2021-11-27
La priorità degli agenti? Controllare i pass
Mario Draghi detta la linea, l'unica emergenza è la verifica della card. Il prefetto di Venezia ammette: «Molleremo su altri fronti». Con un paradosso: alle forze dell'ordine si chiede più rigore per far applicare quelle norme che ne hanno assottigliato i ranghiParola d'ordine: controllare. Con il varo del super green pass parte un giro di vite senza precedenti voluto personalmente da Mario Draghi, per «impedire che un certo lassismo allarghi le maglie della lotta al Covid», soprattutto in provincia. Il salto di qualità dei controlli è ufficializzato nell'articolo 7 del decreto legge e mostra un orizzonte sociale fosco. «La ricreazione è finita, arrivano i dobermann», si lascia sfuggire non senza allarme un funzionario di Palazzo Chigi. Il linguaggio è adeguato alle imposizioni che dal 6 dicembre gli italiani avvertiranno sulla pelle - anche in zona bianca - negli esercizi pubblici, sui treni regionali, sulle metropolitane, alle fermate degli autobus, nelle vie dello shopping e nei quartieri della movida. Praticamente ovunque.Nessuna deroga, la priorità assoluta per l'ordine pubblico è combattere la pandemia (anche se i numeri di positivi, ricoverati e morti sono un decimo rispetto a un anno fa). Il premier mostra il suo volto prussiano, l'elmetto a punta gli dona. Quindi polizia, carabinieri, polfer e vigili urbani dovranno coordinarsi per l'immensa caccia al non vaccinato, inseguito con determinazione churchilliana: «Li combatteremo sulle spiagge, nei campi e nelle strade, sulle colline, non ci arrenderemo mai». Un brivido corre lungo la schiena, c'è qualcosa di terribile in tutto questo, ma alla realtà bisogna guardare in faccia. Oggi per il governo non esistono altre emergenze, per gli altri reati non c'è posto. Il prefetto di Venezia, Vittorio Zappalorto, secondo quanti riportato dal Gazzettino, lo ammette candidamente: «Adesso ci hanno dato questa priorità, vuol dire che molleremo su altri fronti». Questa pare essere l'indicazione giunta dal ViminaleI prefetti hanno ricevuto dal ministero dell'Interno l'ordine di far rispettare il super green pass in modo rigoroso e hanno già cominciato a convocare i Comitati provinciali per la sicurezza e l'ordine pubblico. Riunioni ogni tre giorni, massimo controllo del territorio, relazioni obbligatorie ogni settimana che finiranno sulla scrivania di Luciana Lamorgese. Sospettato di aver gestito a briglia larga la prima fase del passaporto verde, il ministro ha ricevuto la classica lavata di capo e si è subito allineato con il pressing sulle prefetture. Si nota una singolare contraddizione: lei così morbida con i migranti clandestini, con i fricchettoni dei rave party, con i centri sociali e i Cobas che imperversano il sabato per «la qualunque», con i collettivi studenteschi in agitazione permanente, ha l'ordine di trasformarsi in kapò nei confronti dei privati cittadini. Da oggi per Lamorgese, per i prefetti, per i questori c'è una seconda parola d'ordine: costante. Non saranno più tollerare verifiche occasionali e bonarie, anche quelle a campione dovranno essere costanti e pianificate; la missione prevede i canini affilati e uno spiegamento enorme di uomini. Per far fronte a possibili carenze d'organico l'armata sanitaria sarà supportata dall'esercito. Anche questo carico da undici arriva da Palazzo Chigi: «Le forze di sicurezza andranno mobilitate in maniera completa. Bisogna muoversi sui controlli, vanno rafforzati», ha detto il premier. Così sarà possibile vedere i soldati del progetto Strade sicure impegnati in interventi poco natalizi per evitare assembramenti e mascherine abbassate. O alle fermate degli autobus ad aiutare gli steward delle aziende di trasporto pubblico, come a Gerusalemme qualche anno fa dopo gli attentati di Hamas.Le forze dell'ordine vivono con perplessità la situazione. Incaricate di presidiare ogni angolo di strada, di ripetere con effetti urticanti gli show di un anno e mezzo fa contro i runner, i pensionati con il cane e i camminatori notturni, avvertono la responsabilità di un ruolo impopolare e le difficoltà da carenze d'organico. I rappresentanti sindacali di polizia mostrano le criticità della strategia: «Noi a differenza della scuola, poliziotti supplenti non ne abbiamo», sorride amaro Luca Capalbo della Federazione sindacale polizia (Fsp). «L'organico è all'osso e già l'obbligo di green pass ha creato tensioni fra colleghi come non se ne ricordavano in precedenza. Il carico di lavoro che non potrà essere smaltito dai poliziotti non vaccinati ricadrebbe inevitabilmente sugli altri». In polizia si teme che l'inasprimento delle regole moltiplichi le manifestazioni contrarie, con un impegno sempre più massiccio di uomini. Fabio Ballestriero, segretario regionale del Sindacato autonomo di polizia (Sap) del Veneto mette il dito nella piaga: «I vaccini sono un tema divisivo, parlarne è camminare sulle uova. Con l'obbligo vaccinale per noi, mi chiedo se lo Stato risarcirà per eventuali effetti avversi. E se scatta la sospensione per 3.000 poliziotti, chi coprirà i buchi d'organico?». Risponde il segretario nazionale del Coisp (Coordinamento indipendenza sindacale polizia), Domenico Pianese: «Senza un piano straordinario di assunzioni che copra almeno i vuoti d'organico, la nostra operatività rischia di essere compromessa. Non ci si può ricordare del sistema sicurezza solo nel momento del bisogno. A dicembre saranno pagate le ore di straordinario effettuate a luglio del 2020, dopo 18 mesi». Per lo Stato le nozze con i fichi secchi sono un dettaglio, conta solo la caccia all'uomo. Rullino i tamburi, riparte il circo.
