
Dipinto dai media come un pazzo e un ignorante, il presidente Usa è in realtà un uomo ben istruito che padroneggia ogni tecnica di comunicazione e negoziazione. Sono qualità che ha appreso nel mondo degli affari e che oggi usa per «piegare» gli altri grandi.Non ho competenze per dare un giudizio sull'efficacia delle politiche di Donald Trump. Quello che voglio analizzare prescinde totalmente dal contenuto dell'azione politica. Mi interessano le tecniche di comunicazione usate, soprattutto in occasione dei vertici internazionali. Spesso sento etichettare la modalità di comunicazione usate da The Donald come «pazze». Non conosco la stabilità mentale del presidente degli Stati Uniti, però occupandomi di negoziazione attraverso la neurovendita, osservo l'utilizzo di molte tecniche conosciute nella comunicazione persuasiva.Osservando le fotografie e i filmati degli incontri pubblici, leggendo con attenzione i discorsi, analizzando i messaggi che vengono lanciati prima dei vertici, affermo che Donald Trump usa tecniche di comunicazione in maniera mirata. Trump non è un conoscitore superficiale delle tecniche di comunicazione, ma è stato nella sua carriera di imprenditore e investitore, ossessionato da questa applicazione della psicologia nel business. Così appassionato da scrivere nel 1987 in collaborazione con Tony Schwartz il libro L'arte di fare affari, seguito nel 1990 da Surviving at the top in collaborazione con il giornalista Charles Leerhsen. Trump è addirittura un autore che ha perfezionato alcune tecniche negoziali. Ci ha scritto libri. Ha tenuto per anni affollati seminari. In 15 stagioni di The Apprentice, il reality show in cui insegnava a un gruppo di aspiranti manager a fare business, queste strategie sono state spiegate dal futuro presidente. Trump non è semplicemente supportato da esperti di comunicazione, come nella maggioranza degli staff politici, anche italiani. È lui stesso un esperto di comunicazione persuasiva. Ci sono tre elementi tecnici usati alla perfezione dallo «spettinato» presidente: il non verbale dominante, l'uso della tecnica negoziale della proposta assurda e la scelta del linguaggio infantile. Spesso Trump nelle fasi iniziali e finali della relazione, usa due mani. Si tratta della tecnica della stretta di mano denominata «abbraccio». Fa percepire all'interlocutore un senso di immediata «affettuosa inferiorità». In molte foto si osserva Trump indicare all'interlocutore dove andare o quando iniziare a parlare, con il palmo rivolto verso l'altro. Si tratta di un metodo per impostare da subito un rapporto di sudditanza. In altre immagini dispone le «mani a guglia». È scientificamente dimostrato che si tratta di un gesto che incute nel cervello dell'altro un senso di forza. Il sottotitolo delle foto con Emmanuel Macron è: «Il vertice è andato male, Macron prova a fare l'amico, Trump fa capire a tutti chi è il più forte». Quando alza i toni con messaggi molto assertivi, rafforza il messaggio con la tecnica del «dito puntato». Un gesto che denota aggressività e nessun timore della controparte. Un non verbale che vuole indurre inferiorità nell'interlocutore, è il fondamento di ogni strategia negoziale.Trump, prima di sedersi a un negoziato, fa una «grossa sparata». Spesso la rilascia in brevi conferenze stampa oppure con un tweet. Effettua una richiesta inaccettabile dalla controparte. Una proposta così eccessiva ed estrema a cui l'interlocutore e il suo entourage risponderanno sicuramente con un no. Alcuni esempi. Ha scritto a Kim Jongun di avere «razzi nucleari grossi e funzionanti». Ha iniziato il negoziato con i cinesi, minacciando dazi del 50% su tutto l'import. Ha promesso un muro alto dodici metri su tutto il confine messicano. Prima di ogni negoziato, comunica un'intenzione evidentemente eccessiva, irrealistica o palesemente irrealizzabile. Queste parole sono etichettate come «richieste di un folle». L'efficacia della tecnica della «proposta irricevibile» è legata al funzionamento cerebrale studiato dal Nobel per l'economia Daniel Kahneman. Donald sa che per ottenere più di quello che la controparte concederebbe deve fare una sparata e farsi dire un primo no. Vince chi la «spara grossa» per primo. Per questo Trump anticipa le sue proposte irricevibili prima dei vertici. Questa tecnica funziona se le parti sono «costrette» a comunicare. Volenti o nolenti, tutti devono negoziare con gli Usa. Molti linguisti, tra cui George Lakoff, hanno analizzato i discorsi del presidente durante e dopo la campagna elettorale. Trump parla come un bambino di nove anni. Le frasi sono brevi. Le immagini utilizzate sono concrete, semplici e visive. I tempi verbali sono tre: passato, presente, futuro. I condizionali inesistenti. Raramente si trovano sequenze logiche nella sintassi. È un ignorante al potere? Serve scavare la superficie. Donald è laureato in una delle più prestigiose università americane. Non solo. Farsi scrivere un discorso più «colto» sarebbe molto semplice per una persona che ricopre il suo ruolo. Perché questa semplicità infantile nel linguaggio?Le neuroscienze dimostrano che per arrivare al cervello di chi ascolta esistono le «cose» e le «azioni». Usare tempi verbali dell'indicativo ed elementi concreti rende la comunicazione comprensibile e chiara. Inoltre una delle metodologie evidenti è la ripetizione. Trump tende a ribadire concetti semplici in maniera quasi ossessiva. Il believe me della sua campagna elettorale, ripetuto fino alla nausea, era un modo semplice per generare fiducia. Il «nessuno costruisce muri come me» è un'immagine per conferirsi autorevolezza facendo riferimento ad elementi concreti come le Trump Tower. Ovviamente costruire muri tra Stati è molto più complesso di ristrutturare e rivendere un grattacielo. Evidenziare questa complessità costringerebbe a messaggi lunghi, ricchi di «se», rendendo la comunicazione poco incisiva. Semplificare e visualizzare rende il messaggio memorabile. Nella comunicazione persuasiva si usa l'acronimo Kiss: «Keep it simple and stupid». Trasforma un messaggio, al di là della sua complessità realizzativa, in una comunicazione semplice e stupida. I social hanno reso questa necessità ancora più potente. Trump pazzo o talento della comunicazione persuasiva? La risposta da chi studia negoziazione, vendita e marketing partendo dalle neuroscienze è molto chiara. Talento.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





