2018-10-02
Il settore delle costruzioni è in profonda crisi. L'azienda romana ha presentato il concordato e ieri ha perso il 55% in Borsa. Il contractor di Cesena (7.000 dipendenti) ha tempo tre mesi per riorganizzare tutti i debiti.Astaldi, Trevi e Condotte sono tre colossi del settore delle costruzioni. Insieme danno lavoro a quasi 22.000 persone. Il problema è che si trovano nel mezzo del comparto che forse ha pagato più di tutti lo scotto della crisi. L'ultima ad arrendersi è stata Astaldi, 11.500 dipendenti, colosso fiaccato dalle molte amministrazioni pubbliche che non hanno pagato come e quanto avrebbero dovuto per le opere realizzata dal gruppo romano. Venerdì scorso il consiglio di amministrazione ha «valutato e deliberato di presentare, dinanzi al Tribunale di Roma, una domanda di concordato preventivo «con riserva» prodromica al deposito di una proposta di concordato preventivo in continuità aziendale». Dopo l'annuncio, in Borsa è stato un crollo continuo. Ieri il titolo è stato sospeso per eccesso di ribasso, dopo aver registrato un calo teorico del 55% (e da oggi e fino a successivo provvedimento sulle azioni ordinarie Astaldi non sarà consentita l'immissione di ordini senza limite di prezzo). Inoltre, l'azienda ha fornito un aggiornamento sulla situazione patrimoniale dell'azienda. A fine giugno 2018 l'indebitamento netto era salito a 1,76 miliardi di euro, rispetto agli 1,27 miliardi di inizio anno. Insomma, gli investitori sono scappati a gambe levate. Anche perché, se a Piazza Affari il titolo Astaldi è crollato, sul fronte obbligazionario la situazione non è ugualmente rosea. Sulla graticola c'è un bond da 700 milioni di euro che scade tra due anni. In primis c'è l'ostacolo della cedola: bisogna capire se con il concordato anche questi pagamenti verranno congelati. C'è poi da capire cosa fare con il rimborso: nella migliore delle ipotesi gli obbligazionisti senior potrebbero rivedere al massimo il 60% di quando investito. Ma, se i possessori di debito Astaldi venissero paragonati a creditori chirografari, allora la percentuale di rimborso potrebbe scendere ancora. C'è però il rovescio della medaglia. Visto il fuggi fuggi generale c'è anche chi ha visto un'opportunità nel bond con scadenza dicembre 2020. Da venerdì ad oggi il valore del prestito 2020 è sceso in area 20 euro (ora viaggia intorno ai 26 euro), quando nel 2013 era stato emesso a 100 euro. Anche se l'emissione dovesse subire il congelamento delle cedole (3,5625% ogni sei mesi) è facile intuire che l'investitore potrebbe trarne comunque un guadagno potenzialmente molto elevato, anche se i rischi di grosse perdite non mancherebbero. C'è poi un gruppo come Trevi. Si tratta di una società da 7.200 addetti specializzata nell'ingegneria del sottosuolo. Anche in questo caso il bilancio fa acqua da tutte le parti. Il gruppo di Cesena ha bisogno di capitali freschi per andare avanti a fronte di debiti per 650 milioni. A luglio, per questo ha approvato un aumento da 400 milioni, da sottoscriversi fino a 150 milioni in contanti e per il resto con la conversione di crediti in capitale. Un percorso lungo che vede protagoniste molte banche. L'azienda a metà settembre aveva detto no a Bain capital credit, società che si era offerta concedere, attraverso un bond, un finanziamento «super senior» fino a 100 milioni a Trevi e Soilmec (società del gruppo Trevi operanti nel settore delle fondazioni), purché fosse accompagnato da una conversione dell'indebitamento finanziario del gruppo. Ora invece Trevi dovrà procedere da sola all'aumento di capitale. Nel frattempo, però, la società ha fatto sapere di aver ricevuto conferma dell'accettazione dell'accordo di standstill da parte di un numero di creditori finanziari rappresentativi del 93% dell'indebitamento complessivo, percentuale sufficiente a consentire l'entrata in vigore dell'intesa. In poche parole Trevi avrà più tempo per pagare i suoi debitori. Ciò non toglie che il titolo dell'azienda, rispetto a 12 mesi fa, viaggia a Piazza Affari attorno a un calo del 58%. Solo ieri ha chiuso la seduta in Borsa a 0,297 euro con una perdita dell'1,66%. La più piccola dei tre gruppi in crisi è Condotte (2800 dipendenti). In questo caso il concordato in bianco al Tribunale di Roma è stato richiesto a gennaio. Intanto, poco più di un mese fa, sono stati nominati i tre commissari straordinari che cercheranno di garantire la «continuità». Anche nel caso di Condotte ci sono di mezzo buchi di bilancio da capogiro: 833 milioni a fronte di 1,3 miliardi di fatturato.Di certe queste non sono le uniche realtà italiane del settore delle grandi opere in difficoltà. La pubblica amministrazione che non paga come dovrebbe. Il governo vuole puntare un mega piano per le infrastrutture. C'è da sperare che lo faccia. Al contrario, migliaia di persone rischiano di rimanere senza lavoro.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