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La consulenza super partes parla chiaro: il profilo genetico è compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio. Un dato che restringe il cerchio, mette sotto pressione la difesa e apre un nuovo capitolo nell’indagine sul delitto Poggi.
La Casina delle Civette nel parco di Villa Torlonia a Roma. Nel riquadro, il principe Giovanni Torlonia (IStock)
Dalle sue finestre vedeva il Duce e la sua famiglia, il principe Giovanni Torlonia. Dal 1925 fu lui ad affittare il casino nobile (la villa padronale della nobile casata) per la cifra simbolica di una lira all’anno al capo del Governo, che ne fece la sua residenza romana. Il proprietario, uomo schivo e riservato ma amante delle arti, della cultura e dell’esoterismo, si era trasferito a poca distanza nel parco della villa, nella «Casina delle Civette». Nata nel 1840 come «capanna svizzera» sui modelli del Trianon e Rambouillet con tanto di stalla, fu trasformata in un capolavoro Art Nouveau dal principe Giovanni a partire dal 1908, su progetto dell’architetto Enrico Gennari. Pensata inizialmente come riproduzione di un villaggio medievale (tipico dell’eclettismo liberty di quegli anni) fu trasformata dal 1916 nella sua veste definitiva di «Casina delle civette». Il nome derivò dal tema ricorrente dell’animale notturno nelle splendide vetrate a piombo disegnate da uno dei maestri del liberty italiano, Duilio Cambellotti. Gli interni e gli arredi riprendevano il tema, includendo molti simboli esoterici. Una torretta nascondeva una minuscola stanza, detta «dei satiri», dove Torlonia amava ritirarsi in meditazione.
Mussolini e Giovanni Torlonia vissero fianco a fianco fino al 1938, alla morte di quest’ultimo all’età di 65 anni. Dopo la sua scomparsa, per la casina delle Civette, luogo magico appoggiato alla via Nomentana, finì la pace. E due anni dopo fu la guerra, con villa Torlonia nel mirino dei bombardieri (il Duce aveva fatto costruire rifugi antiaerei nei sotterranei della casa padronale) fino al 1943, quando l’illustre inquilino la lasciò per sempre. Ma l’arrivo degli Alleati a Roma nel giugno del 1944 non significò la salvezza per la Casina delle Civette, anzi fu il contrario. Villa Torlonia fu occupata dal comando americano, che utilizzò gli spazi verdi del parco come parcheggio e per il transito di mezzi pesanti, anche carri armati, di fatto devastandoli. La Casina di Giovanni Torlonia fu saccheggiata di molti dei preziosi arredi artistici e in seguito abbandonata. Gli americani lasceranno villa Torlonia soltanto nel 1947 ma per il parco e le strutture al suo interno iniziarono trent’anni di abbandono. Per Roma e per i suoi cittadini vedere crollare un capolavoro come la casina liberty generò scandalo e rabbia. Solo nel 1977 il Comune di Roma acquisì il parco e le strutture in esso contenute. Iniziò un lungo iter burocratico che avrebbe dovuto dare nuova vita alle magioni dei Torlonia, mentre la casina andava incontro rapidamente alla rovina. Il 12 maggio 1989 una bimba di 11 anni morì mentre giocava tra le rovine della Serra Moresca, altra struttura Liberty coeva della casina delle Civette all’interno del parco. Due anni più tardi, proprio quando sembrava che i fondi per fare della casina il museo del Liberty fossero sbloccati, la maledizione toccò la residenza di Giovanni Torlonia. Per cause non accertate, il 22 luglio 1991 un incendio, alimentato dalle sterpaglie cresciute per l’incuria, mandò definitivamente in fumo i progetti di restauro.
