
È tra i prodotti caseari nostrani maggiormente apprezzati. Le qualità più note arrivano da Toscana, Lazio e Sardegna, ma c’è una Pat perfino sull’Appennino emiliano. Ricco di calcio e fosforo, è un’alternativa alla carne.Il pecorino stagionato è un formaggio ovino, ossia di latte di pecora. Latte che è più ricco di grasso e caseina di quello vaccino e per questo connota anche il formaggio con un gusto diverso da quello di Parmigiano reggiano o Grana padano. Quando parliamo di formaggi da grattugia, a pasta dura e semidura da grattugiare sopra un primo piatto fumante, noi italiani pensiamo in primo luogo a questa coppia, ma anche il pecorino «lotta e condisce molti primi insieme a noi». Insieme, infatti, parmigiano, grana e pecorino costituiscono una triade di straordinaria eccellenza tricolore e Dop, dal grandissimo apprezzamento e dall’imponente consumo in Italia e all’estero. Alcuni formaggi sono disponibili a un solo livello di stagionatura. Non è il caso del pecorino, per il quale, oltre all’uso grattugiato, ci può essere quello da tavola. Una fetta di pecorino più fresco non ha nulla da invidiare a una di altri formaggi dalla simile stagionatura breve. La stagionatura determina il livello di densità della pasta del formaggio. La pasta del formaggio è tutto il formaggio crosta esclusa e la sua consistenza varia in base alla quantità d’acqua contenuta e al periodo di stagionatura. La pasta semidura presenta acqua tra 36% e 45% e ha subito una stagionatura media da 1 a 6 mesi. Con meno acqua, dal 30 al 36%, massimo 40, e stagionatura lenta da 6 a 12 mesi abbiamo la pasta dura e poi pasta extradura per stagionatura oltre 12 mesi. La stagionatura, anche detta maturazione, è un processo di riposo in ambiente umido, la cantina o il magazzino, che fa fermentare gli zuccheri e degrada grassi e proteine.Può avvenire anche in grotta o fossa, infatti c’è anche il pecorino di fossa. La pasta molle, quella del formaggio fresco, «stagiona» meno di 30 giorni, contiene fino all’80% di acqua e non ha crosta. Nel caso del pecorino è il livello «tuma», non salato e non stagionato che va consumato entro una settimana. La tuma invece subito salata e poi stagionata circa 30 giorni dà luogo al pecorino «primosale». Il pecorino che stagiona almeno 4 mesi si chiama «secondosale» ed è un semistagionato; il pecorino che stagiona ulteriormente si dice stagionato. Conoscere le stagionature può sembrare un vezzo inutile, ma ci sono ricette per le quali è più adatto un pecorino poco stagionato, per esempio le pallotte cacio e ova abruzzesi; altre per le quali, come i tonnarelli cacio e pepe romani, va bene qualsiasi stagionatura ma, ai fini di un buon risultato, posto un diverso grado di stagionatura, cambia la preparazione e per ottenere la famosa «cremina» della cacio e pepe occorrerà più o meno acqua a seconda che si voglia liquefare un pecorino semiduro, duro o extraduro, i quali hanno un livello progressivamente maggiore di proteine e grassi e inferiore di acqua.Nel Lazio e in Sardegna non si mangia solo pecorino, anzi. Ma quando si nomina il pecorino si pensa sempre a quello laziale e a quello sardo. In Italia ce ne sono molti altri. Abbiamo ben otto Dop: Pecorino romano, Pecorino toscano, Pecorino sardo, Pecorino di Filiano, Pecorino crotonese, Pecorino di Picinisco, Pecorino siciliano e Pecorino delle Balze volterrane. Poi, ci sono quelli che rientrano nell’elenco dei presidi Slow Food, come il Pecorino della montagna pistoiese, o in quello dei prodotti agroalimentari tradizionali (Pat) del ministero delle Politiche agricole e forestali come il Pecorino dell’Appennino reggiano: sì, pensare che il pecorino sia una produzione solo dell’Italia centromeridionale e insulare è uno stereotipo, c’è anche al Nord. Le tre Dop più diffuse e conosciute restano tuttavia il Pecorino romano, quello sardo e il toscano. Hanno la caratteristica di essere il prodotto di un territorio specifico, ma due di questi sono fatti con latti di più territori. Il Pecorino romano è prodotto in Sardegna per il 97%, in Toscana per il 2% (nella sola provincia di Grosseto) e nel Lazio per l’1%. Il Pecorino toscano è prodotto in Toscana, Umbria e Lazio. La Dop è l’etichettatura più rigorosa in termini di collegamento della materia prima con il territorio. Territorio ovviamente nazionale, che però non è la via dietro casa e a volte va inteso in senso più esteso del chilometro zero, ovvero come territorio transregionale. Il caso del Pecorino romano, cioè laziale fatto con latte sardo, è un esempio di estensione del chilometro zero nel Dop. Il motivo di questa estensione è la connessione storica tra i due territori, una tradizione che la Dop replica e perpetua. Applicando ottusamente il concetto di chilometro