…

«La Dad l'avrà pur voluta qualcuno. Non ho visto insegnanti davanti ai cancelli per riaprire le scuole. È comoda la Dad: risparmi benzina, non bestemmi per il parcheggio, puoi anche fare il sugo a casa...».

Un'immagine dei ragazzi che l'ha particolarmente colpita in questo periodo.

«Ho visto con i miei occhi giovani chiusi in soffitta. Ha presente dove mettiamo l'aceto balsamico? Le persone non funzionano come dicono i virologi, personaggi che hanno sempre tenuto banco. Magari capiranno pure di linfociti T, certo non di persone».

In tv non si sono visti molti psichiatri e psicologi.

«Zero. Ma guardi, nemmeno un prete, che sicuramente di persone ne capisce più di un qualsiasi virologo».

Cosa dice ai ragazzi oggi che le restrizioni si allentano?

«Che devono soffrire, tenere duro per un'altra settimana. Finito questo bombardamento di verifiche e scrutini, che vadano a fare il bagno al mare e falò sulla spiaggia».

Finalmente, forse, troveranno sollievo.

«Ho trovato cinicamente e diabolicamente offensivo credere di risolvere questa situazione distribuendo psicologi dalle Alpi a Lampedusa. C'è da vergognarsi. È la dottrina Macron: prima fai il danno e poi regali dieci sedute da uno psicologo. Che facciamo, dopo averli danneggiati li prendiamo anche per il culo? Per poi magari farli seguire da una neolaureata. Se i miei 40 anni di esperienza non sono sufficienti, figuriamoci il neolaureato».

Nel suo libro parla di cicatrice: quella dei giovani guarirà mai?

«No, ai ragazzi la cicatrice non andrà via. Ma al ministero sanno che fino a poco tempo fa i reparti di neuropsichiatria infantile erano pieni? Vorrà pur dire qualcosa, o no? L'intelligenza non sta nel guardare quel che accade, ma nel prevedere ciò che accadrà. Il problema non è l'amministrazione del qui e ora, ma il futuro».

E invece abbiamo passato il tempo a gestire l'urgenza.

«Non avevamo nessuna urgenza perché la scuola era chiusa. La gatta frettolosa fa nascere i gattini ciechi. Abbiamo sprecato un anno stupendo per rimettere a posto le cose che non vanno nel nostro Paese. Ha per caso visto una riforma della scuola?».

Che conseguenze ci saranno per i più piccoli?

«Bisognerà vedere cosa diamo loro. La decadenza della pedagogia italiana non è frutto della pandemia, ma dal calo del quoziente intellettivo delle risorse coinvolte. Non dimentichiamo che un ministro voleva obbligare gli studenti a usare il tablet. “Online brain": tutto ciò che viene prodotto, o meglio non prodotto, da un cervello che rimane tutto il giorno attaccato a uno schermo. Ovvero una sindrome molto simile alla demenza. Questo fenomeno non nuovo, negli ultimi tempi è peggiorato: incapacità a concentrarsi, perdita della memoria a breve termine, depressione, ira… Tutte manifestazioni che le famiglie conoscono benissimo. I risultati sono catastrofici, ma chi comanda sembra non vederlo».

Perché?

«Perché dietro ci sono interessi che riguardano giganteschi gruppi editoriali, e la Silicon Valley che fa lavoro di lobbying, interessata che tutti possiedano un dispositivo elettronico».

Nessuno si è opposto nemmeno a un'altra trasformazione epocale, lo smart working.

«Che è peggio della Dad. Li ha sentiti i virologi parlare di queste cose? Loro contano le cellule e i morti, questo è il loro lavoro».

A proposito di morti: in Italia ne abbiamo avuti tanti.

«Guardi come abbiamo trattato i vecchi, che insulto alla civiltà! Qualcuno mi dica perché sono morti questi anziani. C'è un'inchiesta per accertare le responsabilità? Si potevano evitare? Certo! E invece vedrà che finita la pandemia ci saranno pure le celebrazioni. Non si può scaricare la colpa di tutto questo sulle Regioni!».

E invece per un anno si è andati avanti così.

«Se il ministro Roberto Speranza si fosse dimesso avrebbe compiuto un bel gesto. E invece tutti a difenderlo, perché è una gamba del tavolino, se la togli cade il governo. Sa che cosa succederà adesso?».

Cosa?

«Aumenteranno i morti per tumore. Anche questo era prevedibile, visto che si è bloccato lo screening. E chi paga per questi altri morti? Se non hai ambulatori sul territorio e una medicina sganciata dagli ospedali succede questo. Un conto è che questo discorso arrivi da chi ha in mano gli ospedali privati, ma il governo deve fare gli interessi degli italiani».

C'è qualcosa «oltre la tempesta»?

«Tante possibilità. Persone che si adattano e ricominceranno come prima, ma anche persone coraggiose che vorranno battersi per cambiare le cose.

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L’anno è il 2034. Un domani vicino, figlio di premesse che potrebbero essere nostre. Il mondo, quel mondo che l’uomo credeva essere ai suoi piedi, è cambiato, sconquassato da una pandemia che gli è stata fatale. Gran parte della popolazione è morta, le città sono precipitate nel caos. L’isola di Helgoland, nel mezzo del Mare del Nord, è diventato l’ultimo baluardo di civiltà, l’ultimo rifugio sicuro dell'umanità. O, quanto meno, della parte di questa che sull’isola è riuscita a trovare spazio.

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