Ma la civetta seppe trasformarsi in fenice, rinascendo dalle ceneri che l’incendio aveva generato. Dopo 8 miliardi di finanziamenti, sotto la guida della Soprintendenza capitolina per i Beni culturali, iniziò la lunga e complessa opera di restauro, durata dal 1992 al 1997. Per la seconda vita della Casina delle Civette, oggi aperta al pubblico come parte dei Musei di Villa Torlonia.
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Oltre quaranta parlamentari, tra cui i deputati di Forza Italia Paolo Formentini e Antonio Giordano, sostengono l’iniziativa per rafforzare la diplomazia parlamentare sul corridoio India-Middle East-Europe. Trieste indicata come hub europeo, focus su commercio e cooperazione internazionale.
È stato ufficialmente lanciato al Parlamento italiano il gruppo di amicizia dedicato all’India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC), sotto la guida di Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Affari esteri, e di Antonio Giordano. Oltre quaranta parlamentari hanno già aderito all’iniziativa, volta a rafforzare la diplomazia parlamentare in un progetto considerato strategico per consolidare i rapporti commerciali e politici tra India, Paesi del Golfo ed Europa. L’Italia figura tra i firmatari originari dell’IMEC, presentato ufficialmente al G20 ospitato dall’India nel settembre 2023 sotto la presidenza del Consiglio Giorgia Meloni.
Formentini e Giordano sono sostenitori di lunga data del corridoio IMEC. Sotto la presidenza di Formentini, la Commissione Esteri ha istituito una struttura permanente dedicata all’Indo-Pacifico, che ha prodotto raccomandazioni per l’orientamento della politica italiana nella regione, sottolineando la necessità di legami più stretti con l’India.
«La nascita di questo intergruppo IMEC dimostra l’efficacia della diplomazia parlamentare. È un terreno di incontro e coesione e, con una iniziativa internazionale come IMEC, assume un ruolo di primissimo piano. Da Presidente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-India non posso che confermare l’importanza di rafforzare i rapporti Roma-Nuova Delhi», ha dichiarato il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea.
Il senatore ha spiegato che il corridoio parte dall’India e attraversa il Golfo fino a entrare nel Mediterraneo attraverso Israele, potenziando le connessioni tra i Paesi coinvolti e favorendo economia, cooperazione scientifica e tecnologica e scambi culturali. Terzi ha richiamato la visione di Shinzo Abe sulla «confluenza dei due mari», oggi ampliata dalle interconnessioni della Global Gateway europea e dal Piano Mattei.
«Come parlamentari italiani sentiamo la responsabilità di sostenere questo percorso attraverso una diplomazia forte e credibile. L’attività del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato a Riad sul dossier IMEC e pronto a guidare una missione in India il 10 e 11 dicembre, conferma l’impegno dell’Italia, che intende accompagnare lo sviluppo del progetto con iniziative concrete, tra cui un grande evento a Trieste previsto per la primavera 2026», ha aggiunto Deborah Bergamini, responsabile relazioni internazionali di Forza Italia.
All’iniziativa hanno partecipato ambasciatori di India, Israele, Egitto e Cipro, insieme ai rappresentanti diplomatici di Germania, Francia, Stati Uniti e Giordania. L’ambasciatore cipriota ha confermato che durante la presidenza semestrale del suo Paese sarà dedicata particolare attenzione all’IMEC, considerato strategico per il rapporto con l’India e il Medio Oriente e fondamentale per l’Unione europea.
La presenza trasversale dei parlamentari testimonia un sostegno bipartisan al rapporto Italia-India. Tra i partecipanti anche la senatrice Tiziana Rojc del Partito democratico e il senatore Marco Dreosto della Lega. Trieste, grazie alla sua rete ferroviaria merci che collega dodici Paesi europei, è indicata come principale hub europeo del corridoio.
Il lancio del gruppo parlamentare segue l’incontro tra il presidente Meloni e il primo ministro Modi al G20 in Sudafrica, che ha consolidato il partenariato strategico, rilanciato gli investimenti bilaterali e discusso la cooperazione per la stabilità in Indo-Pacifico e Africa. A breve è prevista una nuova missione economica guidata dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Tajani.
«L’IMEC rappresenta un passaggio strategico per rafforzare il ruolo del Mediterraneo nelle grandi rotte globali, proponendosi come alternativa competitiva alla Belt and Road e alle rotte artiche. Attraverso la rete di connessioni, potrà garantire la centralità economica del nostro mare», hanno dichiarato Formentini e Giordano, auspicando che altri parlamenti possano costituire gruppi analoghi per sostenere il progetto.
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