2023-11-29
Dai vescovi milioni di euro a Casarini, imputato per traffico di esseri umani
Luca Casarini (Imagoeconomica)
«Panorama» in edicola ricostruisce in esclusiva il fiume di denaro con cui, su ordine del cardinal Matteo Maria Zuppi e con la benedizione papale, le diocesi hanno permesso a lui e compari di «evitare di lavorare in un bar» lucrando sui migranti. Il 6 dicembre la prima udienza.C’è un passo del Vangelo di Giovanni che racconta la pesca miracolosa di Simon Pietro e di altri discepoli nel lago di Tiberiade. Ma duemila anni dopo c’è ancora chi, in nome di Gesù, fa pesche miracolose, in questo caso di migranti, ma soprattutto di euro. È la banda di Luca Casarini, già leader delle Tute bianche e No global, celebre per aver declamato una «dichiarazione di guerra» al mondo alla vigilia del G8 di Genova, anno del Signore 2001.Lui e altre cinque persone sono imputati davanti al Tribunale di Ragusa per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, mentre la violazione delle norme del codice della navigazione è contestata a Casarini e ad altri tre. Il prossimo 6 dicembre inizierà l’udienza preliminare propedeutica al rinvio a giudizio, richiesto dalla Procura.L’inchiesta ruota intorno, è la tesi accusatoria, all’equivoco o, meglio, all’inganno in base al quale gli indagati, schermandosi con l’associazione di promozione sociale (Aps) Mediterranea saving humans (di cui Casarini è fondatore e membro del consiglio direttivo), hanno costituito una compagnia di navigazione triestina, la Idra social shipping, proprietaria del rimorchiatore battente bandiera italiana Mare Jonio, non tanto per soccorrere in mare i migranti a fini umanitari, ma per farne un business.[…] A quanto risulta a Panorama, Mediterranea e le attività di recupero di migranti della Mare Jonio vengono finanziate da numerose diocesi italiane grazie all’impegno, in primis, del presidente della Cei Matteo Maria Zuppi, dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice (l’uomo che avrebbe fatto capire a Casarini e ai suoi il vero senso del Vangelo) e di altri suoi colleghi come il napoletano Domenico Battaglia, all’interno del progetto «Cum-finis, fratelli tutti (come l’enciclica del Pontefice, ndr), alle frontiere di mare e di terra, d’Europa». Un programma sperimentale che, almeno sulle fonti aperte, non è stato pubblicizzato e su cui, all’ufficio stampa della Cei, non hanno saputo darci informazioni. Eppure ci risulta che, il 26 aprile 2023, proprio la presidenza della Conferenza episcopale, destinataria dell’8 per mille, abbia approvato un finanziamento di 780 mila euro delle arcidiocesi di Napoli e Palermo e delle diocesi di Brescia, Pesaro e Ancona. In pratica avrebbe avallato le erogazioni mensili dell’importo di 65 mila euro previste da questo progetto pilota. E il «sostegno economico determinante di alcuni vescovi» è citato in un dossier interno di Mediterranea sulla relazione con la Chiesa cattolica, dove viene esaltato il ruolo centrale di Zuppi e Lorefice. Probabilmente l’imprimatur è arrivato direttamente da Jorge Mario Bergoglio. […] Il piano di Mediterranea, che prevede pure interventi in Ucraina (per esempio sono stati allestiti un ambulatorio mobile e una carovana di van per il recupero dei profughi), è stato sostenuto dall’inizio pure dal vescovo di Modena-Nonantola Erio Castellucci (dal 2021 vicepresidente per l’Italia settentrionale della Cei), in stretti rapporti con don Mattia Ferrari, cappellano della Mediterranea, membro del consiglio direttivo e vicario parrocchiale di Nonantola e, secondo le carte dell’inchiesta, «punto di raccordo con le varie arcidiocesi per la raccolta di fondi».Oltre alle somme già citate, nel 2021 a Mediterranea sarebbero stati elargiti altri 219 mila euro, nel settembre 2022 ulteriori 200 mila provenienti dalle arcidiocesi di Napoli e Palermo, soldi che avrebbero consentito di coprire le missioni in mare di quell’anno. Sempre nel 2022, 10 mila euro sarebbero stati erogati dalla diocesi di Modena, 20 mila dalla Fondazione migrantes (organismo pastorale della Cei costituito per «la fraterna accoglienza», l’evangelizzazione e l’integrazione degli stranieri), 30 mila direttamente dal vescovo di Palermo, 115 mila euro dagli enti ecclesiastici (diocesi e fondazione). Nel 2023, 200 mila sarebbero stati versati dalla Caritas, 200 mila di nuovo da Napoli e Palermo, altri 270 mila euro da altre diocesi, 25 mila direttamente dal cardinal Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della commissione delle conferenze episcopali dell’Unione europea. In tutto, più di 2 milioni di euro.Se si considera che Mediterranea nelle uniche quattro missioni condotte con la Mare Jonio tra il 2022 (gennaio, aprile e giugno) e il 2023 (nell’ottobre scorso) ha condotto in porto 422 migranti in tutto, il recupero di ogni naufrago è valso a Casarini e soci 4.900 euro, una vera pesca miracolosa.