2021-10-23
Il ricatto che soffoca ogni formadi dissenso
I portuali hanno sciolto il corteo per non essere criminalizzati L'ordine pubblico però spetta allo Stato, altrimenti è un ricattoIl giochino è lurido, ma evidentemente funziona. E infatti, oggi, i portuali di Trieste non saranno in piazza. Come abbiamo raccontato ieri, Stefano Puzzer e soci hanno deciso di sciogliere i loro cortei, onde «non compromettere l'incontro di sabato con la delegazione governativa». I lavoratori che si oppongono al green pass hanno esposto in un video le loro sacrosante ragioni: «Cerchiamo di non passare dalla parte del torto», hanno spiegato. «Ci sono delle persone con la testa calda, e se questi (la polizia, ndr) ci caricano va a finire che passiamo dalla parte del torto». Senz'altro la decisione di rinunciare alla opposizione in strada è un segno di grande responsabilità da parte dei portuali. Non vogliono farsi strumentalizzare, non vogliono cadere nelle trappole già scattate altrove, per cui una minoranza di esagitati compromette un'intera manifestazione e seppellisce le ragioni della protesta.C'è però un tema su cui vale la pena riflettere, e cioè la progressiva restrizione degli spazi concessi al dissenso. A ben vedere, infatti, i portuali hanno evitato trappole, ma hanno comunque subito un ricatto. Perché hanno rinunciato al corteo? Semplice: perché hanno capito che la responsabilità di eventuali scontri con la polizia sarebbe inevitabilmente stata addossata a loro. Ecco il messaggio che arriva dal sistema politico mediatico: non importa se protestate pacificamente, qualora avvengano violenze sarà comunque colpa vostra.Nei giorni scorsi, in alcuni talk show, abbiamo sentito giornalisti pronti a sostenere che i portuali avrebbero dovuto mettere in piedi un servizio d'ordine, come fece il sindacato negli Anni di piombo. Altri hanno proposto di addebitare ai manifestanti eventuali danni a piazze e strade. Si tratta, ovviamente, di richieste che non sono mai state avanzate quando a calare nelle città erano gli antagonisti, i quali da sempre teorizzano e praticano la violenza come forma di lotta politica, giudicandola legittima anche sul piano filosofico. In realtà, la tutela dell'ordine pubblico non spetta ai cittadini che manifestano, bensì allo Stato. Anzi: lo Stato deve garantire l'incolumità anche di chi esprime critiche e contestazione. Proprio per questo le sfilate e i cortei vengono autorizzati dalle istituzioni: si trova un compromesso che eviti la distruzione dello spazio pubblico e, allo stesso tempo, consenta la legittima espressione della protesta.Oggi, però, assistiamo alla costante criminalizzazione del dissenso. Prima di tutto, viene praticata in maniera estensiva la cosiddetta reductio ad Hitlerum. Di che si tratti lo ha ben spiegato Andrea Zhok in Critica della ragione liberale. Una volta stabilito apoditticamente che il nazismo sia il male assoluto, «trovare il modo, nel corso di un'argomentazione, di associare un tema, un argomento, un termine altrui al nazismo hitleriano consente di ottenere una vittoria dialettica, mettendo l'altro in una posizione dove gli argomenti diventano impotenti, coperti da anticipato discredito». Così è andata a Roma: migliaia di persone protestano, ma 200 militanti di Forza nuova (o comunque riconducibili a essa) trasformano tutta la protesta in «fascista», e tanto basta per screditarla e per giudicare inaccettabili le istanze di chi critica il governo.Il discorso sul fascismo, tuttavia, è un po' usurato, dunque lo si sta sostituendo con un altro leggermente più generico. Si indica come male assoluto «la violenza», poi si compie la stessa operazione: si accusa chi protesta o critica di favorire/avere legami/supportare i violenti. In questa maniera, di nuovo, il dissenso viene sminuito o screditato. La categoria di violenza è volutamente fumosa: chi è il violento? Chi mena e distrugge? Chi usa parole forti e grida? Chi insulta? Chi spara con un idrante un getto d'acqua in faccia a un manifestante seduto? All'interno della manipolazione del diritto a cui assistiamo, tutto - potenzialmente - può essere giudicato violento. Basti pensare a ciò che ha detto l'altro giorno in Parlamento Luciana Lamorgese: ha deprecato il «carattere sfidante della protesta, intenzionata a non fermarsi». Beh, caro ministro, se la protesta non fosse «sfidante» non sarebbe protesta.A quanto pare, è proprio qui che si vuole arrivare: all'eliminazione totale della protesta. Pensateci: se contesti la gestione della pandemia sei un no vax; se critichi il governo (dal Parlamento) sei un fascista e se è acclarato che non sei fascista allora - come ha detto un altro ministro - sei «sovranista» e vai martellato ugualmente; se eserciti il tuo diritto costituzionale a non vaccinarti sei un sabotatore che merita di essere discriminato e ridotto alla fame; se vai in piazza a urlare slogan sei un violento; se ti siedi per terra a sgranare il rosario sei un violento lo stesso perché potresti aizzare altri, dunque ti meriti di essere spazzato via. Il ricatto è perenne, sempre più smaccato e sempre più soffocante.L'opposizione parlamentare, se vuole avere il diritto di svolgere il suo compito, deve prestarsi ad assurde abiure (ma resta comunque colpevole). I contestatori, se vogliono scendere in strada, devono preoccuparsi di prendere le distanze da chissà quali movimenti aggressivi, e ancora non basta. Il risultato finale è, appunto, l'azzeramento degli spazi di libertà. Dalla sorveglianza si è passati all'autosorveglianza e all'autocensura: al cittadino non si impone esplicitamente l'obbligo vaccinale, lo si mette nelle condizioni di dover «scegliere» il vaccino, come se fosse una sua decisione e non un obbligo surrettizio; al manifestante non è vietato marciare, lo si mette nelle condizioni di evitare la piazza; al dissenziente non è impedito di parlare, gli si fa capire che è meglio se sta zitto. Per l'ennesima volta, si scarica tutto sul popolo: la responsabilità dei contagi, del controllo sociale, della campagna vaccinale, della ripresa economica mancata, dei danni all'arredo urbano. Non c'è oppressione: c'è una coercizione mascherata.Amici portuali, fate un gesto contro la violenza: sparatevi gli idranti in faccia da soli, uscite nel parcheggio e testate in autonomia la forza ondulatoria della vostra auto. E, mi raccomando: se vi viene un brutto pensiero sul governo, correte in questura ad autodenunciarvi: non dovete invocare la Costituzione, ma costituirvi.