zero, cadiamo nel determinismo alimentare per cui si può mangiare solo quello che cresce o si alleva accanto a noi.Questa è, tra l’altro, una delle critiche che viene fatta al Dop da chi lo accusa di eccessiva chiusura. Ma, come è evidente, non sempre il Dop produce a «chilometro letteralmente zero» e questo accade, attenzione, per rispettare la tradizione, non per «truffare» il consumatore. Il pecorino romano era prodotto e consumato già dagli antichi Romani. Ma nel 1884 fu introdotto il divieto di salagione all’interno delle mura capitoline e così molti casari romani, costretti a trasferirsi, scelsero proprio la Sardegna. Lì, in poco tempo, il loro pecorino divenne più abbondante del fiore sardo pastorale. L’estensione sarda del pecorino romano è, quindi, storia. La Dop è del 2001. Il disciplinare una volta prevedeva una doppia dicitura, «Pecorino romano dop genuino» e «Pecorino sardo romano». Poi si è abolita la distinzione. Ora c’è solo la dicitura «Pecorino romano del Lazio» su quello fatto nel solo Lazio e i produttori che si trovano nel Lazio sono pochissimi, rispetto agli anni Sessanta e Settanta quando erano una quarantina, ma ci sono.Parafrasando la teoria che fu di Don Giovanni riguardo alla varietà femminile con la quale si intratteneva, moltitudine che confliggeva con l’esclusività necessaria al sentimento, teoria racchiusa nella frase (del libretto di Da Ponte per il Don Giovanni di Mozart) «È tutto amore», di fronte ai vari pecorini si potrebbe affermare che... sia tutto pecorino allo stesso modo. In parte è vero, in parte no. Il Pecorino sardo ha due varianti, dolce o maturo. Il dolce ha crosta sottile e chiara, pasta bianca, consistenza morbida ma compatta da tagliare agevolmente con il coltello, sapore dolce, stagionatura da 20 a 60 giorni. Il maturo stagiona oltre 2 mesi, ha crosta più grossa e più bruna, pasta più chiara dal sapore forte e leggermente piccante, consistenza friabile. Il Pecorino romano è a pasta dura, con crosta avorio e interno compatto e bianco, sapore più o meno piccante a seconda della maturazione, che dura minimo 5 mesi per la variante da tavola, fino a diventare piccante intenso nella varietà da grattugiare, stagionata ben 8 mesi, è più salato dei suoi parenti nazionali. Il Pecorino toscano invece ha consistenza tenera o semidura e sapore più dolce e delicato dei precedenti due anche nella variante stagionata, mai piccante neanche a stagionatura molto avanzata. Con il 35% di proteine, il pecorino può essere anche un ottimo secondo piatto, essendo le proteine animali ricche di aminoacidi essenziali: è una valida alternativa - o compendio - della carne. Lo sapevano i legionari romani che avevano diritto a una razione di pane e farro con 1 oncia (28 grammi) di pecorino per acquistare vigore ed energia. 100 grammi di pecorino presentano 383 calorie, se è fresco, e 418 se è stagionato.Il pecorino è ricco di calcio (600 milligrammi in un etto), che aiuta lo sviluppo e il mantenimento - si pensi alle donne in menopausa e gli anziani e al rischio osteoporosi - di ossa e denti forti e la funzionalità di muscoli e nervi, oltre che a dormire meglio. Importante anche il fosforo, 590 milligrammi, cioè oltre l’80% della razione giornaliera consigliata (anche il fosforo è di ausilio per denti e ossa e riduce l’affaticamento muscolare) e, tra le vitamine, spiccano la B2, 0,47 milligrammi ossia il 36% della razione giornaliera consigliata (aiuta la formazione di globuli rossi e di anticorpi), e la vitamina A retinolo equivalente, 380 microgrammi cioè il 40% della Rda (che aiuta la vista, innanzitutto, poi i tessuti e l’immunità). Se volete un pecorino particolare, valutate il Piacentinu ennese, anch’esso Dop, arricchito di zafferano - la pasta diventa gialla - e grani di pepe disponibile anch’esso come «primosale» (1 mese), semistagionatura (2-4) e stagionatura di oltre 4 mesi.
Guido Crosetto (Cristian Castelnuovo)
Il ministro della Difesa interviene all’evento organizzato dalla «Verità» dedicato al tema della sicurezza con i vertici del comparto. Roberto Cingolani (Leonardo) e Nunzia Ciardi (Acn): bisogna prevenire le minacce con l’Ia.
Mai, come nel periodo storico nel quale stiamo vivendo, il mondo è stato più insicuro. Attualmente ci sono 61 conflitti armati attivi, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale, che coinvolgono oltre 92 Paesi. Ieri, a Roma, La Verità ha organizzato un evento dal titolo «Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti», che ha analizzato punto per punto i temi caldi della questione con esponenti di spicco quali il ministro della Difesa Guido Crosetto intervistato dal direttore della Verità, Maurizio Belpietro.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.