[…]L’ex ateo Casarini ha da tempo completato il suo percorso da incendiario a pompiere e che nel 2019 ha confessato ai giornali la sua svolta spirituale, a cui, però, non ha voluto dare un nome. Ha solo fatto sapere di avere sul comodino l’enciclica Laudato si’ di Bergoglio. Meritandosi quest’anno un posto al Sinodo dei vescovi come «invitato speciale». […] Il 5 agosto 2020, dopo aver ricevuto la lettera con la proposta da Casarini, monsignor Castellucci si scioglie: «Carissimo Luca, grazie!». […] Ed ecco l’ispiratissima risposta di Casarini: «Don Erio Grazie. Grazie per quella che tu chiami “una goccia nel mare”, ma che ha in sé una potenza straordinaria. Queste gocce, come le lacrime, sono calde. Si fanno strada nell’acqua resa gelida dall’indifferenza, nell’aria rarefatta dei senza respiro, e si muovono, scendono dagli occhi e rigano il viso, bagnano il mare e per un attimo lo riscaldano, mescolandosi alle onde. Caro Padre, sappi questo: con questa goccia delle tue lacrime, noi riscalderemo l’acqua del Grande Lago di Tiberiade». Dopo questa concessione al lirismo, Casarini diventa pragmatico e spiega di essere «in assoluta emergenza», ma offre anche una possibile soluzione da realizzare attraverso un’associazione costituita ad hoc: «Se organizziamo il fatto che una volta al mese le parrocchie delle diocesi possano destinare una lacrima, le offerte raccolte dai fedeli, al soccorso in mare […] Provo a mettere giù uno schema di costruzione della associazione Grande Lago di Tiberiade, cosicché tu possa parlarne a Don Matteo Zuppi. Il giorno 10 incontreremo, io, Beppe e Don Mattia, Don Corrado Lorefice. Poi Monsignor Mogavero (Domenico, ndr), poi Don Pennisi (il vescovo Michele, ndr) e tanti altri. Per intessere insieme la rete dei pescatori di uomini. Grazie dunque per questa prima goccia».A questo punto Casarini invia l’iban di Caccia e specifica: «Si tratta del conto di Beppe, per non fare inutili giri di bonifici che farebbero tardare l’arrivo. Ci mettiamo alla ricerca adesso di tutto il resto: entro martedì dobbiamo pagare circa 40 mila euro... ma ce la faremo! Ti abbraccio forte. Luca». Il fiume di finanziamenti inizia con questa prima goccia, a cui ne seguono molte altre. Il 14 agosto 2020 don Mattia invia lo screenshot della ricevuta di un secondo bonifico bancario da 10 mila euro, disposto dalla diocesi di Brescia. Il 29 settembre, Caccia riceve dall’arcidiocesi di Modena-Nonantola 20 mila euro e chiede di «ringraziare molto Monsignor Castellucci». Il 14 gennaio 2021 giunge una nuova iniezione di cash sempre dalla diocesi di Modena, che tra agosto 2020 e febbraio 2021 invia 45 mila euro. Gli investigatori rilevano «gravi e sistematici elementi di anomalia» nelle movimentazioni bancarie di Caccia. […] Per esempio alcune sono state inoltrate alla Idra come «prestiti infruttiferi», pronte per essere richieste indietro dai novelli lupi di mare. In una captazione Caccia ammette che «non è stato bello tenersi i soldi delle donazioni di Facebook e di domandarli in prestito». Al telefono Casarini, destinatario di 6 mila euro di emolumenti mensili, ammette che «’sta roba» è stata messa su da lui, Metz e Caccia e che gli ha permesso di «pagare l’affitto di casa e la separazione» senza dover «andare a lavorare in un bar». […] Ma che le parrocchie siano viste come una gigantesca mucca da mungere è dimostrato da un’intercettazione del 27 novembre 2020. Caccia spiega che «la riunione con i vescovi», organizzata per chiedere «un intervento di emergenza sui debiti» dell’anno, «è andata molto bene» e che «vi erano 16 vescovoni», quindi aggiunge che «partirà il tesseramento, le donazioni permanenti». Il brogliaccio della telefonata prosegue con altri particolari riportati da Caccia: «Tutti hanno detto dobbiamo... poi don Ciotti, che è il capo dei bergogliani, li ha messi in riga, e tutti hanno detto che non è in discussione il fatto che la nave bisogna comperarla e finanziare perché tutti hanno detto che è la loro nave, e noi gli dobbiamo garantire di potere navigare». Addirittura per qualcuno la Mare Jonio avrebbe dovuto battere bandiera vaticana. Caccia sogna a occhi aperti e si augura che «con questi qua» passi «il concetto di 30.000 euro (forse 3.000, ndr) al mese da ogni diocesi» (in Italia sono 226), che vorrebbe «dire mettersi d’accordo con 100 parrocchie che sottoscrivano per ogni diocesi 30 euro per Mediterranea». Caccia, a questo punto, aggiunge: «Siamo già 100.000 sopra la previsione messa sul piano economico di Mediterranea e si è già sui 580 annui». […] Ma chi sono stati i garanti di un’operazione tanto rischiosa? Eccoli: gli allora deputati del Pd Matteo Orfini, Gennaro Migliore, Luca Rizzo Nervo, Fausto Raciti, Massimo Ungaro, Giuditta Pini (nel direttivo di Mediterranea), Luca Pastorino, Vincenza Bruno Bossio, il fondatore di Sinistra ecologia e libertà ed ex governatore della Puglia Nichi Vendola, la verde Rossella Muroni, il senatore dem Francesco Verducci e l’ex collega Francesco Laforgia, i già parlamentari (alcuni rieletti nel 2022) di Sinistra italiana Nicola Fratoianni, Loredana De Petris, Giuseppe De Cristofaro, Erasmo Palazzotto, gli europarlamentari Pietro Bartolo (ex sindaco di Lampedusa) e Massimo Smeriglio, il consigliere regionale lombardo di +Europa-Radicali Michele Usuelli, oltre a Caccia e Metz.
(Guardia di Finanza)
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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